Che cosa ascoltare al lavoro nel 2025: le playlist di 10 grandi professionisti e innovatori

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Filippo Poletti, giornalista, formatore e musicologo, ha raccolto nel suo ultimo libro “L’arte dell’ascolto: musica al lavoro” , che raccoglie anni e anni di colloqui con 120 grandi personaggi, alcuni viventi, altri purtroppo scomparsi, che gli hanno raccontato quale musica preferiscono per lavorare. Ecco una selezione di playlist fatta dall’autore per EconomyUp.

Lo cantava Enzo Jannacci: «Per fare certe cose ci vuole orecchio». Era il 1980, ma la lezione è valida anche per il 2025. E allora, ripercorrendo alcune interviste presenti nel libro “L’arte dell’ascolto: musica al lavoro”, fatte dal 1999 al 2024, proviamo a individuare la playlist di 10 grandi professionisti, siano essi imprenditori o uomini di scienza. Brano dopo brano emergerà una lezione per l’anno nuovo: per essere dei grandi innovatori bisogna essere dei grandi ascoltatori.

Ascolto 1, Piero Angela, “Aria sulla quarta corda” di Johann Sebastian Bach

È il secondo movimento della terza Suite per orchestra nell’interpretazione degli Swingle Singers. Per il grande giornalista italiano, scomparso nel 2022, Bach era tra gli autori più vicini alla razionalità della scienza e uno dei più innovatori. «Per questo – mi svelò nel 2020 – lo adottai per la sigla di “Superquark”. Sentii gli Swingle Singers dal vivo a Bruxelles, dove mi ero trasferito per la Rai. Comprai un loro disco e scoprii l’“Aria” intepretata da loro: era perfetta come sigla di una trasmissione che parlasse a tutti di scienza.

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Ascolto 2, Pietro Gussalli Beretta, “Pierino e il lupo” di Sergej Prokofiev

È la celebre fiaba musicale scritta dal compositore russo nel 1936. Secondo l’imprenditore bresciano della famiglia che produce armi dal 1526, la forza esplosiva è rappresentata musicalmente dal genio di Prokofiev. «Nel suo “Pierino e il lupo”, accanto all’uccellino, all’anatra, al gatto, al nonno, al lupo e a Pierino, sfilano divertiti gli schioppi dei cacciatori, dipinti dalla furia delle bacchette che cioccano contro il timpano». Sono gli spari, appunto, dei cacciatori. Per aggiungere: «Tuttavia, pur apprezzando la precisione e la verve ritmica del timpano mi piace accostare alle armi i violini, e non tanto per la nota leggenda metropolitana che vuole Bond a spasso con gli ideali e il fucile nella custodia, ma perché l’arco (il violino, la viola sono detti “archi”) esprime tutta la potenza delle frecce: alla punta mira dolce, al tallone soffia ruvido, al ponticello è un metallo di fuoco, alla tastiera una mano di velluto. Il suo accento, naturale o con la sordina, vibrato o legato, è quanto di più vicino alla storia dell’umanità, nella quale gli uomini sono lupi e spesso nemici per la pelle».

Ascolto 3, Renato Dulbecco, “Revolution 9” dei Beatles

Siamo nel 1968 e i Beatles pubblicano il celebre album sperimentale. All’innovazione musicale guardava con attenzione il Nobel Dulbecco che, parlando di creatività, mi disse: «In definitiva, creare musica nuova aprendo alla molteplicità e alla pluralità delle soluzioni di linguaggio e stile rimane il compito di ogni compositore, qualunque sia la sua terra d’origine. Fatte le debite distinzioni legate al differente ambito d’applicazione, anche la scienza è un invito alla molteplicità. Lo dimostra, ad esempio, il mio Progetto Genoma, che partito nel 1986 dall’identificazione dei singoli geni responsabili delle alterazioni cancerose, si è prefissato di studiare le reciproche funzioni genetiche, per meglio comprendere la complessità della vita».

Ascolto 4, Umberto Guidoni, quarto movimento Allegro con fuoco dalla Sinfonia “Dal nuovo mondo” di Antonín Dvořák

Il noto brano, eseguito per la prima volta nel 1893, fece parte del “bagaglio” dell’astronauta italiano nella missione del 1996. «Un bel giorno – questo è il suo racconto – presi ad ascoltare “Dal nuovo mondo” durante l’esercizio fisico: montai sulla cyclette nella cabina di pilotaggio in modo da poter vedere la terra sullo sfondo, detti il via all’Allegro con fuoco e, dopo poche battute e qualche pedalata, prese il via la più bella e appassionante biciclettata della mia vita. Pà pa-pa pà-pa pà, pochi istanti e il mondo iniziò a girarmi intorno alla velocità della musica. Sotto ai miei occhi, vidi scorrere alcune immagini che non potrò mai dimenticare: dapprima l’Australia lontana e piccina, poi l’Oceano Pacifico calmo e tranquillo e, infine, miracolo dello spazio e della musica, il “nuovo” mondo d’America».

