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di Domenico Moro
“Contro la sinistra liberale” di Sahra Wagenknecht è senza dubbio uno dei più importanti libri di critica delle società del capitalismo cosiddetto avanzato, specialmente di quelle dell’Europa occidentale, usciti negli ultimi anni. Non è un caso se in Germania il libro, il cui titolo originale è Die Selbstgerechten, ossia i Presuntuosi, è stato in cima alle classifiche di vendita per molto tempo.
Il testo è scritto, infatti, in modo molto semplice, in grado di essere recepito da parte di un vasto pubblico anche se i temi trattati sono complessi. L’interesse principale del libro consiste nel fatto che l’autrice svolge una critica alla sinistra oggi dominante, sviluppando una analisi delle società a capitalismo avanzato, della ideologia di sinistra e soprattutto della composizione sociale delle classi sociali derivata dalle modificazioni dovute alla modernizzazione capitalistica degli ultimi decenni.
A incuriosire alla lettura di questo libro è, però, anche il fatto che l’autrice non è una semplice intellettuale, bensì una politica molto nota in Germania, che ha raccolto risultati positivi con la sua forza politica di recente costituzione. BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit, in italiano Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia) è una scissione dal partito Die Linke ed è stata fondata il 26 settembre 2023 come associazione e l’8 gennaio 2024 come partito. Nel giro di soli sei mesi BSW ha dimostrato inaspettatamente di essere un partito capace di raggiungere risultati lusinghieri. Alle elezioni europee di giugno 2024 è risultato essere il quinto partito con il 6,2% dei voti, mentre Die Linke scivolava al 2,7%. Le roccaforti di BSW sono nella ex Germania est, la zona più povera del Paese, dove alle europee era il terzo partito con il 13,8%. Il risultato positivo nella ex Germania est si è ripetuto alle regionali tenutesi a settembre in Turingia (15,8%) e in Sassonia (11,8%), dove BSW si è confermata la terza forza politica.
Tali risultati, molto differenti da quelli raggiunti dalla sinistra radicale italiana, destano quantomeno curiosità per l’impostazione e il programma che hanno consentito a BSW di ottenerli. Ovviamente l’Italia non è la Germania e tra i due paesi ci sono differenze significative, ma come vedremo, ci sono anche somiglianze notevoli e quanto scritto dalla Wagenknecht merita attenzione.
L’autrice parte dalla affermazione della estrema destra di Afd che è stata confermata alle recenti europee, dove è risultato essere il secondo partito con il 15,3% dei voti, superando i partiti della sinistra di governo, in particolare i socialdemocratici della Spd (13,9%) e i Verdi (11,9%). Indipendentemente dal fatto che Afd sia un partito neonazista, come alcuni denunciano, o un “semplice” partito di estrema destra si tratta di un risultato preoccupante e significativo del terremoto politico in corso in Germania.
Mentre la maggior parte degli osservatori e commentatori dei mass media attribuiscono i risultati elettorali di Afd allo spostamento a destra dell’elettorato, la Wagenknecht dà una spiegazione controcorrente: il terreno per l’ascesa della destra è stato preparato dai partiti di sinistra sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista politico e culturale.
La sinistra alla moda
Questo è accaduto perché la sinistra ha subito negli ultimi decenni una trasformazione genetica. Un tempo la sinistra si caratterizzava per la difesa delle classi subalterne. Oggi, la Wagenknecht definisce la sinistra con il termine di sinistra alla moda, nell’originale tedesco Lifestyle-Linke, letteralmente “sinistra dello stile di vita”, in quanto non pone più al centro della sua azione problemi sociali e politico-economici bensì lo stile di vita, le abitudini di consumo e i giudizi morali sul comportamento. Il cammino per arrivare a una società più giusta non passa più per le lotte sociali ma soprattutto attraverso simboli e linguaggio come evitare il maschile per indicare il plurale dei nomi sostituendolo con gli asterischi.
