Difesa, gli Usa spendono di più ma le società europee vanno meglio in borsa. Ecco i titoli su cui puntare

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A denunciarlo è niente di meno che Sergio Mattarella. Nel suo discorso di fine anno il presidente della Repubblica ha sottolineato la crescita in tutto il mondo della spesa in armamenti, innescata dall’aggressione della Russia all’Ucraina. E che crescita perché nel 2024 le somme destinate alla difesa hanno toccato la cifra record di 2.443 miliardi di dollari.

Ma è un altro il dato che aiuta a capire davvero il peso degli investimenti militari e anche in questo caso è Mattarella a evidenziarlo. Per contrastare il cambiamento climatico la recente Cop 29 di Baku ha stanziato otto volte meno di quei quasi 2.500 miliardi a cui ha fatto riferimento l’inquilino del Colle. Un chiaro segnale di come il mondo pensi più alla difesa che all’ambiente.

Chi spende di più 

Gli imponenti investimenti destinati alle armi hanno gonfiato i bilanci dei principali player del settore e hanno messo le ali ai loro titoli. Gli Stati Uniti stanziano le somme maggiori e quindi le società americane sono quelle più grandi. Le cifre questa volta le ha ricordate Mario Draghi nel suo report sulla competitività dell’Ue: nel 2023 gli Usa hanno indirizzato 916 miliardi di dollari al settore, il triplo di quanto speso dall’Europa, ferma a 313 miliardi.

Ecco spiegato il dominio dei colossi statunitensi, che nel 2023 avevano una quota del 68% dei ricavi aggregati. Anche in questo caso la distanza con il Vecchio Continente è abissale perché i player europei sono bloccati al 27% (fonte Area Studi Mediobanca).

Comandano gli Usa 

Ma quali sono i campioni americani? Nelle prime cinque società Usa è concentrata più della metà del giro d’affari del business delle armi. I loro nomi sono Lockheed Martin (55 miliardi nel 2023), Rtx (36,8 miliardi), Boeing (31 miliardi), Northrop Grumman (30,6 miliardi) e General Dynamics (26,8 miliardi).

Anche l’Europa in realtà ha i suoi leader, che però sono lontani anni luce a causa di una dimensione media pari a poco più di un terzo di quella degli statunitensi. La britannica Bae Systems (25,8 miliardi di euro) comanda la classifica europea, seguita dal consorzio Airbus (11,8 miliardi), dall’italiana Leonardo (11,5 miliardi), dalla francese Thales (10,1 miliardi) e dalla tedesca Rheinmetall (5,1 miliardi). Fincantieri invece è 13esima con i suoi 2 miliardi.

Campioni in borsa 

L’ordine tra Stati Uniti ed Europa si inverte sui mercati. Premessa: che si tratti dell’una o dell’altra sponda dell’Atlantico, le performance in borsa sono da urlo perché da inizio 2022 a fine ottobre 2024, anni di escalation in Ucraina e Medio Oriente, le azioni dell’industria della difesa hanno reso il 72,2%, più del triplo dell’indice mondiale (+20,1%).

Solo che in questo caso gli europei (+128,1%) hanno un andamento migliore degli statunitensi (+59%). Gli americani si riprendono il primato sui dividendi, perché nel 2023 il livello di payout ratio (62,1%) è stato più elevato di quello degli europei (40,8%). L’intera industria comunque resta un affare, basta pensare che due anni fa le cedole distribuite hanno toccato i massimi dell’ultimo quinquennio.

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Gli altri non aspettano 

Le migliori performance sui mercati del Vecchio Continente si possono spiegare anche con la vicinanza alla Russia. L’economia di guerra ha permesso a Vladimir Putin di contenere l’effetto delle sanzioni occidentali. Ora, però, la carenza di manodopera (migliaia di giovani sono morti in Ucraina) e di alcuni beni di prima necessità (come il burro) ha spinto l’inflazione vicino al 10%.

Così la banca centrale russa è stata costretta a portare i tassi d’interesse al 21%, livello che sta frenando la crescita drogata dagli investimenti militari e sostenuta dalle entrate di gas e petrolio. Anche la Cina ha capito l’importanza della difesa e nel 2023 ha alzato la spesa militare a 296 miliardi. Pechino, del resto, non ha cambiato idea su Taiwan e in futuro punta ad annettere l’isola strategica per la sua industria dei chip.

Il dilemma di Bruxelles 

Secondo Draghi è l’attuale contesto geopolitico che impone all’Europa di aumentare i fondi per la difesa, ma gli Stati sono frenati dalle regole del Patto di Stabilità. Le soluzioni prospettate per superare lo stallo sono due: nuove forme di debito comune oppure lo scomputo degli investimenti per gli armamenti dai vincoli comunitari.

Ursula von der Leyen ci sta ragionando sopra e ha nominato un commissario per la Difesa, il lituano Andrius Kubilius, per cercare di cambiare passo. Gli esperti invitano a fare in fretta, soprattutto ora che Donald Trump ha minacciato di lasciare i Paesi Ue da soli se non adegueranno la spesa militare ai vincoli imposti dalla Nato (2% del pil).

Insieme si vince 

Ma all’Unione non basterà alzare gli investimenti in armamenti. Per gli analisti le società europee del settore devono consolidarsi per aumentare le dimensioni e competere così con i colossi americani. Alleanze e fusioni permetterebbero di condividere le tecnologie e di migliorare l’efficienza riducendo i costi. Insieme i campioni Ue colmerebbero un altro gap, quello negli investimenti per la ricerca, che in Europa sono un decimo (10,7 miliardi) degli Usa (130 miliardi).

Anche in questo caso il tempo stringe. Nei prossimi anni i player europei potranno continuare a farsi concorrenza tra loro in Europa, oppure unirsi per puntare al più ricco mercato mondiale. Leonardo ha fatto la sua scelta e dopo l’alleanza con Rheinmetall si candida al ruolo di aggregatore. (riproduzione riservata)

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