Il Governo, sui “paesi sicuri”, come Er Monnezza: “Aò, quello che te sto a di’ è cassazione!”

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La grancassa dei partiti di governo sulla vicenda dei cosiddetti “paesi sicuri” che ha visto l’esecutivo ingaggiare un braccio di ferro con la magistratura rea di aver osato contraddirlo (in nome di normative europee), dopo il pronunciamento della Cassazione Civile sta parlando di una vittoria. Ovvero che la sentenza gli avrebbe dato ragione su tutta la linea. Il 22 dicembre, durante un vertice in Finlandia con alcuni leader europei, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aprì la stura dichiarando: “Mi pare che la Corte di Cassazione ha sostanzialmente dato ragione al governo italiano sul fatto che è diritto dei governi stabilire quale sia la lista dei Paesi sicuri.” Ma è falso! Come al solito è solo propaganda, debitamente sostenuta ed amplificata a reti unificate e dall’editoria amica. Un lettura fuorviante in  primis perchè nessun giudice ha mai messo in dubbio che spettasse al governo definire la lista dei Paesi sicuri (La direttiva europea del 2013 (chiamata “direttiva Procedure”) stabilisce che gli Stati membri dell’Ue «possono mantenere in vigore o introdurre» una norma per «designare a livello nazionale Paesi di origine sicuri ai fini dell’esame delle domande di protezione internazionale». Un punto mai oggetto di controversia davanti ai giudici, tant’è che nessuna autorità giudiziaria ha mai sostenuto che i giudici dei tribunali potessero disapplicare in generale, il decreto con la lista dei Paesi sicuri. Cosa, infatti, mai avvenuta. La disapplicazione dei giudici è stata limitata ai singoli casi concreti di richiedenti asilo, sottoposti alla loro valutazione. Solo la Corte Costituzionale, può infatti, invalidare erga omnes una norma. Tornando alla sentenza della Cassazione, la propaganda governativa tambureggia solo sul primo dei tre punti di cui è composta. Sugli altri due si tace. Il primo è -infatti- quello che conferma quanto già acquisito: ovvero che tocca al governo indicare quali siano paesi sicuri. Mentre al secondo si ribadisce che spetta al giudice la valutazione -nel caso concreto- della legittimità del trattenimento, nell’esercizio dei suoi poteri istituzionali. Col terzo si rinvia comunque alla decisione che verrà assunta in sede di Corte di giustizia europea investita del caso. Chiaro?  A spiegarlo bene è tornato anche l’ex magistrato Gian Carlo Caselli in un articolo di oggi su “Il Fatto Quotidiano” che pubblichiamo a seguire, con un significativo riferimento ad una filmografia caciottara.

PAESI SICURI, IL GOVERNO STRUMENTALIZZAZIONE LA CASSAZIONE”
Sulla mancata convalida del trattenimento di alcuni migranti portati in Albania (contro la quale il governo aveva fatto ricorso), la Cassazione civile ha emesso un provvedimento che si presta a una singolare considerazione:
la traduzione maccheronica del detto latino tot capita tot sententiae in “tutto capita nelle sentenze” sembra trovare applicazione anche nel caso in esame.
Vediamo com’è andata.
Il provvedimento della Cassazione è articolato su vari punti, diversi ma tutti essenziali.
Il primo è che la valutazione del Paese di origine del migrante come Paese sicuro spetta al ministro degli Esteri e agli altri ministri in sede di concerto.
Il secondo è che la legittimità di tale valutazione è uno dei presupposti giustificativi del trattenimento, per cui spetta al giudice, nell’esercizio dei suoi poteri istituzionali, riscontrarlo nel caso concreto.
Il terzo punto è che occorre comunque attendere la decisione della Corte di giustizia europea investita a suo tempo della questione.
Ebbene, la complessità del provvedimento della Cassazione è stata frantumata dal governo, utilizzando strumentalmente solo la parte che gli conveniva, con una tecnica arbitrariamente selettiva che si avvicina molto – appunto – al tot capita stile maccheronico.
In sostanza, il governo ha tenuto conto solo del punto che va nel senso del suo ricorso ma senza accoglierlo: sia perché sono riconosciuti spazi di significativa importanza anche ai giudici, sia perché l’ultima parola spetta alla Corte di giustizia europea, per cui il provvedimento della Cassazione è comunque interlocutorio.
Tuttavia il governo è intervenuto come se esistesse soltanto il primo punto, cioè – ripetiamolo – quello che preso a sé stante gli è più favorevole,
oltretutto approfittandone per imbastirvi sopra la solita cantilena dei magistrati “colpevoli” di ostacolare la difesa dei sacri confini contro gli invasori stranieri pronti a delinquere.
Il Commissario Giraldi dei film di Tomas Milian, se voleva chiudere una discussione, urlava:
“Aò, quello che te sto a di’ è cassazione!”.
Il nostro governo è della stessa scuola.
Solo che persino Er monnezza sapeva che le pronunzie della Cassazione van lette per intero, non a pezzi e bocconi.”

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