Operai industriali e semplici impiegati pubblici tra 1990 e 2020 hanno smesso di votare per i partiti di sinistra tradizionale da cui non si sentono più difesi a livello socio-economico né rappresentati a livello culturale. Oggi a votare a sinistra sono per lo più persone che abitano nelle grandi città, hanno una buona cultura e stipendi migliori.
Tra gli anni Cinquanta e Settanta l’organizzazione degli operai, fondata su orientamento alla comunità, solidarietà e responsabilità reciproca, permise di migliorare gradualmente la situazione economica delle classi subalterne. La situazione ha cominciato a cambiare in peggio dal 1975 con una accelerazione negli anni Novanta, che ha determinato il passaggio dalla società industriale a quella del terziario. I principali fattori di questo passaggio sono tre: l’automazione, l’outsourcing e soprattutto la globalizzazione, che ha determinato lo spostamento di molte produzioni industriali all’estero. La responsabilità della globalizzazione è da attribuire alla politica che ha rinunciato al controllo dei capitali. La grande sconfitta della globalizzazione è stata la classe operaia del mondo occidentale mentre ha portato alla crescita enorme della ricchezza delle classi superiori.
Il nuovo ceto medio dei laureati e la loro ideologia
A questo punto la Wagenknecht introduce un concetto originale che rappresenta uno degli aspetti sociologicamente più interessanti della sua analisi: la nascita del nuovo ceto medio dei laureati. Infatti, la globalizzazione e la società dei servizi produce anche nuove professioni ben pagate per i laureati nelle banche d’investimento, nei servizi digitali, nel marketing, nella pubblicità, nella consulenza e nell’attività legale. Questo nuovo ceto medio si differenzia sia dalla piccola borghesia sia dalla classe operaia non solo per formazione, profilo di attività e luogo di residenza ma anche per atteggiamento, valori e stile di vita, basato sull’acquisto di prodotti che trasmettono una identità morale esclusiva. La sensazione che trasmette il mondo del lavoro di questo nuovo ceto è quella di essere liberi, senza legami e cittadini del mondo, ossia il cosmopolitismo.
Tuttavia non tutti quelli che conseguono una laurea fanno parte di questo nuovo ceto medio, essendoci anche un nuovo ceto basso dei laureati che, insieme al ceto medio classico, non può certo essere annoverato tra i vincitori della globalizzazione. Il nuovo ceto medio dei laureati è il prodotto del ritorno del privilegio dell’istruzione. Infatti, i lavori meglio pagati non sono raggiungibili con capacità ottenibili con il normale percorso di formazione pubblica, ma avendo disponibilità finanziarie familiari importanti che permettano la frequentazione delle scuole migliori, ripetuti viaggi di formazione linguistica all’estero e periodi di tirocinio gratuito presso importanti aziende. Il nuovo ceto medio dei laureati è un ambiente esclusivo, in cui è impossibile entrare partendo da posizioni più svantaggiate ed ha influenza sulle opinioni della gente, occupando posizioni chiave nei media e nella politica.
L’ideologia di questo nuovo ceto è il liberalismo di sinistra che deriva dal neoliberismo e si lega ai suoi valori e sentimenti. Il liberalismo di sinistra è divenuto la narrazione dominante. Con l’ingresso degli esponenti di questo pensiero, che si identifica con la generazione del ’68, ha avuto luogo l’allontanamento della socialdemocrazia della Spd dalla classe operaia e la sua trasformazione in partito dell’amministrazione pubblica, degli insegnanti e dei lavoratori del sociale. Ma i partiti di sinistra, in particolare i verdi, in tutti i paesi europei sono i partiti dell’ambiente urbano dei laureati.
