“Ritorno” a caccia, gli ambientalisti scrivono alla Regione: non retroattiva

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Le associazioni ambientaliste contestano il “ritorno” a caccia in Umbria anche per turdidi e beccaccia e inviano alla Regione una sorta di diffida, sostenendo che l’emendamento alla legge 157/92 contenuto nella Finanziaria nazionale, che prevede l’utilizzo dell’ultimo Calendario venatorio in caso di sospensiva dei giudici amministrativi, non sia retroattivo. Per loro, dunque, nonostante le rassicurazioni verbali ottenute dalle associazioni venatorie dagli uffici regionali circa la possibilità di cacciare almeno sino al 14 gennaio (giorno in cui è fissata l’udienza di merito del Consiglio di Stato sulla chiusura del prelievo per le specie in questione) e della conseguente nota dell’Ente, in assenza di uno specifico provvedimento della Regione il ritorno a caccia sarebbe illegittimo. Conseguenza, a loro dire, della scorrettezza e della irresponsabilità delle associazioni venatorie che “strumentalizzano la Regione e mandano allo sbaraglio i propri associati”.

La nota delle associazioni ambientaliste

Questa la nota integrale inviata alle redazioni dal delegato per l’Umbria del Wwf Italia.

Le associazioni WWF, LIPU, LAV, ENPA e LNDC, dopo avere impugnato il Calendario venatorio
regionale, ottenendo dal Consiglio di Stato la sospensione della caccia con chiusura anticipata
a turdidi e beccaccia, hanno scritto alla Regione a seguito delle notizie diffuse negli ultimi giorni
dagli ambienti venatori. Le associazioni venatorie, infatti, richiamando una nota apparsa sul
sito della Regione Umbria, in cui si comunicava semplicemente la novità normativa, hanno
diffuso una notizia palesemente distorta comunicando che la Regione avrebbe annullato la
sospensione giudiziaria della caccia a seguito della novella normativa.

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Con una nota tecnica, gli ambientalisti hanno evidenziato le ragioni giuridiche per le quali le
modifiche alla legge sulla caccia non possono avere efficacia retroattiva e quindi non sono
idonee ad aggirare quanto disposto dai giudici amministrativi di secondo grado.

“Siamo di fronte all’ennesima prova di irresponsabilità e scorrettezza delle associazioni
venatorie che, dopo avere incassato dal Parlamento l’emanazione di una norma palesemente
incostituzionale e dannosa per tutti, ora stanno facendo pesanti pressioni alle regioni per
chiedere di eludere le pronunce giudiziarie negative, violando così i principi fondamentali di
uno Stato di diritto, come il giusto processo e la separazione tra poteri. Queste gravi violazioni
sono ingiustificabili e diventano ancor più insensate se si considera che sono motivate dalla
volontà di andare a caccia qualche giorno in più, il che ci fa comprendere quanto la governance
del mondo venatorio, ormai ubriaca di potere sino a sentirsi superiore alla legge, viva
totalmente fuori dalla realtà. Queste azioni, frutto di un estremismo sempre più radicale nel mondo venatorio, oltre ad aumentare la pressione sugli animali selvatici, non solo espone enti pubblici e funzionari al compimento di atti illegittimi ma danneggia gli stessi cacciatori esponendoli al rischio di
ricevere sanzioni dagli organi di controllo”.

Le associazioni si augurano che la Regione Umbria, così come gli altri enti pubblici statali e
periferici, non cedano a indebite pressioni di chi persegue interessi particolari senza tener conto di quelli collettivi e mantengano la loro fondamentale funzione di difesa dei valori
costituzionali e del bene comune.
WWF Italia
Delegato Regione Umbria

Intanto si continua ad andare a caccia

Nel frattempo, appunto sulla base delle rassicurazioni ricevute dalla Regione sull’accoglimento degli effetti dell’emendamento nazionale anche nel caso umbro, i cacciatori sono tornati a cacciare turdidi e beccacce come da Calendario venatorio dello scorso anno (con le stesse date “sospese” per il Calendario venatorio 2024-25).

Nonostante le richieste avanzate da alcune associazioni venatorie di tornare a deliberare da parte della nuova Giunta regionale – opzione del resto indicata come possibile anche nel decreto del presidente del Consiglio di Stato – la Regione Umbria non ha votato un nuovo atto ed ha voluto attendere la pubblicazione della nuova normativa nazionale che modifica la 157/92. Intendendola, come appunto spiegato nelle interlocuzioni avute in questi giorni, come recepita. Da qui la comunicazione pubblicata il 30 dicembre, in cui appunto si dà atto dell’emendamento stesso.

Il 14 gennaio, poi, si avrà l’udienza del Consiglio di Stato chiamato ad esprimersi nel merito. Una sentenza che presumibilmente sarà molto rapida.





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