Le opposizioni unite sul messaggio del Colle, che è un programma per un governo fedele alla Costituzione, opposto a quello di Meloni. Piace a Pd, M5s e Azione. E il capo dello Stato è anche l’ispirazione della nuova «cosa cattolica» che si riunisce il 18 gennaio a Milano
L’ordine di scuderia del partito di Giorgia Meloni è zero polemiche con il presidente della Repubblica, a costo di inghiottire qualche rospo e fingere di non capire alcuni passaggi del discorso di fine anno: come i rilievi sulla sanità, sui salari bassi, sulla scarsa iniziativa contro le morti sul lavoro, sulle condizioni delle carceri. Nelle dichiarazioni ufficiali, gli uomini e le donne vicine alla presidente del Consiglio fanno solo inedite lodi al Colle: peraltro sono in generale ore di toni bassi, un po’ su tutto, per la delicata vicenda di Cecilia Sala, la giornalista italiana detenuta a Teheran. Le opposizioni hanno offerto collaborazione, scegliendo una moratoria alle critiche per non indebolire il governo nella già difficile trattativa con l’Iran.
Schlein “segue” il Colle
Questo non significa però rinunciare a sottolineare, compostamente magari ma decisamente, che il discorso di fine anno Sergio Mattarella è stato un giudizio severo sullo stato della Repubblica. Altro che «luci e ombre», la formula che filtra dal Quirinale: al di là delle intenzioni del presidente, è stato il bilancio dell’azione del governo. E infatti ieri Valter Verini (Pd) ha dato dell’«irresponsabile» all’esecutivo e al ministro Carlo Nordio che «chiudono gli occhi di fronte al dramma» delle carceri; Carlo Calenda (Azione) ha elogiato il «dovere patriottico» di ricordare «la pericolosità delle lacerazioni» del paese; la presidente dei deputati dem Chiara Braga ha lodato il presidente che «ha saputo cogliere le preoccupazioni e le attese di ogni persona: la pace, il lavoro, il futuro dei giovani, il diritto alla salute. E ha indicato una strada che si fonda sui principi della Liberazione». Mattarella, che non è un “pacifista”, è piaciuto persino a Giuseppe Conte, che comunque ne loda l’appello alla pace e alla partecipazione democratica.
Di fatto il «menù» del discorso presidenziale è una sponda preziosa per il Pd, che cresce nei consensi ma non ingrana l’alternativa. Perché carente, secondo autorevoli voci di dentro, proprio nella «credibilità» e nella «cultura di governo». Non a caso Elly Schlein si è messa nella scia del Colle già la sera del 31 dicembre, nel commento del messaggio quirinalizio: «Ora tocca a noi tutte e tutti raccogliere questo accorato appello a tradurre la speranza in realtà».
L’agenda Mattarella
Patriottismo costituzionale, inclusione degli immigrati legali, pace in Medioriente e in Ucraina – ma non resa a Putin –, una spesa militare che non sia sconfortantemente imparagonabile a quella per combattere il cambiamento climatico; condizioni di detenzione umane nelle carceri; e ancora salari più alti, sicurezza sul lavoro, accorciare le drammatiche liste di attesa per gli esami specialistici negli ospedali. E ricordare che la Liberazione – quest’anno sarà l’80esimo anniversario del 25 aprile –, e la Costituzione che ne è figlia, è «fondamento della Repubblica» e «un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra». Il centrosinistra, in pratica, ha trovato la sua agenda. Ed è l’agenda Mattarella, anche se le intenzioni del Colle in realtà erano opposte: offrire al paese un discorso unificante, cancellando al massimo i termini «divisivi» (curioso che per una volta, nel lungo passaggio sulla Liberazione, il presidente non nomini né il fascismo da cui il paese si è liberato né la lotta antifascista).
Il vantaggio per la sinistra è che si tratta di un’agenda solida, ed è quella dell’uomo che oggi in Italia incarna l’istituzione di gran lunga più popolare. Solo dalle tv, il discorso del presidente è stato seguito da più di 10milioni 725mila telespettatori: più dell’ultimo Sanremo, con un incremento rispetto alla cifra già record dello scorso anno. Oltre il 68 per cento di share. Senza contare tutti quelli che l’hanno seguito dalla rete.
Il programma centrista
L’agenda Mattarella è anche vangelo per la galassia centrista che prepara per gennaio le prossime mosse. Il 18 l’ex ministro dem Graziano Delrio e l’associazione I popolari di Pierluigi Castagnetti hanno convocato a Milano un’assemblea per lanciare la nuova «Comunità democratica». Ci saranno Romano Prodi e Ernesto Ruffini, l’ex direttore dell’Agenzia delle entrate in odore di impegno (da lui fin qui smentito) da federatore di una nuova formazione centrista. Sull’operazione di riaggregazione del mondo del cattolicesimo democratico c’è la benedizione del Colle. Non quella diretta del presidente, naturalmente. Ma se quell’area ha un’ispirazione alta, al netto dell’Altissimo, è proprio Mattarella. L’altra è l’ex presidente del parlamento europeo David Sassoli, morto tre anni fa. Non a caso i suoi discorsi sono spesso ripresi dal capo dello Stato, che gli era amico e che nel discorso di fine anno ha pronunciato quel «la speranza siamo noi» tratto dall’ultimo videomessaggio di Sassoli in occasione del Natale 2021. L’agenda Mattarella dunque forse non riesce a unificare maggioranza e opposizioni, perché le destre sono renitenti; ma è l’unica chance della non meno complicata riunificazione del centrosinistra.
© Riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link