Il liberalismo di sinistra si fonda sulla politica identitaria che rivolge la sua attenzione a minoranze sempre più piccole e stravaganti, mirando alla santificazione della disuguaglianza. A essere inficiato è il tradizionale valore di sinistra dell’uguaglianza, che è sostituito dalla differenziazione tra gli individui, e che si traduce nella politica delle quote. La politica identitaria svia l’attenzione dai rapporti di proprietà e dalle strutture sociali per rivolgerla a specificità individuali come l’etnia, il colore della pelle e l’orientamento sessuale. Persino Blackstone, una delle maggiori società finanziarie del mondo, ha adottato la politica delle quote, dichiarando di voler fare in modo che almeno un terzo del suo consiglio d’amministrazione non sia più rappresentato da maschi bianchi e eterosessuali. Per la parte più povera e realmente svantaggiata quote e diversity non cambiano di una virgola la propria situazione. La politica identitaria crea spaccature proprio lì dove sarebbe necessaria la solidarietà e rabbia in chi ha avuto tutto da perdere dai mutamenti sociali della globalizzazione e vede soggetti privilegiati e con reddito elevato recitare pubblicamente la parte delle vittime discriminate.
La politica identitaria ha prodotto disastri anche tra gli immigrati. I liberali di sinistra invece di aiutare gli immigrati a integrarsi hanno finanziato organizzazioni, come quelle estremistiche islamiche, che si ponevano come priorità il consolidamento dell’identità di gruppo distinto dalla maggioranza e dagli altri gruppi etnici. Il multiculturalismo è, in realtà, il fallimento dell’integrazione e la distruzione del senso di appartenenza alla comunità, presupposto più importante per la solidarietà e la giustizia sociale. In base all’ideologia del liberalismo di sinistra il senso di appartenenza e di comunità all’interno di un paese appare come qualcosa di destra e di reazionario. Inoltre, il liberalismo di sinistra introduce un’altra minoranza da tutelare: quella dei poveri e degli emarginati. In questo modo, si ha la cancellazione dello Stato sociale a favore di una assistenza umanitaria per i poveri, che difficilmente si rivelerebbe utile per il ceto medio e medio-basso.
Aspetto importante del liberalismo di sinistra è l’affermazione di una società aperta che, potendo essere estesa oltre i confini nazionali, si accompagna alla rivendicazione di una cittadinanza globale o almeno europea (cosmopolitismo). Lo slogan dell’apertura al mondo e la posa da cosmopoliti sono una giustificazione delle trasformazioni liberali degli ultimi anni e della mancanza di volontà di assumersi le proprie responsabilità di fronte a quella fascia di popolazione autoctona cui sono stati tolti non solo i posti di lavoro ma anche le garanzie sociali.
In realtà la società aperta se, da una parte, porta alla permeabilità dei confini per chi non appartiene a un certo Stato, dall’altra parte innalza tra le classi sociali muri che sono sempre più difficili da superare. Anche la tanto acclamata emancipazione della donna è stata in realtà l’emancipazione della donna laureata del ceto superiore o medio-superiore.
Il neoliberismo di sinistra contribuisce a una politica utile soprattutto ai ricchi, riuscendo nell’intento di dividere il ceto medio dal punto di vista politico-culturale e di impedire la nascita di maggioranze politiche che guardino a un diverso progetto di futuro.
L’immigrazione
Quello dell’immigrazione è un problema delicato che viene agitato dalla estrema destra in tutti i Paesi europei. Questo è particolarmente vero in Germania, che ha accolto una quantità notevole di immigrati, soprattutto dopo lo scoppio della guerra in Siria e che ha visto l’Afd crescere proprio grazie a questa tematica. BSW ha assunto in proposito una posizione diversa da quella dei liberali di sinistra, che gli è costata diverse accuse di razzismo. Per questa ragione è importante vedere quale sia la posizione reale della Wagenknecht.
