Si parla di “atto dovuto” l’iscrizione nel registro degli indagati del carabiniere che all’ultimo dell’anno ha sparato, uccidendolo, a un egiziano che a Villa Verrucchio, provincia di Rimini, aveva scatenato la propria follia omicida accoltellando alcune persone (per fortuna senza ucciderle). Il militare, vistosi a propria volta aggredito, avrebbe (secondo le attuali ricostruzioni) sparato prima 4 colpi a terra a scopo di intimidazione e poi, visto il perdurare dell’azione aggressiva dell’egiziano, lo ha attinto con 8 colpi, uccidendolo. L’ipotesi di reato formulata dalla magistratura è eccesso colposo di legittima difesa.
Atto dovuto
La magistratura la sottolineato che l’iniziativa giudiziaria è un atto dovuto al fine di consentire al militare di poter indicare un proprio difensore e usufruire quindi delle specifiche tutele previste dalla legge. Naturalmente si è scatenata l’indignazione sui social, con schiere di internauti che contestano la logica degli “atti dovuti” ed evidenziano come al carabiniere non dovrebbe spettare a questo punto una inchiesta giudiziaria, bensì un encomio.
Sul punto occorre essere molto chiari: i navigatori dei social hanno nello stesso tempo ragione e torto. Hanno torto quando immaginano un mondo nel quale qualcuno, chiunque esso sia, appartenente alle forze dell’ordine o semplice cittadino, possa essere giustificato nelle proprie azioni che hanno condotto alla morte un altro essere umano, in base alla “pubblica acclamazione” o a quanto risulti più o meno “evidente” stando dietro un monitor e una tastiera. È evidente, invece, che a valutare le azioni di un qualsiasi essere umano che si sia trovato a uccidere un altro essere umano, debba essere un organismo indipendente e accurato, quale dovrebbe essere la magistratura. Dovrebbe, appunto.
Hanno invece ragione, gli internauti, nel senso che la logica della giustizia nel senso più alto del termine, la giustizia “vera”, quella sostanziale e non di facciata, dovrebbe prevedere innanzi tutto che l’accertamento della verità nei casi in cui vi sia una possibile scriminante (cioè una causa di non punibilità) come quelle previste dalla legittima difesa, dall’uso legittimo delle armi e così via, proceda con priorità rispetto a qualsiasi altra questione e venga risolto nel più breve tempo possibile. Hanno ragione quando evidenziano come in molti casi, per dimostrare di essere nel giusto, l’appartenente alle forze dell’ordine o il semplice cittadino debbano “investire” decine di migliaia di euro in avvocati e consulenti tecnici. Hanno ragione, infine, quando evidenziano che una decisione assunta da un magistrato, nella quiete del proprio ufficio, su una bella poltrona imbottita in pelle, utilizzando il bilancino di precisione dell’orefice per calcolare se ogni singola azione intrapresa fosse congrua rispetto alla propria personale visione del mondo, non rispecchia quella che è la realtà della strada e della vita vera, nella quale per salvarsi la vita e per salvare la vita dei cittadini è necessario prendere decisioni in frazioni di secondo.
A costoro corre l’obbligo tuttavia anche di ricordare che, seppur questi due aspetti siano ancor oggi da migliorare, con la riforma della legittima difesa avvenuta nel 2019, qualcosa in questo senso si è cominciato a fare: infatti la legge n. 36 del 2019 che ha introdotto le modifiche alla normativa sulla legittima difesa, ha previsto anche che tra i processi meritevoli di priorità assoluta (art. 132 bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) siano inclusi anche quelli relativi a omicidio colposo e lesioni colpose, verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale. Inoltre, la stessa legge ha modificato l’articolo 115 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, prevedendo che nei casi in cui vi sia proscioglimento per legittima difesa (art. 52 commi secondo, terzo e quarto) o per eccesso colposo giustificato da grave turbamento (articolo 55 secondo comma del codice penale) le spese per avvocato e consulente tecnico possano essere risarcite dallo Stato. Sono misure insufficienti? Sicuramente sì, è necessario fare ancora molto per garantire ai cittadini e alle forze dell’ordine una effettiva tutela nel momento in cui si devono valutare azioni che rientrano nel concetto più ampio di “legittima difesa”.
Cosa rischia il carabiniere e perché è un eroe
Il maresciallo che ha sparato può rischiare, in astratto, di essere condannato per quella che è l’attuale ipotesi di reato, ovvero l’eccesso colposo di legittima difesa, oppure l’accusa stessa, nel procedere dell’inchiesta, potrebbe anche essere riformulata come omicidio volontario. O anche no. Per contro, è opportuno ricordare che oltre alla scriminante dell’articolo 52 del codice penale (legittima difesa) e a quella del secondo comma dell’articolo 55 del codice penale (eccesso colposo in stato di “grave turbamento”), c’è anche quanto previsto dall’articolo 53 del codice penale, che legittima l’uso delle armi da parte di un pubblico ufficiale “quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona”. Ora, per quanto si possa essere un magistrato con le fette di salame dell’ideologia sugli occhi, diventa difficile considerare quanto stava facendo l’egiziano in strada come qualcosa di diverso da una tentata strage…
Le responsabilità penali e le relative scriminanti dovranno essere appurate nella sede idonea, che è il tribunale: per noi comunque il maresciallo che ha sparato è già un eroe, sia perché ha difeso i cittadini che erano affidati alla sua tutela, sia perché considerando quale è stato l’approccio riguardo alla legittima difesa da parte della magistratura in questi ultimi anni, oggi fare uso dell’arma d’ordinanza è qualcosa che si sa che scatena una odissea giudiziaria e personale semplicemente terrificante, che può durare anche anni prima di risolversi. Per questo, essendosi egli, come maresciallo, assunto l’onere di prendere l’iniziativa, rispetto ai propri sottoposti, e avendo egli fatto fuoco per difendere innocenti cittadini da morte certa, ben sapendo quale sarebbe stato il prezzo da pagare, possiamo fin d’ora affermare che è il nostro eroe contemporaneo e che, immolando se stesso sull’altare della forca caudina giudiziaria, ha incarnato in sé lo spirito e l’azione di Salvo D’Acquisto. Adesso spetta a noi, come cittadini, far sì che in casi come questi la tribolazione giudiziaria (che deve, comunque, esserci) sia la più corretta e la più breve possibile. Lo possiamo fare solo esortando la politica a rendere ancor più perfetta la normativa sulla legittima difesa, contro le distorsioni ideologiche e a favore della realtà dei fatti.
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