Omaggio a Paolo Vitelli, l’imprenditore visionario re degli yacht Azimut-Benetti

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 L’ultimo giorno del 2024 una banale caduta a Mascognaz, una frazione di Champoluc in Valle d’Aosta, costa la vita a Paolo Vitelli, fondatore del gruppo Azimut-Benetti, leader mondiale nel settore nautico, primo produttore di superyacht.

Nato a Torino nel 1947, fin da giovane ama intraprendere, coltiva la passione del creare dal nulla una impresa via l’altra, fino a diventare uno dei maggiori imprenditori italiani: «Occuparsi di nautica in Italia, e nel sistema torinese molto conservatore, era da matti». Se pensiamo che a Torino non c’è il mare e che qui è nato il leader globale degli yacht, ci rendiamo conto di quanto Paolo Vitelli sia stato un visionario.
 

Un giorno a Champoluc, suo luogo del cuore, gli regalai il volume 1947 della storica svedese Elisabeth Asbrink dove si spiega l’importanza del 1947, anno cruciale del Novecento. Scoppia la Guerra fredda, nasce la Cia, viene redatta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’Onu riconosce lo Stato di Israele, Primo Levi riesce a pubblicare Se questo è un uomo, George Orwell scrive il profetico 1984, il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi compie il suo primo viaggio diplomatico negli Stati Uniti. Paolo sorrise sornione e mi disse: «Ovvio che il ’47 sia un anno importante, sono nato io!». Ma Paolo, come tutti i fuoriclasse, era umile e curiosissimo.

Una volta affermatosi con la produzione di barche, Vitelli rilevò dal fallimento Benetti: «Da una parte c’è Azimut, che è una barca per famiglie, elegante, efficiente, conosciuta in tutto il mondo, e dall’altra c’è Benetti, icona dello yachting di lusso. Due marchi dalla propria identità, che non si fanno concorrenza tra loro», con cantieri ad Avigliana, Viareggio, Livorno. Vitelli, peraltro, si è sempre speso per mantenere la produzione in Italia: «Siamo italiani e i nostri clienti cinesi, americani, arabi, vogliono barche prodotte in Italia».

Giovanni Tamburi – uno dei maggiori esponenti del private equity italiano, con un sano approccio di lungo termine – convinse nel 2015 Vitelli a cedergli il 12% (tramite l’acquisto del 6% da Mittel e un aumento di capitale per 30 milioni di euro) di Azimut-Benetti, con la prospettiva di far crescere ulteriormente la società e condurla alla quotazione in Borsa.

La ripresa dopo il Covid

L’irrompere del Covid nel 2020 – con il blocco completo dei viaggi e del turismo – fu una tragedia per il settore degli yacht, ma Vitelli non si perse d’animo e non rimpianse neppure un’offerta di cessione dell’anno prima che valorizzava il suo gruppo più di un miliardo di euro.
 

La qualità delle persone la si vede nei momenti complicati e Vitelli riuscì a risalire la china fino a superare il miliardo di fatturato e stringere nel 2023 un accordo con il fondo sovrano dell’Arabia Saudita Pif (Public Investment Fund), che ha rilevato una quota del 33%.

Paolo Vitelli, sempre convinto che «una famiglia non può restare sola», ha con lungimiranza favorito il passaggio generazionale alla figlia Giovanna – attuale presidente della società – che «la spinge, la alimenta in tutte le direzioni, con lo stesso spirito che avevo io quando eravamo un’azienda piccolina».

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Vitelli, da vero imprenditore, non ha mai avuto l’obiettivo di arricchirsi, bensì di fornire ai clienti un prodotto servizio eccellente, tale da consentirgli di diventare leader globale: «Diventare ricco non è mai stato il criterio di molla della mia vita. Diventare primo sì, diventare bravo sì, farmi riconoscere come innovatore sì, come un torinese che gira il mondo con la valigetta e va ad aprire nuovi mercati sì, questi sono stati i miei veri stimoli». Qui sta il suo lascito morale.

L’esperienza politica

Quando nel 2012 Mario Monti, dopo la sua esperienza da premier, decise di creare il movimento Scelta Civica, invitò Vitelli a candidarsi in Parlamento al fine di avere al suo fianco un imprenditore illuminato.

L’adesione fu immediata, nella consapevolezza che la classe dirigente dovesse impegnarsi direttamente – come fece Adriano Olivetti – per il cambiamento: «Volevo che i tanti giovani che emigrano all’estero per mancanza di prospettive, tornassero ad avere quell’entusiasmo, quella passione di creare che avevano spinto me a diventare un imprenditore, portando il Made in Italy in tutto il mondo».

Paolo, nonostante il suo fervido impegno (interrogazioni, proposte di legge, emendamenti) rimase frustrato per l’inconcludenza del Parlamento: «Mi sono battuto per avere meno burocrazia, leggi di migliore qualità, meno costi per la politica…ma il dibattito, invece di focalizzarsi sui contenuti, troppo spesso si concentra su come occupare poltrone o posti di potere». Si dimise nel 2015 convinto di essere più utile al Paese come imprenditore.

Come scrisse nell’Arte della mercatura il mercante raguseo del 1400 Benedetto Cotrugli, il mercante non deve accumulare e basta, deve impiegare positivamente quello che guadagna. Il motto di Vitelli era «Azienda ricca, famiglia povera». E infatti non si fermava mai, una volta abbandonati gli incarichi societari, spese intelligenza e volontà – qualità care a Carlo Cattaneo – a Chamonix (dove si è affermato con il Gran Hotel Des Alpes) e nel progetto di hotellerie pluristellata a Mascognaz (dove ha trasformato un villaggio Walser) dove purtroppo il destino beffardo lo ha colpito lasciando tutti attoniti. Caro Paolo, ti sia lieve la terra. (riproduzione riservata)

*Economista e docente all’Università Carlo Cattaneo-Liuc

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