Le case automobilistiche europee affrontano una crisi senza precedenti, minacciate da sanzioni per non aver raggiunto gli obiettivi di vendita di auto elettriche. Le difficoltà del settore rischiano di rallentare la transizione, con gravi impatti su occupazione e competitività
Le case automobilistiche europee stanno affrontando un incubo in tempo reale. La minaccia di multe stratosferiche dall’Unione europea per il mancato raggiungimento degli obiettivi di vendita dei veicoli elettrici è ormai una realtà che le costringe a fare i conti con il futuro. Stellantis è tra le più colpite: tra difficoltà interne e l’incertezza economica, il colosso italo francese rischia di subire pesanti ripercussioni. Ma non sono solo i produttori di auto a soffrire: la crisi travolge anche i fornitori di componenti, con oltre 30mila posti di lavoro persi nel 2024, un drammatico raddoppio rispetto ai 15mila tagli del 2023. A rivelare questi numeri preoccupanti è l’associazione Clepa.
Auto e CO2: l’Europa impone multe salate, le case rischiano il collasso
Dal primo gennaio 2025, l’Europa ha imposto nuove, più severe normative sulle emissioni di CO2 per le auto. Le case automobilistiche sono obbligate a rispettare un limite di emissioni di CO2 pari a 94 grammi per chilometro (g/km) per ogni veicolo venduto, un calo netto rispetto ai 116 g/km del 2024. Ecco la complicazione: per evitare le sanzioni, che ammontano a 95 euro per ogni grammo di CO2 in eccesso per ogni auto venduta, i produttori sono costretti a produrre veicoli elettrici più pesanti, aumentando la dimensione della batteria, per abbassare il valore delle emissioni complessive.
Ma perché tutto ciò è un problema? Perché al momento, le vendite di auto elettriche sono ferme a un misero 13% del mercato europeo, ben al di sotto dell’obiettivo del 25% richiesto per evitare le sanzioni. Questo gap rischia di tradursi in multe devastanti per l’intero settore: le stime parlano di oltre 15 miliardi di euro in sanzioni complessive per l’industria. Inoltre, per ridurre le sanzioni, le case automobilistiche potrebbero dover allearsi con produttori come Tesla o Byd, distogliendo risorse cruciali per l’elettrificazione e rallentando il processo di transizione, oppure ridurre la produzione di veicoli a motore termico, con la conseguente chiusura di impianti e licenziamenti, creando un circolo vizioso che complica ulteriormente la situazione. In questo scenario, la transizione verso l’elettrico rischia di diventare tanto costosa quanto difficile.
La Commissione Ue resiste: niente modifiche prima del 2026
Nonostante le preoccupazioni crescenti, la Commissione europea non sembra intenzionata a rivedere le sue regole sulle emissioni. L’Associazione dei costruttori europei (Acea) aveva chiesto di prendere una decisione entro la fine del 2024 riguardo a una possibile revisione delle multe, ma Bruxelles ha deciso di temporeggiare. Al posto di una decisione rapida, è stato annunciato un “dialogo strategico” che si aprirà con la Commissione sul futuro dell’industria automobilistica. La revisione legislativa non avverrà prima del 2026. In questo contesto, l’Italia, con il ministro del Made in Italy Adolfo Urso, ha fatto pressioni per anticipare questa revisione, ottenendo il supporto di diversi altri paesi. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha però preso in mano la situazione personalmente, consapevole della gravità dei problemi che l’industria sta affrontando.
La crisi dei fornitori: 30mila posti persi nel 2024
Se il settore delle case automobilistiche sta affrontando una tempesta, la situazione è ancora più critica per i fornitori di componenti. Secondo un’analisi della Clepa, nel 2024 le perdite di posti di lavoro tra i fornitori di componenti auto in Europa sono raddoppiate rispetto all’anno precedente, con oltre 30mila persone che hanno perso il loro posto, rispetto ai 15mila del 2023. Questo dato si inserisce in un contesto più ampio: in quattro anni il settore della componentistica ha visto una perdita netta di oltre 58mila posti di lavoro.