Ascolto 5, Franco Lunelli, Allegro spiritoso, Sinfonia “Linz” di Wolfgang Amadeus Mozart

Siamo quasi alla fine del Settecento. A questo periodo della storia guarda il patron delle Cantine Ferrari, quasi diplomato in pianforte e fisarmonicista. Ed è lui, a 89 anni, a spiegare da Trento una condizione necessaria per fare grandi imprese: «Per fare un buon vino e un buon pezzo di musica occorre tanto tempo: tempo utile all’affinamento e alle cure, affinché possano essere ottenuti i risultati desiderati. Tuttavia, eccezionalmente, il vino e la musica possono nascere in tempi brevi. E se la storia non ci inganna, Mozart scrisse in soli quattro giorni la “Linz”, mentre a Rossini e Donizetti ci vollero una dozzina di notti per completare, rispettivamente, l’“Occasione fa il ladro”, e l’“Elisir d’amore” e il “Don Pasquale”. Eccezioni, queste, che confermano la regola».

Ascolto 6, Franco Modigliani, settimo movimento “Badinerie”, seconda Suite per orchestra di Johann Sebastian Bach

Ancora Bach, questa volta nella mente del Nobel italiano per l’economia. Modigliani era molto appassionato degli autori classici e su di loro consiglia di puntare per “guardare in avanti”: «Secondo me contano ancora i grandi classici. Punterei su un ritorno delle arie, cantate dappertutto, perfino negli stadi».

Ascolto 7, Rita Levi-Montalcini, “Das Wandern”, “Die schöne Müllerin” (“La bella mugnaia”) di Franz Schubert

Ci spostiamo nell’Ottocento a cui si rivolge una grande innovatrice come Levi-Montalcini. La incontrai in Italia e lei spiegò come avvicinarsi ai geni delle note: «L’approccio alla musica può essere di tre tipi: quello dell’intenditore, quello dell’amante e infine, è il mio caso, quello di chi l’ascolta emotivamente». Ragione e sentimento, dunque.

Ascolto 8, Nicola Piovani, “Life is beautiful” dal film “La vita è bella

L’Oscar Piovani dell’indimenticabile colonna sonora del film di Roberto Benigni del 1997, tocca un tema importante, ossia quello della condivisione dell’innovazione musicale. «La musica non è mai bella quando suona da sola. È bellissima quando c’è davanti un pubblico intento ad ascoltarla, a ballarla, a cantarla dentro di sé (o anche fuori di sé), ad applaudirla, o ad amarla in silenzio raccolto. La bellezza formale da sola, senza una comunità davanti, mi dice ben poco. Quando ascolto un disco a casa, da solo, in silenzio, mi piace immaginare altri, tanti altri che hanno fatto o stanno facendo la stessa cosa, commossi allo stesso passaggio dell’oboe o allo stesso attacco di tromba».

Ascolto 9, Umberto Veronesi, tema di Gabriel dal film “Mission” di Ennio Morricone

Il professor Veronesi ci invita ad ascoltare Morricone, autore delle musiche della pellicola di Roland Joffé del 1986. È lui a ragionare sulla diffusione di grandi brani come quello interpretato da padre Gabriel: «Poiché la musica crea delle emozioni e le emozioni sono gli elementi vitali per eccellenza, possiamo dire che essa può diventare un bisogno del nostro elaboratissimo sistema nervoso centrale. Da questo condizionamento, o se si vuole da questa malattia, non si guarisce, anche perché nessuno vuole guarire. È un condizionamento non pericoloso, una malattia molto benigna, anche gradevole, come tanti altri condizionamenti o malattie psichiche, prima tra tutte l’innamoramento. L’innamoramento, nella sua fase più acuta addirittura una malattia, è certamente un condizionante, ma chi è innamorato non desidera abbandonare questa condizione di esaltazione psicologica. È così anche per l’ammalato di musica, dal momento che non ha nessuna voglia di guarire». È il tema della bellezza che crea una piacevole “dipendenza”.

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Ascolto 10, Antonino Zichichi, quarto movimento Adagietto, quinta Sinfonia di Gustav Mahler

Impossibile non ricordare il brano di Mahler utilizzato nel film “La morte a Venezia” da Luchino Visconti nel 1917. Per il fisico italiano è un pezzo che racchiude la “potenza termonucleare”: «Attenzione però, perché la bomba termonucleare sprigiona potenza e terrore. La scienza sprigiona, invece, potenza e fascino. Le bombe sono tecnica, non scienza. Nel mio repertorio insieme a tanti “brani” non ci sono bombe termonucleari, ma solo ed esclusivamente scienza. Potenza e fascino, non terrore». Potenza e fascino, dunque, da Zichichi e dai tanti altri grandi personaggi presenti nel libro “L’arte dell’ascolto: musica al lavoro” per la nostra playlist del 2025.



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