I 9 miliardi del Pnrr non bastano. Per sindaci e sindacati serve un piano per l’edilizia popolare

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Un piano ad hoc di edilizia residenziale pubblica. Comuni e sindacati sono uniti nella richiesta. Perché i 9 miliardi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sono una goccia rispetto a quanto occorrerebbe. La cifra, per capirci, è un terzo in meno di quanto stanziato nell’ambito del NextGeneration Eu per gli alloggi privati tramite Superbonus 110%, cui sono andati 14 miliardi.

Con questi 9 miliardi gli amministratori locali, assieme a Province e Città metropolitane, sono comunque riusciti a mettere in campo oltre 7.000 progetti. I Comuni stessi, emerge da un’analisi di Ifel, la fondazione Anci per la finanza e l’economia locale, svolta in collaborazione con il Sole24Ore, fanno la parte del leone. Gestiscono 4.850 progetti. “Come Comuni abbiamo fatto ciò che dovevamo fare, muovendoci all’interno delle indicazioni che sono state date o in base ai bandi dei ministeri, coprendo così varie aree con un impatto sul mondo dell’edilizia residenziale pubblica. Parliamo di iniziative di ammodernamento, risparmio energetico, costruzione di nuovi alloggi, sebbene quest’ultimo capitolo sia comunque minoritario”, spiega ad HuffPost il sindaco di Novara, Alessandro Canelli, che in Anci ricopre l’incarico di responsabile per la finanza locale, “se guardiamo la questione dal punto di vista dell’interesse pubblico, il bicchiere rischia invece di essere mezzo vuoto”, aggiunge.

Il peccato originale è individuato nel modo in cui è stato strutturato il Superbonus.  Il costo dell’incentivo ideato durante il governo Conte 2 per far ripartire l’edilizia e l’economia nel mezzo dell’emergenza Covid è andato fuori controllo, raggiungendo la cifra record di 120 miliardi di euro (il conto lievita se si tengono in considerazione anche altri bonus), con ripercussioni su deficit e debito. “Avevamo un’occasione storica. Occorreva puntare  non sul rinnovo generalizzato del patrimonio immobiliare nel nostro Paese, che ha comportato aver dato risorse gratuite per ristrutturare seconde e terze case. Potevamo puntare già con il 110% sulla riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica”, prosegue Canelli, “avremo avuto comunque il risultato di stimolare il settore edilizio, che era poi la ratio dell’intera operazione, ma allo stesso tempo saremmo intervenuti sul patrimonio edilizio residenziale pubblica, la cui manutenzione manutenzione anche ordinaria ormai diventata straordinaria”.

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Si tratta di un patrimonio fermo ormai da tantissimi anni. Un piano ad hoc è considerato essenziale nel momento in cui diverse fasce delle popolazione hanno sempre maggiori difficoltà a trovare casa. L’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, ha parlato in audizione sulla manovra della “più grande crisi della casa che la nostra generazione ricordi”. Per questo saluta con favore il Piano Casa Italia previsto in legge di Bilancio e che dovrebbe vedere la luce entro la prima metà dell’anno. “L’assenza di una dotazione finanziaria adeguata rischia di limitarne fortemente l’efficacia, riducendo le possibilità di intervento concreto sul territorio in tempi ragionevoli”, segnalavano per tuttavia i costruttori. Per le iniziative del piano, che comprende anche una parte di edilizia sociale, sono previsti 560 milioni tra il 2028 e il 2030.

Sullo sfondo ci sono poi l’ipotesi di una nuova rimodulazione del Pnrr, di cui il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, ha parlato in occasione di Atreju, la kermesse annuale di Fratelli d’Italia, nonché futuri incentivi allo studio del governo per accompagnare il Paese verso le misure di efficientamento richiesto dall’Unione europea con la direttiva Casa Green. “Serve razionalizzare le risorse di investimento a disposizione del governo e dei i vari ministeri, mettendole a fattor comune con i fondi europei anche provenienti da una eventuale rimodulazione ulteriore del Pnrr. Tutto questo messo assieme per un piano straordinario di riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica”, spiega ancora Canelli. Così si potrebbe fare quella “operazione sociale” che per il sindaco di Novara andava fatta con il Superbonus. Un circolo virtuoso. “Meno costi delle bollette e di conseguenza più soldi in tasca per le famiglie che faticano ad arrivare a fine mese”.

I sindacati condividono l’idea di un piano “urgente che metta al centro la casa come filiera industriale da sostenere per l’economia e che risponda al disagio abitativo che produce speculazioni a danno dei lavoratori”. Le parole sono quelle di Antonio Di Franco, segretario generale di Fillea-Cgil. “Il disagio abitativo è una emergenza nazionale e dalle scelte fatte dal Governo sul Pnrr non arrivano le risposte giuste.  Un’occasione sprecata che tradisce gli obiettivi della missione 2 del Pnrr: ridurre diseguaglianze sociali e territoriali . Troppe poche risorse per l’edilizia sociale e popolare.  Dall’ indagine Ifel si evince in maniera chiara che il problema non sono i Comuni, che si dimostrano attenti e dinamici,  bensì le scelte fatte a monte dal Governo. Troppe poche risorse per manutenzione ed efficientamento dell’ edilizia sociale pubblica e del tutto insufficienti quelle finalizzate a nuova edilizia popolare”, commenta il numero uno dei lavoratori edili del sindacato di Corso Italia, pronto anche a contestare l’uso dei Fondi di sviluppo e coesione per altri interventi come ad esempio il Ponte sullo Stretto, cui la manovra di bilancio dà quasi 4 miliardi, attingendo proprio da quel paniere, “Si fa coesione sociale garantendo una casa dignitosa a tutti, è un dovere morale”.



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