Lecce, chiusi 253 negozi in 10 anni. Aumentano invece alberghi e ristoranti

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Le vetrine si svuotano, le saracinesche di abbassano. Soprattutto quelle dei negozi di abbigliamento. Reggono solo alberghi, nuove forme di alloggio e ristoranti che, a Lecce – grazie alla spinta del turismo – aumentano e, compensando il calo del commercio del dettaglio, riducono notevolmente il rischio desertificazione commerciale, determinando un saldo negativo di sole 84 unità. È il quadro che emerge dall’analisi dei dati elaborati dal centro studi di Confcommercio su dati del Centro studi delle Camere di commercio “G. Tagliacarne”. 
Il report mette in fila i numeri rilevati fino al 30 dicembre 2023 e li pone in comparazione con quelli registrati dal 2012. Certo, per Lecce, che pure vanta una buona tradizionale commerciale, il ritmo di chiusura di attività per il commercio al dettaglio è più lento rispetto a quello osservato in altre realtà urbane pugliesi più grandi e anche più specializzate, come Bari (-1000). Ma è indiscutibile anche nel capoluogo salentino l’andamento di flessione costante e progressivo. Basti pensate che dal 2012 e al dicembre 2023 il numero di esercizi commerciali è passato da 1.727 a 1474. Vuol dire che in 10 anni hanno chiuso 253 attività (-14,6%).

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Mentre per alberghi, bar e ristoranti se ne contano 169 in più (+25,3%). La prima discriminante funzionale alla comprensione del dato è rappresentata dall’andamento registrato prima e dopo la pandemia. Se, infatti, per il commercio al dettaglio il declino era iniziato già negli anni compresi tra il 2012 e il 2019 (-68) e si è notevolmente intensificato, negli anni successivi, vale a dire dal 2019 al 2023 (-184), nel caso delle attività di alloggio e ristorante la pandemia ha svolto la funzione di freno per la rilevante crescita del numero delle strutture registrata tra fino al 2019 (+191), determinando così tra nei quattro anni successivi (fino al 2023) un lieve saldo negativo (-22). La seconda discriminante è rappresentata dalla localizzazione. L’associazione propone la suddivisione tra esercizi operativi nel centro storico ed esercizi operativi fuori dal centro storico. 
Con riferimento al commercio al dettaglio, al giugno 2023, nel centro storico risultavano attive 533 imprese: 26 in meno rispetto al 2019 e 69 in meno rispetto al 2012 (-11,5%), quand’erano 602. Le attività al dettaglio fuori dal centro storico al 30 giugno 2023 erano, invece, 941, ossia 184 in meno rispetto a 10 anni prima (-16,4%) e 158 in meno rispetto al pre-pandemia. Dunque, la flessione è stata dal 2012 più marcata fuori dalle antiche mura. Mentre per alloggio e ristorazione, la crescita è stata omogenea: dal 2012, 85 nuovi alberghi, bar e ristoranti nel centro storico e 84 analoghe nuove strutture fuori dal centro storico. 
In termini generali, dal 2012 nel commercio al dettaglio si segnala la cattiva performance di quasi tutte le categorie merceologiche, eccezion fatta per la vendita di applicazioni informatiche e per le telecomunicazioni, farmacie, commercio al dettaglio ambulante e commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati. Nell’alloggio e nella ristorazione, si evidenzia la crescita assai più sostenuta delle forme di alloggio (come b&b e case vacanza) diverse dagli alberghi e dei ristoranti rispetto ai bar, che iniziavano a diminuire già prima della pandemia. Gran parte delle attività commerciali al dettaglio sono operative fuori dal centro storico (941 su 1474). E superiore rispetto alla città vecchia è la concentrazione di ogni categoria merceologica. Attualmente, il numero di attività più elevato riguarda la vendita di prodotti non specializzati (399, -19,4% dal 2012), seguito dal commercio al dettaglio ambulante (377), da prodotti alimentari, bevande (170, -20% negli ultimi 10 anni) e da altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati (115). Il centro storico è sempre più location per alberghi, b&b e ristoranti. 

L’analisi di Confcommercio

«Nel contesto nazionale – spiega il presidente della locale Confcommercio, Maurizio Maglio -, Lecce si distingue per una tenuta relativamente maggiore del commercio al dettaglio, con una contrazione più contenuta nel centro storico. Come nel resto d’Italia, la pandemia e la crisi energetica hanno accelerato questi trend di contrazione, ma hanno anche evidenziato andamenti differenziati fra i vari settori, molto positivi per alcune attività, come quelle legate al comparto di prima necessità (farmacie, parafarmacie, alimentari). Nel settore alimentare, pur in presenza di una riduzione del numero di esercizi, si registra una tendenza alla crescita della metratura media dei punti vendita». Per sottolineare l’importanza di queste attività, e soprattutto per sostenere le attività di commercio no food, insidiate dalla concorrenza dell’e-commerce, Confcommercio continua a promuovere la campagna “Compro Sotto Casa”.





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