In primo luogo, il liberismo di sinistra è per l’accoglienza di tutti gli immigrati, ritenendo che qualsiasi posizione diversa contravverrebbe ai più elementari comandamenti morali tra cui la disponibilità ad aiutare il prossimo e la solidarietà. Secondo la Wagenknecht, invece, i paesi ricchi esercitano un neocolonialismo bello e buono attirando lavoratori qualificati da paesi poverissimi che hanno speso molti soldi per la formazione di quei professionisti privandosi poi del loro contributo alla società di quei paesi. Ad esempio, la penuria di medici e infermieri ha condotto alla chiusura di molti ospedali in Bulgaria e Romania, di cui si è sentito l’effetto durante il Covid. Inoltre, secondo il Fondo monetario internazionale, in assenza di emigrazione, tra 1995 e 2012, i Paesi dell’Europa dell’Est avrebbero avuto il 7% di crescita in più.
Va, inoltre, operata una distinzione tra immigrati, per cause economiche, e profughi, che vengono costretti a lasciare le loro terre dalla guerra per rifugiarsi in paesi vicini e altrettanto poveri. L’Europa non può accogliere 60 milioni di profughi ma potrebbe fornire le risorse alle associazioni che si occupano di queste persone. Invece, rileva la Wagenknecht, i fondi europei sono pochi e molti paesi europei hanno scalato le spese per l’integrazione degli immigrati dagli aiuti ai paesi in via di sviluppo.
A trarre vantaggio dall’immigrazione sono gli imprenditori cui interessano due cose: disporre di forza lavoro a basso costo e creare divisioni tra i dipendenti. Per questa ragione la sinistra si è battuta nel passato per la riduzione dell’immigrazione. Ciò avvenne durante la repubblica di Weimar e nel ’73 quando il cancelliere socialdemocratico Willy Brandt interruppe il reclutamento dei lavoratori dall’estero. La Spd di oggi – rileva la Wagenknecht- lo avrebbe definito vicino a Afd.
Oggi la prevalenza della narrazione liberista di sinistra ha fatto sì che i sindacati non si azzardino più a problematizzare l’impiego di forza lavoro immigrata: anche solo parlare del legame tra immigrazione e dumping salariale è visto come una blasfemia. Eppure la diminuzione del 20% dei salari registrata in Germania in molti settori, oltre che alle riforme del mercato del lavoro del governo Schröder, può essere attribuito all’alto tasso d’immigrazione. L’ingresso degli immigrati provoca, inoltre, l’aumento degli affitti dove vive la popolazione autoctona meno agiata.
Chi vuole davvero promuovere la sviluppo dei paesi poveri, conclude la Wagenknecht, dovrebbe mettere fine alle guerre interventiste occidentali e al sostegno alle guerre civili e introdurre una differente politica commerciale, impedendo, ad esempio, la fuga dei cervelli dai Paesi poveri.
Viviamo davvero nell’epoca delle destre?
Quali sono le ragioni dell’affermazione dei partiti di destra in Germania e nel resto d’Europa? Secondo alcuni chi vota la destra rappresenta il quinto della popolazione che è contro la società liberale. Tuttavia, ciò non spiega perché solo ora gli elettori votino in massa per Afd, quando pure in precedenza c’erano partiti di destra. La verità è che gli elettori non votano a destra per convinzione ma per protesta. La parte di collettività svantaggiata dalla politica di questi anni ha smesso di votare per i politici che ignorano i suoi interessi e disprezzano le sue concezioni di vita sociale e il modo di vivere, definito retrogrado e provinciale. Gli elettori di destra vivono nelle campagne e in piccoli centri industriali, dove la disoccupazione è elevata, le infrastrutture carenti e l’immigrazione elevata, mentre in città vivono nelle aree di disagio sociale. Questi settori prima si sono rifugiati nell’astensionismo e successivamente hanno dato sfogo alla frustrazione e alla rabbia votando per le destre.
