una passa dall’Italia. Il nodo dei paesi dell’Est Europa

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I prezzi del gas naturale in Europa stanno aumentando. È il primo effetto immediato, una scossa, che segna però un momento cruciale: la fine dell’era del gas russo a basso costo per la Ue. I rubinetti di Gazprom, con i flussi di gas che transitano in Ucraina e sono diretti verso l’Europa, si sono chiusi perché oggi, 1° gennaio 2025, è scaduto e si chiude un accordo quinquennale (e sottoscritto per decenni) sul passaggio del carburante stipulato prima dell’invasione russa (24 febbraio 2022). Secondo i dati pubblicati dall’operatore della rete di trasporto del gas ucraino, gli ordini iniziali di gas presso la stazione di pompaggio di Sudzha, al confine tra Russia e Ucraina, sono stati azzerati a partire dal nuovo anno. La fine dell’accordo mette in evidenza la dipendenza dell’Europa dal gas russo ma allo stesso tempo Putin perde un cliente d’oro. È infatti dal 1991 che Mosca trasportava gas in Europa attraverso l’Ucraina. Gli effetti immediati di questo stop potranno riversarsi sui prezzi ma l’impatto strategico e simbolico per l’intera Europa è significativo.


Gas russo dall’Ucraina, oggi lo stop ufficiale: la rotta alternativa di approvvigionamento europeo passa dall’Italia

Dalla Commissione europea dicono che la maggior parte dei Paesi è in grado di farcela e rassicurano che «l’impatto sull’approvvigionamento sarà limitato» grazie anche alle «rotte alternative». Sono «quattro i percorsi di diversificazione, con volumi provenienti principalmente dai terminali Gnl in Germania, Grecia, Italia e Polonia ma forse anche dalla Turchia», scrive la UE nelle conclusioni della sua valutazione sullo stop del contratto. Secondo la Commissione, i 14 miliardi di metri cubi di gas l’anno che finora sono transitati attraverso l’Ucraina possono essere completamente sostituiti da importazioni di gas naturale liquefatto e di gasdotti non russi attraverso percorsi alternativi. La prima rotta di importazione passa attraverso la Germania – sottolinea il documento della Commissione – e si basa sulla recente significativa espansione della capacità di importazione del gas naturale tedesco e di quello dalla Norvegia, dai Paesi Bassi e dal Belgio che potrebbero fornire ulteriori volumi di gas all’Austria, alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia attraverso infrastrutture già esistenti. Il secondo percorso di approvvigionamento alternativo passa attraverso la Polonia e può facilitare l’accesso al gas norvegese per i Paesi dell’Europa centrale e Ucraina. Grazie all’interconnettore tra Polonia e Slovacchia, il gas può fluire verso la Slovacchia e poi verso la Repubblica Ceca, l’Austria, l’Ungheria e l’Ucraina, a seconda delle effettive esigenze di importazione. Quindi c’è la via di importazione attraverso l’Italia che può trasportare il gas verso il nord dell’Austria e poi verso la Slovacchia e/o la Slovenia. Infine la rotta transbalcanica può far fluire il gas dalla Grecia, dalla Turchia e dalla Romania verso nord, in grado di rifornire l’Europa meridionale e centrale, comprese Ucraina e Moldavia, attraverso i paesi con punti di interconnessione infrastrutturale già esistenti tra Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Moldavia, Ucraina e Slovacchia. Nelle conclusioni, il documento della Commissione ribadisce che l’impatto della fine del transito attraverso l’Ucraina sulla sicurezza dell’approvvigionamento dell’UE è limitato sia in termini di volume che di portata, e che interessa solo alcuni paesi. Tra questi l’Austria e la Slovacchia sono gli Stati membri più preoccupati a causa dell’elevata quota di importazioni di gas russo attraverso l’Ucraina, conclude la Commissione. 

