Richiesta del procuratore. “L’iraniano resti in cella”

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 




Una giornata di contrapposizioni frontali tra Italia e Iran, con la sorte della giornalista Cecilia Sala – detenuta dal 16 dicembre nel carcere di Evin, a Teheran – affidata a un negoziato giuridico e diplomatico di non facile soluzione. Perché appare sempre più chiaro che la liberazione della Sala è legata strettamente al trattamento che l’Italia riserverà a Mohammad Abedini Najafabadi, l’uomo d’affari iraniano detenuto a Milano su richiesta degli Usa. Abedini si proclama innocente, il suo governo lo difende. Ma ieri per la prima volta l’incartamento inviato dall’America contro il businessman viene vagliato da una autorità giudiziaria italiana, e l’esito non è confortante per Abedini. La prospettiva di una scarcerazione a breve dell’uomo sembra allontanarsi, e con questa la possibilità di utilizzarlo come pedina di scambio per riportare la Sala in Italia.

A esprimersi ieri è la Procura generale di Milano, chiamata a dare il suo parere alla richiesta di arresti domiciliari avanzata dai difensori dell’iraniano. Il capo della Procura, Francesca Nanni, dice di no: Abedini deve restare in cella. «La messa a disposizione di un appartamento e il sostegno economico da parte del Consolato dell’Iran unitamente ad eventuali divieto di espatrio e obbligo di firma non costituiscono una idonea garanzia per contrastare il pericolo di fuga del cittadino iraniano». La Nanni non entra nel merito delle accuse mosse all’uomo, riservandosi una «completa valutazione» quando arriverà il fascicolo completo dall’America. Ma la Procura ha già a disposizione il mandato di cattura internazionale eseguito il 19 dicembre alla Malpensa, che accusa l’uomo d’affari di avere fornito tecnologia per i droni usati per l’attacco terroristico a una base Usa. E se la Nanni avesse ritenuto le accuse strampalate come sostiene il governo dell’Iran il tono del suo comunicato sarebbe stato diverso.

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 

Ora la decisione sui «domiciliari» passa alla Corte d’appello, cui i difensori hanno consegnato ieri nuovi documenti a sostegno della loro istanza, ma l’ordinanza non arriverà prima del 14 gennaio. Nel frattempo, in attesa della decisione dei giudici, a parlare è la diplomazia. Ma neanche qui una soluzione è a portata di mano. Ieri su indicazione del ministro degli Esteri Antonio Tajani l’ambasciatore iraniano in Italia viene convocato alla Farnesina. L’ambasciatrice italiana, in risposta, è stata convocata oggi a Teheran. E un’ora di colloquio serve soprattutto a evidenziare la distanza che ancora separa i due governi sul «caso» di Cecilia Sala: con l’Italia che chiede la sua liberazione immediata e intanto un trattamento carcerario dignitoso, e l’Iran che – a dispetto dei racconti angoscianti che la stessa Sala ha fatto arrivare sulle sue condizioni nel cupo carcere di Evin, in cella di isolamento e senza nemmeno un letto – sostiene che l’italiana è trattata bene.

Ad incontrare l’ambasciatore Mohammad Reza Sabouri è Roberto Guariglia, segretario generale del ministero: che chiede con forza la liberazione della donna, «giunta in Iran con un regolare visto giornalistico», e nel frattempo che le vengano assicurate condizioni «dignitose» e «piena assistenza consolare». Si tratta di permettere alla Sala di ricevere le visite dei nostri diplomatici a Teheran, indispensabili non solo per il sostegno legale e morale ma anche per «fornire i generi di prima necessità che finora le sono stati negati». La risposta di Sabouri è cortese ma secca: Sin dai primi momenti dell’arresto» alla Sala sarebbe stato garantito «l’accesso consolare all’ambasciata italiana a Teheran e le sarebbero state fornite tutte le agevolazioni necessarie, tra cui ripetuti contatti telefonici con i propri cari», «secondo l’approccio islamico e sulla base di considerazioni umanitarie, tenendo conto del ricorrente anniversario della nascita di Cristo e dell’approssimarsi del nuovo anno cristiano»: di una possibile scarcerazione, neanche l’ombra.

Sabouri mette per la prima volta in diretta relazione i casi Sala e Abedini, spiegando che «ci si aspetta dal governo italiano che reciprocamente acceleri la liberazione del cittadino iraniano detenuto». Ma la liberazione di Abedini, come si è visto, non è a portata di mano.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Carta di credito con fido

Procedura celere