Abbiamo spiegato perché la sinistra alla moda non riesce a raggiungere questi elettori, ma perché la destra ci riesce? La prima ragione è la critica all’immigrazione, che è al centro del programma di tutte le destre, dal momento che la maggioranza degli europei ritiene che ci siano troppi immigrati. Alla base della ostilità di certi settori sociali verso l’immigrazione incontrollata esistono certamente ragioni culturali ma c’è soprattutto un problema concreto: la concorrenza per i posti di lavoro, le case e le prestazioni sociali. Negare questi problemi – sostiene la Wagenknecht – e interpretare il dibattito sull’immigrazione come un problema di atteggiamento morale rende la sinistra alla moda impossibile da votare. Inoltre, se solo la destra prende atto dei problemi legati alla immigrazione e la sinistra critica moralmente i poveri “arrabbiati”, il tenore e il tono del dibattito verranno decisi dalla destra che dipingerà gli immigrati come semplici intrusi malintenzionati.
Un’altra ragione del successo della destra è l’opposizione al liberismo di sinistra che manifesta la massima adesione al neoliberismo, allo smantellamento dello Stato sociale e alla globalizzazione. Per questo la destra parla agli svantaggiati non solo a livello culturale ma anche a livello di interessi materiali. Trump ad esempio ha messo al centro dei suoi discorsi la decimazione dei posti di lavoro da parte della globalizzazione, imponendo dazi sulle importazioni, provvedimenti che molti dei suoi sostenitori hanno apprezzato. Un altro esempio è rappresentato dal PiS, partito di estrema destra polacco che, dopo la sua vittoria nel 2015, formulò il più grandioso programma sociale della storia polacca, assegnando come assegno sociale una somma elevata, riducendo così la povertà del 40%. Inoltre, il PiS ha introdotto il salario minimo al di sopra di quanto richiesto dai sindacati, ha ridotto l’età di pensionamento per uomini e donne, e varato altre misure che sono espressione di una politica che ci aspetteremmo – nota la Wagenknecht – da partiti socialdemocratici e progressisti.
Ma non si stratta solo della Polonia, in Francia il Rassemblement National di Marine Le Pen chiede di ridurre i tagli alla spesa sociale, di reintrodurre la tassa patrimoniale, di aumentare gli investimenti statali e le prestazioni sociali, in Olanda il PVV lotta contro l’allentamento delle tutele contro il licenziamento, contro l’innalzamento dell’età pensionabile e contro la riduzione del salario minimo. Infine, in Ungheria il tanto vituperato Fidesz di Orban ha contrapposto al liberismo economico e al controllo dell’economia ungherese da parte degli investitori esteri la sovranità statale e l’interventismo statale. Le misure prese da Fidesz come la rinazionalizzazione di imprese energetiche strategiche, e l’introduzione di tasse speciali per le multinazionali e le transazioni finanziarie sono tutte misure che – nota sempre la Wagenknecht – non esiteremmo a definire di sinistra.
Infine, c’è una terza ragione del successo della destra: la critica all’Unione Europea e ai burocrati che siedono a Bruxelles. Il nucleo centrale dei programmi di tutte le destre della Ue è la difesa della sovranità nazionale e il contrasto alla centralizzazione dei poteri portata avanti dai commissari di Bruxelles, figure verso le quali il popolo non nutre alcuna fiducia. Ad esempio la Commissione europea ha chiesto per ben sessantatré volte ai paesi europei di tagliare la sanità e accelerare la privatizzazione degli ospedali, per cinquanta volte di introdurre misure per frenare la crescita dei salari e trentotto volte misure per facilitare i licenziamenti. La Corte di giustizia europea favorisce le grandi multinazionali e peggiora le condizioni dei lavoratori e del ceto medio. La Wagenknecht è stata più volte accusata di essere sovranista e perciò di destra. In realtà il suo sovranismo non è nazionalismo, bensì la richiesta di collocare il potere decisionale laddove è maggiormente possibile decidere in modo democratico, cioè a livello nazionale. La conseguenza di questo sarebbe la ristrutturazione della Ue in una confederazione di democrazie sovrane. In questo modo, nei singoli paesi varrebbe soltanto ciò che viene deciso dai rispettivi parlamenti nazionali.
