di Maddalena D’Aquilio
A Trento, un dialogo sulle sfide comuni tra Africa ed Europa. Don Dante Carraro e Alberto Mantovani hanno presentato il libro del Cuamm “Africa, andata e ritorno”.
“E allora faccio mio il sogno che il presidente Mattarella ha offerto qualche anno fa, il sogno di immaginare e costruire un continente verticale che abbia a nord una regione che si chiama Europa, di cinquecento milioni di abitanti, e a sud un’altra regione ancora più grande, che si chiama Africa, di un miliardo e cinquecento milioni di persone. Al centro, solo un laghetto, il lago Mediterraneo a dividere questo continente verticale che impara a vivere, a costruire, a ideare, insieme”. Leggendo questo brano, Don Dante Carraro conclude la conferenza di presentazione del libro “Africa andata e ritorno” di Medici con l’Africa Cuamm. Di Cuamm, don Dante ne è il direttore.
La sala gremita conferma che l’occasione è importante. Un evento sentito non solo dai volontari e sostenitori del Cuamm Trentino, ma anche dall’Ordine dei Medici della Provincia e dalla famiglia Lunelli. La Fondazione Lunelli ha ospitato l’evento presso il centro Ferrari Incontri e da diversi anni sostiene il lavoro dei Medici con l’Africa. Assieme a don Dante c’è un relatore assai autorevole. Si tratta di Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas, noto immunologo e professore di patologia. Non ultimo, amico e volontario di Cuamm. E come tanti volontari, anche il professor Mantovani ha partecipato alla scrittura di questo libro. Un libro corale fatto di tante lettere da e per l’Africa o, come scrive Mantovani, “con l’Africa nel cuore”. A moderare, il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella.
Il clima di amicizia ha reso la presentazione del libro una chiacchierata su tanti temi di bruciante attualità. Temi e problemi che riguardano l’Africa, ma anche noi.
Sì, perché se c’è una cosa che è emersa è l’indissolubile destino che lega Africa ed Europa. Un destino che dimostra che quell’unico continente verticale non è tanto un auspicio, ma è già realtà.
Africa terra del “con”. Il professor Mantovani racconta il suo incontro con Cuamm nel 2019 a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Vi si era recato nell’ambito di un progetto formativo portato avanti dall’Ospedale Bambino Gesù e dall’università per cui insegna, l’Humanitas. Dice di essersi innamorato di quel “con”. Un “con” che si traduce nel lavoro che il Cuamm svolge con le organizzazioni sanitarie locali, al loro interno, affiancando il personale internazionale al personale locale. Un “con” che ha significato, ad esempio, restare in Sierra Leone durante la terrificante diffusione di Ebola.
Non era la prima volta che il professore e ricercatore italiano si recava nel continente africano. Dal 2005, aveva fatto parte per cinque anni del board di GAVI, che sta per Global Alliance for Vaccines and Immunization. Come spiega, quest’alleanza globale tra Paesi ad alto e basso reddito, organizzazioni non governative, Unicef e Organizzazione mondiale della Sanità era nata per rispondere allo scandalo della morte di più di due milioni e mezzo di bambini, nei paesi a basso reddito, per la mancanza di vaccini. Vaccini fondamentali come quelli contro difterite, tetano e pertosse, poliomielite e morbillo. L’attività di Gavi ha contribuito alla riduzione della mortalità infantile e al rafforzamento dei sistemi sanitari locali. Oggi i bambini che muoiono per quello scandalo sono sempre più di un milione, ma il tasso è dimezzato. Come spiega Mantovani, si trattava di un progetto comunque calato dall’alto. Mentre il “con” di Cuamm ha rappresentato l’altra faccia della medaglia: quella che cerca di costruire partendo dal basso, dalla sanità locale e dalle risorse limitate a disposizione.
