Sono finiti i tempi in cui Israele ignorava le azioni ostili alla sua sicurezza e ai suoi interessi che si verificano appena al di là del confine, specie quelle proibite dagli accordi internazionali
Editoriale del Jerusalem Post
Poco più di un mese fa, il 27 novembre, Israele e Libano hanno concordato un cessate il fuoco per porre fine a quasi 14 mesi di combattimenti iniziati l’8 ottobre 2023, quando Hezbollah incominciò a lanciare razzi e missili contro Israele in solidarietà con il feroce attacco di Hamas del giorno prima.
In base ai termini generali dell’accordo, che si è potuto negoziare solo dopo che Israele aveva inferto colpi devastanti a Hezbollah e invaso il Libano meridionale, le Forze di Difesa israeliane si devono ritirare dal Libano in modo graduale entro 60 giorni, mentre le truppe dell’esercito libanese si devono schierare a sud del fiume Litani, prendendovi posizione insieme alle forze UNIFIL, e smantellare tutte le infrastrutture militari non autorizzate.
È un piano promettente. La sfida è garantire che venga attuato.
Ufficiali delle Forze di Difesa israeliane hanno ripetutamente affermato, negli ultimi giorni, che l’esercito si sta preparando alla possibilità di dover rimanere nel Libano meridionale oltre il periodo di tregua di 60 giorni perché l’esercito libanese non si sta effettivamente schierando nel sud né sta assumendo il controllo delle posizioni di Hezbollah.
In altre parole, le Forze di Difesa israeliane stanno facendo sapere che se il Libano non rispetta la sua parte dell’accordo, non lo farà neanche Israele.
Se non ci sarà un completo spiegamento dell’esercito libanese e lo smantellamento dell’infrastruttura militare di Hezbollah nel Libano meridionale come stabilito nell’accordo, non ci sarà alcuna uscita di Israele.
Sosteniamo con convinzione questa posizione.
I 60.000 residenti israeliani delle comunità settentrionali costretti a sfollare quasi 15 mesi fa non torneranno a casa a meno che non si sentano al sicuro. E non si sentiranno al sicuro se vedranno che l’accordo di cessate il fuoco non viene rispettato dall’altra parte.
Finora, a quanto pare, non si sentono affatto al sicuro visto che solo una piccola parte sta tornando nelle comunità di confine, in attesa di vedere se questa volta le cose saranno diverse e Hezbollah e il Libano onoreranno i loro impegni.
Israele è rimasto malamente scottato in passato, quando accordi che sulla carta sembravamo ottimi, come la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che pose fine alla seconda guerra in Libano, non sono stati attuati sul terreno.
Esattamente come l’accordo di cessate il fuoco attuale, anche la risoluzione 1701 prevedeva che l’esercito libanese si schierasse a sud del fiume Litani, smantellasse le installazioni di Hezbollah e imponesse il divieto della vendita di armi e armamenti a Hezbollah.
Ma non accadde niente di tutto questo, e Israele fece ben poco in risposta. Gerusalemme vedeva come Hezbollah e il Libano ignorassero completamente le clausole di quell’accordo, ma lasciò che la facessero franca.
Perché? Perché lo stato ebraico aveva “santificato” la calma ai confini e non voleva sfidare di nuovo Hezbollah e il Libano, sperando che ci pensasse la comunità internazionale a garantire l’attuazione della risoluzione.
Una speranza che si è rivelata del tutto vana. La comunità internazionale non farà il lavoro di Israele al posto suo.
L’attuale posizione delle Forze di Difesa israeliane – di rimanere in Libano oltre i 60 giorni se i termini del cessate il fuoco non verranno rispettati – riflette questa lezione dolorosamente appresa.
Se l’altra parte non rispetta l’accordo, non c’è nessun accordo.
Segnalare l’intenzione di rimanere nel Libano meridionale se i termini del cessate il fuoco non vengono rispettati invia il messaggio giusto: questa volta, le cose andranno diversamente.
Israele ha messo in chiaro questo messaggio fin dall’inizio.
A poche ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, Hezbollah ha prontamente testato la determinazione di Israele inviando suoi agenti a Kafr Kila, proprio di fronte alla cittadina israeliana di Metulla, e abitanti dei villaggi avevano iniziato a tornare nel Libano meridionale in violazione dei termini dell’accordo.
Tutto questo era progettato per mettere alla prova la determinazione di Israele.
Avrebbe Israele lasciato correre violazioni minori, anche se alla fine avrebbero finito col sommarsi fino a formare un’ondata di violazioni tale da spazzare via ogni efficacia dell’accordo? O invece avrebbe preso misure per implementare l’accordo?
Israele ha optato per la risolutezza. Dall’inizio del cessate il fuoco, la Forze di Difesa israeliane hanno ripetutamente reagito alle violazioni in tutto il Libano, rendendo chiara la loro determinazione a far rispettare la tregua.
Rimanere in Libano se necessario, rafforza questa posizione. Sono finiti i tempi in cui Israele ignorava le azioni ostili alla sua sicurezza e ai suoi interessi che si verificano appena al di là del confine, specialmente quelle proibite dagli accordi internazionali.
Questo messaggio non è rivolto solo ai nemici di Israele.
È indirizzato anche agli stessi cittadini israeliani. Solo una tale risolutezza può assicurare ai residenti sfollati dal nord di Israele che ora possono tornare in sicurezza alle loro case.
(Da: Jerusalem Post, 30.12.24)
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