Mentre il rifiuto popolare dell’orientamento europeista è stato subito colto e sfruttato elettoralmente dalla destra, i liberali di sinistra bollano chiunque critichi l’Ue come antieuropeista e nazionalista, cosa che li allontana sempre più dalle classi meno abbienti. La presentazione delle destre come avvocati del popolo contro l’élite corrotta è una componente invariabile della destra, che risulta credibile perché contiene un nucleo di verità: le democrazie occidentali non funzionano più, in quanto potenti lobby esercitano molta più influenza sulla politica dei normali cittadini. Per questa ragione la narrazione dei liberali di sinistra secondo cui tutti i democratici devono unirsi come i nemici di destra della democrazia suona ipocrita e stonata a chi è stato danneggiato dalla politica della sinistra liberale. Anzi, il fatto di essere odiati dall’establishment e da tutti gli altri partiti rafforza i partiti di estrema destra.
Eppure la maggioranza dei cittadini, nonostante rifiuti le idee dei liberali di sinistra, dal punto di vista socio-economico si colloca a sinistra. Ad esempio il 73% degli interpellati di un sondaggio di Der Spiegel ritiene che vadano aumentate le tasse per i redditi alti e diminuite per quelli bassi e il 60% richiede l’introduzione di una imposta patrimoniale. Non si può parlare, quindi, di epoca delle destre. La maggioranza non è di destra bensì terribilmente insicura e delusa dai liberali di sinistra, che hanno fallito nel parlare a questa maggioranza che è innegabilmente di sinistra dal punto di vista socio-economico. Anche l’idea che atteggiamenti illiberali possa condurre questa gente a votare a destra è priva di fondamento: in Germania il 95% dei cittadini ritiene giusta una legge che protegga gli omosessuali.
La grande maggioranza della popolazione non è costituita da retrogradi e razzisti ma è irritata dal fatto che al centro dell’attenzione pubblica ci siano sempre e solo i progetti di vita delle minoranze e talora di minoranze minuscole. La maggioranza non è neanche nazionalista ma pensa che solo lo Stato nazionale possa garantire la sopravvivenza dello Stato sociale.
L’epoca delle destre è un gigantesco imbroglio in quanto misura l’essere di destra in base al rifiuto dell’ideologia liberale di sinistra e non sulla base dei tratti che l’hanno caratterizzata tradizionalmente, bollando così posizioni condivise da ampie fette di popolazione come di destra. La battaglia culturale dei liberali di sinistra contro la destra la asseconda. Quanto più i toni saranno offensivi e quanto più certe posizioni verranno definite di destra tanto più verranno rivolte simpatie a chi non insulta o disprezza a livello etico l’interlocutore.
Due temi, in particolare, hanno avuto questo un effetto boomerang: la politica dell’immigrazione e il cambiamento climatico. Per quanto riguarda l’immigrazione, molti hanno vissuto sulla propria pelle le conseguenze di flussi migratori molto ampi. Per quanto riguarda il cambiamento climatico, Fridays for future e i liberali si sinistra hanno reso il dibattito sul clima un dibattito sugli stili di vita e messo al centro di tutto la proposta di una tassa sulla CO2. Di conseguenza il pacchetto sul clima del governo tedesco ha colpito in maniera sproporzionata il ceto medio-basso e i poveri con l’aumento del prezzo del gasolio, dell’energia elettrica e della benzina. Del resto, lo stesso è accaduto in Francia dove le stesse misure hanno rappresentato la miccia che ha fatto divampare la protesta dei “gilet gialli”.
