corsa solitaria e Mario Conte come candidato. «Non possiamo permetterci di perdere il Veneto»

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VENEZIA – «Spero di poter ancora candidarmi come presidente». Lo diceva Luca Zaia a Porto Cervo il 30 luglio 2023, durante un dibattito sull’autonomia differenziata. Della devoluzione di maggiori poteri alle Regioni si continua a parlare, di terzi (e quarti) mandati molto meno, anche se a giorni è atteso il pronunciamento del Consiglio dei ministri sulla legge approvata dalla Campania di Vincenzo De Luca: Palazzo Chigi impugnerà (come pare) o non impugnerà quella norma che garantirebbe all’esponente dem di ricandidarsi per altre due volte?


Al netto delle decisioni tecniche (e politiche) sul futuro dei governatori, la situazione in Veneto è solo apparentemente di stallo. Perché anche se nulla sembra muoversi, in realtà sottotraccia già si pensa a come organizzare le prossime elezioni regionali.

LA DATA

La prima incognita è la data delle elezioni. La consiliatura regionale, in Veneto così come in Campania e in Puglia, scade tra nove mesi – si votò il 20 settembre 2020 – ma una volontà politica, peraltro trasversale, è di far slittare il voto sia delle Regioni che dei Comuni alla primavera del 2026. I motivi sarebbero monetari, perché un election day economizzerebbe le spese. Ma non solo.

Salvini, ad esempio, ha detto che in questo modo Zaia «giustamente» inaugurerebbe da governatore i Giochi olimpici Milano Cortina in calendario il 6 febbraio 2026. Sul tavolo, poi, c’è la volontà di ripristinare come enti elettivi di primo grado le Province e questo amplierebbe lo scacchiere degli equilibri tra i partiti. In ogni caso, la Regione del Veneto ha stanziato a bilancio la somma per le elezioni nel caso in cui si tengano il prossimo autunno: 8 milioni di euro.

EQUILIBRI

Tramontata a livello nazionale l’ipotesi del terzo mandato per i governatori (gli unici favorevoli erano i leghisti) e quindi venuta meno la possibilità di una ricandidatura di Zaia, tutto lascia presagire che il prossimo candidato presidente del Veneto sarà di Fratelli d’Italia. Per vari motivi: è in Veneto che il partito di Giorgia Meloni ha avuto il record di consensi (tra l’altro aumentando i voti dalle Politiche 2022 alle Europee 2024) ed è impensabile che FdI rinunci a chiedere una Regione del Nord lasciando alla Lega anche Friuli, Trento, Lombardia, mentre Forza Italia ha il Piemonte.

Ma chi, tra i Fratelli, potrebbe prendere il posto di Zaia? Nel partito raccontano che sarà un «interno», i papabili sono Luca De Carlo (sempre più presente in radio e tv) e Elena Donazzan, ma tra i due potrebbe spuntarla un terzo. Raffaele Speranzon. «Deciderà Giorgia», è il ritornello.

MANOVRE

La Lega, intanto, si prepara allo strappo. Che poi riesca davvero a farlo o si limiti a cullare il sogno di una corsa solitaria, lo diranno i fatti. I ragionamenti in casa del Leone alato sono i seguenti. Primo: se perde la guida della Regione, la Lega in Veneto scompare. Secondo: se la Lega scompare in Veneto, scompare anche a livello nazionale. Di conseguenza – così dicono – è interesse di Salvini imporsi con la premier Meloni per mantenere la guida del Veneto. Il candidato più probabile, in caso di alleanza del centrodestra unita, sarebbe Alberto Stefani, deputato, segretario della Lega-Liga veneta, presidente della commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nonché, da pochissimo, vice di Salvini in via Bellerio.

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Ma se il candidato governatore fosse di FdI e la Lega decidesse di rompere, allora il portabandiera della corsa solitaria del fu Carroccio sarebbe più facilmente il sindaco di Treviso e presidente dell’Anci veneta Mario Conte. In casa della Lega dicono che con un simile scenario, Stefani dovrebbe comunque appoggiare la candidatura di Conte, nessuno dovrebbe tirarsi indietro.
Gli unici a non credere alla possibilità di uno strappo sono gli alleati. «Per le Regioni e le grandi città le trattative si conducono a libello nazionale – osservano i Fratelli -, impensabile che la Lega rompa con noi in Veneto e poi pretenda un candidato sindaco in un’altra regione. Uno strappo condannerebbe la Lega alla marginalizzazione». Solo che è l’opposto di quel che pensano i leghisti: «Saremo marginalizzati se perdessimo il Veneto. Ecco perché dobbiamo farci sentire al prossimo, imminente congresso federale: Salvini per essere rieletto ha bisogno dei nostri delegati».

IL PRESIDENTE

In tutti questi scenari, c’è un’altra incognita: cosa farà Luca Zaia? Non tanto per sé (puntualmente rimbalza l’ipotesi di una candidatura a sindaco di Venezia o di un incarico ministeriale, magari ai Trasporti se Salvini dovesse tornare al Viminale), quanto in un’ottica regionale. E cioè: Zaia ripresenterà la lista Zaia Presidente solo con l’alleanza del centrodestra o anche in una corsa solitaria della Lega? E non potrebbe poi, come da più parti si ipotizza, candidarsi con la sua lista addirittura in tre collegi, come consente la legge elettorale, magari per fare il consigliere semplice e tra cinque anni ritornare in ballo per Palazzo Balbi?
Come nel gioco dell’oca, si torna però sempre alla casella numero uno: se si votasse a settembre si entrerebbe già oggi nel vivo delle trattative, ma da qui alla primavera 2026 c’è tempo. Anche, come stanno valutando in casa della Lega, per studiare lo strappo.
 





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