le verità che la destra finge di non vedere

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


Secondo la maggioranza di governo, i giudici avrebbero dato ragione al governo sui paesi sicuri. Le decisioni della Corte dicono altro, riconoscendo ciò che l’esecutivo ha sempre negato, cioè che i giudici possano sindacare la legittimità dell’inserimento di un paese nella lista di quelli sicuri

Dopo che la Cassazione, il 19 dicembre scorso, pronunciandosi sulla questione pregiudiziale sollevata dal tribunale di Roma, aveva affermato che spetta al governo redigere la lista dei paesi sicuri, esponenti della maggioranza avevano esultato, sostenendo che la Corte avesse dato ragione al governo. E hanno proseguito il 30 dicembre scorso, dopo che l’ordinanza interlocutoria con cui la stessa Corte ha ribadito il medesimo principio, sospendendo il giudizio sui ricorsi presentati dal Viminale contro le prime mancate convalide del trattenimento di migranti in Albania, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea su questioni pregiudiziali pendenti. Ma gli Ermellini hanno davvero dato ragione al governo?

I giudici e i paesi sicuri

Secondo la Cassazione, è competenza dell’esecutivo stilare la lista dei paesi sicuri. Ma nessuno, e nessun tribunale, l’aveva mai messo in dubbio, anche perché tale competenza è prevista dalla direttiva Procedure (n. 2013/32). La Corte ha altresì detto che i giudici possono disapplicare il decreto contenente l’elenco dei paesi sicuri in relazione al caso sottoposto alla loro valutazione, e non “erga omnes”. E anche su questo non c’erano perplessità: i giudici decidono sempre e solo sul caso trattato.

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 

I politici di destra che vantano il successo in Cassazione omettono di riconoscere che quest’ultima ha smentito quanto essi sostengono sin dall’inizio, vale a dire che i tribunali dovrebbero attenersi alla lista dei paesi sicuri stilata dal governo, e basta. Invece, secondo quanto affermato dalla Corte il 19 dicembre, e ribadito il 30 dicembre, il giudice ordinario ha «il potere-dovere di esercitare il sindacato di legittimità» sul decreto sui paesi sicuri, «ove esso contrasti in modo manifesto con la normativa europea».

Se il giudice riconosce la generale non sicurezza del paese di provenienza del richiedente asilo, sulla base degli elementi e dei criteri previsti dalla disciplina Ue, disapplica il decreto per violazione di tale disciplina. Se, invece, reputa sussistenti specifiche circostanze individuali che rendono rischioso per il richiedente tornare nel proprio paese, il giudice non disapplica il decreto, ma la procedura di esame della richiesta di protezione non sarà più quella accelerata, prevista per chi arrivi da paesi sicuri, bensì quella standard.

Dunque, la sentenza e l’ordinanza della Cassazione non mutano la situazione precedente, né modificano l’indirizzo espresso finora dai giudici sul trattenimento dei migranti in Albania. Il governo decide l’elenco dei paesi sicuri, i giudici sindacano la legittimità di tale decisione. Il principio della divisione dei poteri è rispettato.

In attesa della Corte Ue

Ciò che potrebbe fare la differenza circa l’operazione albanese sarà la pronuncia della Corte di Giustizia Ue – l’udienza sarà il 25 febbraio, ma le motivazioni si conosceranno solo ad aprile – che chiarirà se un paese sicuro dev’essere tale non solo in ogni parte di territorio, ma anche per ogni categoria di persone. Questo dubbio resta, infatti, dopo la sentenza della stessa Corte Ue del 4 ottobre scorso, a seguito della quale il tribunale di Roma a ottobre non ha convalidato il fermo in Albania di 12 migranti, e a novembre ha sospeso la convalida per altri 9, provenienti da Paesi – Egitto e Bangladesh – dove i diritti di alcuni gruppi sociali sono a rischio.

Secondo l’ordinanza del 30 dicembre, la sentenza della Corte Ue si riferisce esclusivamente «all’incompatibilità della previsione di paesi sicuri con eccezioni di parti del territorio», e non anche di categorie di persone. Tuttavia, è la stessa Cassazione a non conformarsi a questo principio. Essa, infatti, riconosce che qualora le fonti qualificate previste dalla direttiva 2013/32 rendano evidente «la presenza di persecuzioni con carattere generalizzato, endemico e costante, il giudice potrà ritenere la designazione come sicuro del paese di origine illegittima perché in evidente contrasto con la normativa europea». In caso contrario, risulterebbe «pregiudicato il valore fondamentale della dignità», sul cui rispetto è fondata la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, «alla quale, nel definire la nozione di paese di origine sicuro, si richiama più volte la direttiva 2013/32».

Dalle parti della maggioranza farebbero bene a leggere per intero le pronunce delle corti, evitando di estrapolare le affermazioni più gradite. Va anche detto che la Cassazione avrebbe potuto essere più cristallina, anziché dare l’impressione di non voler scontentare nessuna delle parti in causa. Ora la parola definitiva spetta alla Corte Ue. Sarebbe meglio che Meloni aspettasse la pronuncia di quest’ultima, prima di riprendere i trasferimenti in Albania. Si dubita che lo farà.

© Riproduzione riservata



Source link

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link