La paura del domani si va diffondendo in ampie fette della popolazione. I liberali di sinistra contribuiscono alla diffusione di questa paura con le loro battaglie culturali che spaccano una maggioranza che, dal punto di vista socio-economico, è di sinistra, innanzano muri di ostilità tra chi ha una laurea e chi non ce l’ha. L’obiettivo è impedire che maggioranze antiliberiste si trasformino in maggioranze politiche.
Non esiste un’epoca delle destre né derive sociali destrorse. Esistono partiti di destra che stanno acquistando forza e influenza a causa dei comportamenti dei liberali di sinistra. La Wagenknecht conclude la prima parte del suo libro con le seguenti parole: “Ma finché la sinistra non offrirà una narrazione progressista credibile e un programma convincente, che non si rivolga soltanto al numero sempre più grande dei laureati meno abbienti, ma anche agli interessi sociali e ai valori degli operai, di chi lavora nel settore dei servizi nonché della classe media tradizionale, sempre più elettori provenienti da questi ultimi ambienti cercheranno una casa sul lato opposto dello spettro politico. A un certo punto, poi, una parte di questi elettori comincerà anche a parlare e a pensare nel modo in cui si parla da quelle parti.”[i]
Conclusioni
L’Italia, la Francia e altri paesi europei presentano le caratteristiche che Sahra Wagenknecht descrive a proposito della Germania. Un po’ in tutta Europa la sinistra si è fortemente indebolita sul piano elettorale a causa dell’essere stata la principale o tra le principali forze politiche che hanno favorito le modificazioni sociali che si sono tradotte nello smantellamento dello Stato sociale, nella precarizzazione, nell’outsourcing e soprattutto nella globalizzazione che ha fortemente ridotto i salari. Di conseguenza gli elettori, compresi molti di sinistra, si sono o rifugiati nell’astensionismo, che in Italia alle ultime politiche del 2022 è stata del 36% nove punti in più che nel 2018, o nel voto per l’estrema destra. Secondo Sahra Wagenknecht i partiti di estrema destra sono diventati i nuovi partiti operai se non per gli iscritti sicuramente per gli elettori. A confermare le parole di Wagenknecht c’è stata in Italia l’affermazione di Fratelli d’Italia, che, unico partito a non aver appoggiato il governo Draghi, ha potuto capitalizzare l’insoddisfazione e la rabbia di una parte importante dell’elettorato. Il Pd, come gli altri partiti socialdemocratici europei, per anni ha rappresentato l’espressione di quel liberismo di sinistra che viene denunciato nel libro della Wagenknecht. Mentre il Movimento Cinque Stelle ha rappresentato per qualche tempo la risposta alla insoddisfazione e alla rabbia dell’elettorato. Tuttavia, la mancanza di un programma definito e di un personale politico adeguato e soprattutto la partecipazione al governo Draghi da parte del Movimento ne ha minato la credibilità, che può essere ulteriormente ridotta dall’abbraccio con il Pd della Schlein e dalla ricostruzione di un centro-sinistra, dominato dal Pd, che ripeterebbe le scelte sciagurate del passato prodiano. Del resto, su diverse tematiche Schlein e Meloni non sono così distanti, a partire dalla guerra. Entrambe sono perfettamente allineate alla Nato e al sostegno all’Ucraina, nonché favorevoli all’invio di armi. Anche se il nuovo ceto urbano dei laureati è probabilmente meno diffuso in Italia che in Germania, esso rimane la base sociale e politica anche della sinistra italiana, dal Pd ai verdi. Allo stesso modo il liberismo di sinistra rimane l’ideologia dominante nel Pd, nonostante il maquillage che la Schlein ha imposto al partito. Per queste ragioni il libro della Wagenknecht è uno strumento utile a orientarsi in una fase confusa in cui la categoria di sinistra, completamente rovesciata rispetto alle sue origini, va ridefinita in modo radicale.
[i] Sahra Wagenknecht, Contro la sinistra liberale, Fazi editore, Roma 2022, p.263.
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