CINZIA BENZI
Non amo le classifiche, ma adoro segnalare assaggi che si sono fissati nella mente, nel 2024. Confermo di aver apprezzato tutti i più noti blasoni italiani e stranieri dai vini bianchi, rossi, rosati fino alle bollicine di ogni tipologia. Questi sotto sono però i calici mi hanno colpito per originalità, interpretazione di un territorio e soprattutto hanno arricchito la mia memoria da enonauta.
DDR Degorgiatura Dosaggio Recente – Cantina della Volta
Interpretazione del Lambrusco di Sorbara Metodo Classico che non teme la classicità fondendo eleganza, freschezza e piacevole tensione. Bellei ha creato a Bomporto di Modena il suo quartier generale elevando questo vitigno autoctono. Bollicina che sprigiona una spremuta di frutti di bosco, marasca e cenni eleganti di crosta di pane.
Chiaretto Spumante Metodo Classico Non Dosato – Enrico Gentili
Pensare che le tipiche uve della zona – Corvinone, Corvina, Rondinella e Molinara – possano dare vita a questa bollicina così equilibrata mi ha colpito e conquistato. Siamo a Caprino Veronese nella zona del Bardolino, tra il Lago di Garda e la Valpolicella. Spumante fresco, sapido, dall’aromaticità equilibrata. Alla cieca sfido colleghi a collocarlo in questa porzione d’Italia.
Vinha Centenària D.O. Pico – Azores Wine Company
Siamo nelle Azzorre e questa vigna è distesa a 560 metri dall’Oceano, sull’ isola di Pico. Un vigneto centenario permette di produrre 866 bottiglie da uve Arinto dos Açores per 85% e il restante Verdelho, Boal (Malvasia Fina) e Alicante. Un sorso che sa di mare e ti permette di viaggiare con la memoria verso un arcipelago di isole dai profumi di agrumi e note di tiglio.
Rosé des Riceys “La Forét” 2020 – Alexandre Bonnet
Il Domaine Alexandre Bonnet rappresenta l’eccezionalità champenoise ai confini con la Borgogna, proprio a Les Riceys. Qui si creano vini identitari come questo rosato, unico e pura elevazione del Pinot Nero. Un binomio di complessità e struttura che esalta i frutti rossi con una leggera nota mentolata e di pepe bianco, sul finale.
Coraje Malbec – Cittanina
Un vino nato vicino a Mendoza, in Argentina, nella tenuta Cittanina di proprietà dei Martinez, vale a dire Agustina Gandolfo e suo marito, il bomber dell’Inter Lautaro Martinez. Qui vigne del 1930 producono un vino dal nome evocativo Coraje ossia “coraggio”. 100% Malbec: sorso complesso e stratificato, dalle marcate speziature ben integrate a sfumature erbacee.
Grignolino d’Asti Garibaldi – Mura Mura
Poco meno di un ettaro vitato a Grignolino fanno di questa creazione di Mura Mura un vino affascinante. Tannino vellutato, lievi speziature e una finezza infinita, perfetta esaltazione di ampiezza aromatica per un sorso elegantissimo.
Petit Manseng Passito – Terenzi
Ecco una Maremma inedita che i Terenzi, da esperti visionari, hanno elevato con grandi rossi ma piantando, per primi, questo vitigno per produrre uno dei più interessanti passiti d’Italia. Espressione pura di sentori di pesca, miele, albicocca secca che lasciano spazio al calore di un sorso sorretto da un’acidità bilanciata con lievi cenni di zafferano sul finale.
Albana Passito Romagna Docg Scacco Matto – Fattoria Zerbina
Siamo nelle colline dell’Appennino Tosco Romagnolo, dove nasce questo capolavoro creato con uve muffate trattate come accade a Sauternes, con raccolte manuali per acini botritizzati. Qui la muffa nobile rende unico il sorso di Scacco Matto: sapidità, dolcezza mai stucchevole, sentori agrumati, spezie orientali ma anche erbe officinali e confettura di albicocche. Vi prego: non abbinatelo solo ai dolci o ai formaggi erborinati, ma osate con carni bianche, ostriche, mazzancolle e tortellini alla panna!
PAOLO MARCHI
Milano: novità in tavola: Abba e Nabuya
Si fa presto a dire e scrivere di indicare i tre o quattro ricordi più felici di una anno intero, poi però quali si lasciano fuori? Dilemma che si ripropone ogni capodanno. Di sicuro mi hanno colpito due nuove aperture milanesi, quella di Fabio Abbattista in via Varesina 173 alias Certosa District, Abba è scritto sull’insegna, e quella di Niimori Nobuya in via San Nicolao, il Nobuya tra corso Magenta e Cadorna. Due seri professionisti, due cucine concrete, solide, senza fronzoli e distrazioni.
Tre certezze tricolori: Ambrosino, Ticchi e Zoboli
Fuori Milano, tre punti fermi a iniziare da Marco Ambrosino (nella foto) del Sustanza a Napoli, lui nativo di Procida, dove ha modo di essere se stesso supportato da una lenta ma costante crescita nel tempo. E’ come se avesse concluso il pre-campionato e adesso gioca in serie A alla pari con gli altri chef di razza. Quindi Jacopo Ticchi, per tutti Lucio perché così si chiamava il precedente locale e così si chiama adesso il nuovo sulla darsena di Rimini (e non più in centro). La sua interpretazione del mare, l’Adriatico, è assolutamente originale, solida e reale. Infine Tommaso Zoboli del ristorante Patrizia a Modena, dove lui, i due cuochi e la sommelier non sommano un secolo di età in quattro. Essere giovani, in sé non è una virtù, lo siamo stati tutti, conta essere bravi, quale che sia la propria età. E qui le cose per molti cambiano.