Risorse limitate e innovazione frugale
“E l’Africa, ho scoperto, ti insegna proprio questo. Ti insegna ad affrontare anche i casi più disperati con risorse limitate, sia umane che materiali.” Così scrive nella sua lettera Giulia Nuzzi, medico specializzando in pediatria, che con il Cuamm è stata in Etiopia. Proprio la limitatezza delle risorse a disposizione è alla base di alcune soluzioni che Cuamm è riuscito a ideare. L’arte di arrangiarsi con quello che si ha, avrebbero detto i nostri nonni. Non può essere altrimenti in Paesi come la Sierra Leone, dove la spesa sanitaria pro capite del 2023 è stata di 18 dollari (contro i nostri 3574 euro). Don Dante racconta un esempio dei metodi innovativi concepiti dal Cuamm.
Soluzioni economicamente sostenibili, ma estremamente efficaci.
Siamo in Karamoja, nel nord dell’Uganda. Nonostante questo Paese abbia fatto passi avanti negli ultimi 30 anni con un sistema sanitario relativamente strutturato, il nord rimane una delle parti più povere e difficili da gestire. In questa zona i medici del Cuamm avevano notato un alto tasso di “cesarizzazione” e di morte da parto. Il motivo era che le donne preferivano evitare di recarsi nei centri sanitari per partorire, con tutti i rischi che conseguono ad un parto non assistito. All’insorgere di complicanze, le madri dovevano essere trasferite all’ospedale centrale, il Matany Hospital. Eventualità che poteva risultare fatale.
Approfondendo la questione, i medici si sono resi conto che le donne preferivano partorire in un modo diverso da quello usato negli ospedali, cioè in una posizione di squat. Da allora, il Cuamm ha portato avanti una ricerca operativa (cioè una ricerca sul campo) che testava i birth cusions. Si tratta di cuscini studiati appositamente per favorire il parto in quella posizione. La ricerca ha potuto dimostrare come supportare il parto nella posizione socialmente accettata ha favorito l’incremento di parti naturali e assistiti. Un risultato davvero significativo da cui è nato un articolo scientifico. Questo articolo, che attestava la validità scientifica del metodo, è stato presentato al ministero della sanità ugandese. A sua volta, il ministero – con il supporto dell’Unicef – ha diffuso e implementato il metodo in tutta la regione.
L’importanza della ricerca
La ricerca scientifica, che nel caso del Cuamm è ricerca operativa, è uno degli aspetti chiave dell’attività dell’organizzazione, oltre al lavoro clinico. I medici e operatori Cuamm e il personale sanitario africano lavorano insieme per raccogliere i dati necessari alla compilazione degli articoli scientifici. In una delle lettere contenute nel libro, Michele Orsi, medico ginecologo che ha prestato servizio in Sierra Leone, ne spiega bene il valore: “Il progetto di ricerca diventa quindi una bellissima opportunità per tutti. Per noi medici dal punto di vista clinico, indagare problematiche così rilevanti in questo contesto, è assolutamente cruciale per definire protocolli che focalizzino il monitoraggio più stretto sulle pazienti a maggior rischio di complicazioni. Evidence-based medicine (…) significa proprio questo. I protocolli di gestione di una patologia in un determinato ospedale o distretto sono più specifici ed efficaci se si basano sui dati provenienti da un preciso contesto.”
Ricerca e cura: due facce della stessa medaglia
Alla ricerca scientifica, il professor Mantovani ha dedicato la sua vita professionale. E uno degli insegnamenti portati a casa dall’Africa è proprio quello di vedere la ricerca come elemento intrinsecamente legato all’assistenza. Il suo cammino con Cuamm è iniziato proprio da lì, scrivendo una review scientifica su una rivista autorevole, assieme a colleghi di Cuamm.
Investire nella ricerca offre benefici per tutti: i risultati ottenuti in Uganda da Gavi, dov’era stato inserito nell’intervento vaccinale anche quello contro lo pneumococco, ne sono la dimostrazione. Grazie a questo intervento è stata riscontrata la diminuzione dei ceppi resistenti della malattia. Un’indicazione che, partita da un’esperienza in Uganda, si è diffusa nel resto del mondo.
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