Stellantis chiude l’anno con 450mila immatricolazioni: -10% sul 2023. Mercato italiano fermo a 1,5 milioni di veicoli

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Stellantis chiude il suo anno horribilis con 452.615 auto immatricolate in Italia, in flessione del 9,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. La quota di mercato del gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa si è attestata nei dodici mesi al 29%, in calo 3% rispetto all’intero 2023. Per il solo marchio Fiat si registra un crollo del 17% a 144mila autoveicoli. A dicembre 2024 le vendite del gruppo in Italia sono state 24.411, il 18,1% in meno dello stesso mese del 2023, con una quota di mercato scesa al 23,1%. In totale, come emerge dai dati diffusi dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le immatricolazioni di auto nuove nel 2024 sono state 1.558.704, in calo dello 0,5% rispetto alle 1.566.521 immatricolazioni del 2023 e meno che prima del Covid. Il mercato italiano lo scorso hanno ha insomma faticosamente tenuto, mentre il gruppo presieduto da John Elkann perde terreno.

Come è noto durante il tavolo sull’auto che si è riunito il 17 dicembre al Mimit il responsabile Europa allargata di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, ha presentato un piano da cui emerge che i prossimi mesi replicheranno gli ultimi dodici nei quali gli stabilimenti hanno fatto registrare i minimi produttivi degli ultimi 64 anni. Un anno che in buona parte ricicla come novità alcune produzioni già assegnate. Nessuna garanzia sull’impianto di Termoli, dove è sospeso il progetto di riconversione in una gigafactory gestita da Acc, la joint venture con Mercedes e TotalEnergies. Se si farà o meno dipenderà dall’”evoluzione delle tecnologie” e “in considerazione del mercato e della competitività dei fattori abilitanti del sistema Paese”.

Il comparto auto intanto continua a paventare conseguenze “catastrofiche” se l’Unione europea irrogherà le multe miliardarie previste per le case che non rispetteranno i limiti di emissioni fissati per ogni produttore. Secondo Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, “invece di irrogare multe miliardarie l’Unione europea dovrebbe prevedere aiuti alle case automobilistiche tali da compensare i danni prodotti dalla politica adottata dall’Unione nella transizione energetica”.

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Nei mesi scorsi l’European Automobile Manufacturers’ Association (Acea) ha calcolato che l’impatto sull’intera industria dell’auto potrebbe arrivare fino a 16 miliardi di euro. Cosa che costringerebbe le aziende a tagliare la produzione, con conseguenze per l’occupazione. I costruttori europei – sui quali incombe anche la concorrenza cinese, nonostante l’introduzione dei dazi – hanno comunque confermato l’obiettivo di neutralità climatica dell’Ue entro il 2050 e il passaggio alla mobilità a zero emissioni. A gennaio inizierà il Dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica dell’Unione europea, che coinvolgerà aziende, fornitori, sindacati, associazioni imprenditoriali ed esponenti della filiera: l’obiettivo è definire “una serie di raccomandazioni per costruire una strategia che risollevi le sorti dell’industria automobilistica europea”. Molti Paesi tra cui l’Italia chiedono la revisione della legislazione sul CO2 prevista per il 2026.



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