Mare e monti: Farmacia dei sani e Ferdy Wild
Mi ha impressionato, in estremo Salento, la capacità dei fratelli Rizzo, Valentina, Fabio e Roberto, di sapere declinare in modi diversi il mondo che ruota attorno alla loro casa madre, la Farmacia dei Sani a Ruffano. Sapienze distillate tra uno stabilimento balneare sull’Adriatico, un bistrot che guarda al tramonto sullo Ionio e il ristorante che è pure una distilleria. Per un certo verso, è lo stesso sentimento di affetto provato da Ferdy Wild a Lenna in Alta Val Brembana dove a Nicolò Quarteroni “basta” mostrare il carrello dei formaggi (nella foto) per vincere subito. Identità di montagna, senza concessioni a passaggi banali e scontati, al tentare di rendere facilmente accessibile quello che tale nella realtà non è.
A tutto fuoco: Taberna de Elia e Grill del Grillo
Cosa invece unisce la Taberna de Elia a Madrid al Grill del Grillo di Luca Di Tomaso a Cesate poco fuori Milano? Le carni di Carnicas Lyo, realtà dei fratelli Oscar e Aladino Galvan a Madrid. Li ho conosciuti da Luca a inizio maggio quando hanno portato un taglio di bue di 2005 giorni di maturazione, in pratica cinque anni e mezzo (nella foto). Pura poesia che conto di riversare in Identità di fuoco a febbraio a Identità Golose, edizione numero 20. Si parla giustamente tanto della frollatura del pesce perché è ancora una novità, dando per scontato che lo sia da sempre la carne. Però i tempi si sono dilatati.
San Sebastian ti entra nel cuore: Airaudo
E ora all’estero, nei Paesi Baschi dove San Sebastian si conferma, visita dopo visita, il luogo perfetto per chi cerca cultura e varietà gastronomiche, libertà d’azione, sport, spensieratezza, relax vacanziero, bellezza, il tutto in un mix a misura d’uomo perché, con meno di 200mila residenti, non è una metropoli che ti stressa, ma nemmeno una cittadina dove trovi qualcosa però mai tutto. Ed è lì che Paulo Airaudo, chef e imprenditore italo-argentino, ha fissato il suo quartier generale, in quell’Amelia a cui stanno sempre più strette due stelle Michelin. La galassia Airaudo conta una dozzina di insegne tra lì, Italia e Asia. Tutte legate dallo stesso imperativo: devono reggersi economicamente.
Elkano, Arregi e la poesia del mare
L’altra realtà che porto nel cuore si affaccia anch’essa sull’Atlantico, ma a Getaria, a una mezzora di auto in direzione ovest. Lì la famiglia Arregi ha festeggiato nel corso del 2024 i sessant’anni di Elkano, un’apoteosi della cucina di mare, il rombo come riferimento assoluto. Completa l’esperienza, la capacità di patron Aitor di raccontare l’oceano che si ha negli occhi. Con una considerazione importante: lì non si guarda alla terra come allo spazio in cui muoversi. C’è ma se la lasciano alle spalle, lì si naviga.
Copenhagen e l’astronave Alchemist
So bene che Alchemist a Copenhagen non è in pratica nulla di quello a cui siamo abituati. Nel vocabolario di Rasmus Munk non compare la parola copiare e nemmeno quella di gregge. Ispirazione invece sì e questo lo pone nella traiettoria del Bulli e di Ferran e Albert Adrià, di un luogo di magica creatività chiuso dall’estate 2011 quando il danese aveva appena vent’anni. Non potendovi pranzare, iniziò a tradurre in danese i più importanti testi dei fratelli catalani. Ci fu un primo Alchemist nel 2015, chiuso due anni dopo, e un secondo ripensato in pieno nel 2019. Tempo un anno e la pandemia ha aperto nuovi orizzonti sociali e progettuali, in strutture distinte rispetto all’astronave a forma di cupola. Siamo in attesa dei prodotti coltivati, come carne e cioccolato, nei laboratori di Spora come le cene in orbita attorno al pianeta Terra.
Niko Romito e l’assoluto di casa Reale
Non potendo citare tutti e 14 i tre stelle in Italia, anche per non essermi fermato in tutti e 14 nel corso del 2024, ne scelgo uno, l’ultimo visitato, quasi allo scadere, il Reale di Niko e Cristiana Romito a Castel di Sangro. Anche stavolta l’abruzzese ha confermato di seguire una traiettoria tutta sua, che non concede alcunché a una golosità piaciona, tipica di chi ha perso smalto creativo. Le proposte sono sempre nel solco del Romito pensiero, l’essenzialità un imperativo assoluto come il nome di un primo suo capolavoro, l’Assoluto di cipolla, o tempo dopo la Foglia di broccolo e anice. Nella foto, Lingua, tartufo bianco, lenticchie e nocciola, noisette che non ti aspetteresti e all’assaggio capisci essere l’architrave che regge tutto.
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