Intanto i prezzi europei del gas naturale hanno toccato per la prima volta da ottobre 2023 i 50 euro al megawattora. E gli analisti prevedono che nel corso del 2025 l’aumento in bolletta per l’energia sarà del 30%. La Moldavia, che non fa parte dell’UE, sta già soffrendo.

Il presidente ucraino Zelensky ha affermato che il suo paese non permetterà alla Russia di «guadagnare altri miliardi sul nostro sangue». Mentre per il governo polacco il blocco di oggi è «un’altra vittoria» contro Mosca. Putin, invece, sostiene che è l’Europa a perderci. La Russia, comunque, può ancora inviare gas in Ungheria, Turchia e Serbia attraverso il gasdotto TurkStream che passa sotto al Mar Nero. 

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Gas russo in Europa, oggi finisce un’era

L’UE ha cominciato a ridurre significativamente le importazioni di gas dalla Russia dalla fine di febbraio 2022, da quando cioè è cominciata la guerra. Diversi Paesi membri dell’est Europa dipendono ancora in larga misura dalle forniture (forniture che rappresentano circa 5 miliardi di euro all’anno al Cremlino).

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L’Europa è riuscita a passare nel 2023 a una dipendenza dal gas russo che era meno del 10% del totale. Nel 2021, quella cifra era del 40%. Le fonti alternative sono state trovate nel gas naturale liquefatto (GNL) proveniente dal Qatar e dagli Stati Uniti, ma anche nel gas naturale proveniente dalla Norvegia.

Tuttavia, diversi stati, tra cui Slovacchia e Austria, hanno continuato a importare notevoli quantità di gas dalla Russia. Se l’Austria sostiene di non essere stata destabilizzata per niente dallo stop di oggi perché ha diversificato le sue importazioni, per la Slovacchia lo stop di oggi rappresenta un grosso problema perché nel Paese governato da Robert Fico c’è il principale punto di ingresso del gas russo nell’UE e grazie a quel “rubinetto” ha potuto accumulare guadagni importanti dalle tasse di transito per l’inoltro del gas all’ Austria, l’Ungheria e anche all’ Italia. 

La Slovacchia parla, infatti, di conseguenze drastiche come l’aumento sensibile delle bollette e il premier Fico reduce di una visita a sorpresa a Mosca per colloqui con Putin, ha minacciato di interrompere la fornitura di elettricità all’Ucraina con la Polonia che si è offerta di sostenere Kiev nel caso in cui la Slovacchia interrompesse le esportazioni di energia elettrica. Si tratta di forniture essenziali per l’Ucraina, le cui centrali elettriche sono continuamente colpite dalla Russia.

La Moldavia al gelo: «Indossate vestiti pesanti»

La Moldavia, che non fa parte dell’UE, genera gran parte della sua elettricità da una centrale alimentata a gas russo. Gazprom ha dichiarato il 28 dicembre che avrebbe limitato l’approvvigionamento di gas a partire dal 1° gennaio dicendo che il Paese è venuto meno ai propri obblighi di pagamento. Il primo ministro della Moldavia Dorin Recean, ha negato il presunto debito e ha accusato la Russia di usare «l’energia come arma politica» e ha affermato che la mossa avrebbe lasciato anche la filorussa Transnistria «senza luce e calore nel bel mezzo dell’inverno». Per questo è pronto allo scacco matto: la possibile nazionalizzazione della compagnia Moldovagaz, oggi al 50% di proprietà di Gazprom. La presidente Maia Sandu ha accusato il Cremlino di «ricatto» contro il suo paese che affronterà le elezioni generali proprio quest’anno. Perciò la locale compagnia che fornisce l’elettricità ha invitato i cittadini a vestirsi in modo pesante, a riunire i familiari in un’unica stanza, ad appendere coperte o tende spesse alle finestre e ad utilizzare riscaldatori elettrici. Si invita al risparmio energetico. Da metà dicembre è in vigore lo stato di emergenza di 60 giorni nel settore energetico. Fuori dalla UE l’inverno sembra più lungo del previsto. 





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