Le ragioni di questo drammatico calo sono molteplici: il rallentamento delle vendite di auto in Europa a causa della pandemia, la guerra in Ucraina e l’inflazione che ha eroso la competitività delle industrie europee, mentre la concorrenza dei produttori cinesi cresce. Se alle grandi aziende come Michelin e Bosch sono attribuiti migliaia di tagli, molte piccole imprese sono state costrette a chiudere i battenti o ad avviare procedure di insolvenza. Le prospettive di ripresa delle vendite, in questo momento, sono particolarmente scarse.
Il settore della componentistica: 1,7 milioni di lavoratori e un mercato in difficoltà
Il settore della componentistica auto, che impiega circa 1,7 milioni di persone nella Ue, sta attraversando una fase critica. La domanda di veicoli è crollata, influenzata da eventi globali come la pandemia, la guerra in Ucraina e l’inflazione, con un impatto diretto sulla competitività delle industrie europee. Intanto, i produttori cinesi stanno guadagnando rapidamente quote di mercato. A complicare il panorama, i costi elevati dei veicoli elettrici hanno frenato la loro diffusione, soprattutto in Germania, dove i sussidi statali sono diminuiti drasticamente.
Secondo Clepa, il passaggio all’elettrico ha portato a una perdita di posti di lavoro legati ai motori a combustione interna, con le perdite dal 2020 ben superiori ai nuovi posti creati nell’elettrico. Nel 2024, i fornitori di componenti per veicoli elettrici hanno perso più posti di lavoro (4.680) di quanti ne siano stati creati (4.450), segno che la transizione non sta generando gli impieghi previsti. Un caso emblematico è quello di Forvia, controllata da Exor e Peugeot, che ha annunciato il taglio di 10mila posti di lavoro in Europa entro il 2028, a fronte di un organico di oltre 75mila dipendenti.
Stellantis: 2024 in calo in Italia con 50mila auto in meno
Il 2024 è stato un anno difficile per Stellantis in Italia, con una perdita di quasi 50mila vetture vendute (-9,9%), scendendo da 502.546 a 452.615 immatricolazioni. A dicembre, le vendite sono calate del 18,1%, con solo 24.411 auto vendute, e la quota di mercato è scesa dal 32% al 29%. I marchi italiani del gruppo hanno sofferto in modo significativo: Fiat ha registrato un -41,15%, Lancia ha visto un crollo del -78,84%, e Maserati ha perso il 38,97%. Alfa Romeo (+31,81%) e Jeep (+2,77%) sono riusciti a contenere le perdite, ma non abbastanza da invertire il trend negativo. In particolare, Jeep, con l’Avenger, è tra i modelli più venduti in Italia e il primo B-SUV, con una quota di mercato del 9%. Tra i marchi ex PSA, Peugeot e Citroën hanno registrato modesti aumenti, mentre Opel è cresciuta del 16,67%. Stellantis ha fatto peggio del mercato italiano, che ha visto un calo complessivo dello 0,5% nel 2024.
Il futuro dell’industria automobilistica europea: una corsa contro il tempo
La crisi non riguarda solo l’Italia e l’Europa: anche Tesla ha segnato il primo calo storico delle sue vendite, scendendo a poco meno di 1,8 milioni di veicoli (-1,1%). Tanto che ieri il titolo ha perso oltre il 6% a Wall Street. Nonostante ciò, alcuni marchi esteri hanno avuto performance positive: Volkswagen ha guadagnato lo 0,6%, Renault oltre il 10%, e Toyota un robusto +26%. In Spagna, invece, il mercato ha visto una ripresa con un aumento del 7,1%, avvicinandosi ai numeri pre-Covid, segnando una ripresa che sembra lontana dall’Italia, dove le immatricolazioni restano inferiori rispetto al 2019.
Il futuro dell’industria automobilistica europea è incerto e appeso a un filo. Tra normative sempre più stringenti e la sfida dell’elettrico, le case automobilistiche dovranno agire in fretta per evitare il tracollo. Saranno in grado di adattarsi o il 2025 porterà nuove crisi?
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