affrontare le criticità in Abruzzo

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In Abruzzo, il tema della situazione carceraria torna prepotentemente al centro dell’attenzione grazie a una lettera aperta inviata al nuovo Garante per le persone private della libertà personale, l’Avvocato Scalera. Le parole espresse nella missiva evidenziano un quadro allarmante, ma aprono anche uno spiraglio di speranza per una possibile svolta nella gestione del sistema penitenziario.

La lettera, firmata da Mauro Nardella, Vice Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria (SPP), pone al centro delle preoccupazioni la condizione logistica dei penitenziari abruzzesi, caratterizzati da gravi carenze strutturali e da un sovraffollamento cronico che mette a dura prova sia i detenuti che il personale di polizia.

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Tra i principali problemi segnalati spiccano la mancanza di docce e acqua calda in alcune celle, una situazione che risulta inconcepibile in un paese che ambisce a garantire diritti fondamentali anche a chi è privato della libertà. A ciò si aggiunge la cronica carenza di personale: la Polizia Penitenziaria in Abruzzo conta quasi 19.000 unità in meno rispetto a quelle necessarie a livello nazionale. Questo squilibrio, secondo Nardella, rende impossibile gestire adeguatamente il sovraffollamento e assicurare un ambiente dignitoso.

Particolarmente critica è la situazione della casa circondariale di Pescara, che ospita 457 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 276 posti. Ma non è un caso isolato: le strutture di Sulmona, Teramo e Chieti presentano numeri altrettanto preoccupanti, evidenziando un divario crescente tra il numero effettivo di detenuti e le capacità logistiche degli istituti. Ad aggravare ulteriormente il quadro è la presenza di un alto numero di detenuti con problemi psichiatrici, spesso privi di un adeguato supporto sanitario.

“La situazione è insostenibile,” afferma Nardella, “ed è necessario un intervento immediato per restituire dignità ai detenuti e migliorare le condizioni di lavoro del personale penitenziario.” Tra le proposte avanzate, si evidenzia l’importanza di implementare misure concrete: il trasferimento dei detenuti psichiatrici in strutture più idonee, la costruzione di nuove infrastrutture e un incremento del personale dedicato.

Un altro aspetto critico riguarda la sicurezza interna degli istituti. A Pescara, ad esempio, il muro di cinta troppo basso rappresenta un rischio tangibile, così come la promiscuità tra detenuti con profili differenti, che alimenta conflitti e situazioni di pericolo. La costruzione di una scala riservata agli agenti, richiesta da tempo ma mai realizzata, rappresenterebbe una soluzione concreta per ridurre i rischi.

Il tema del sovraffollamento carcerario è un nodo cruciale che non riguarda solo l’Abruzzo, ma l’intero paese. Le misure promesse dal governo, come il trasferimento dei detenuti stranieri nei paesi d’origine o l’utilizzo di comunità terapeutiche per i tossicodipendenti, non hanno prodotto i risultati attesi. Al contrario, i dati mostrano un aumento delle presenze nelle carceri, con oltre 2.040 detenuti negli otto istituti abruzzesi, contro una capienza regolamentare di 1.634 posti.

Nardella pone l’accento su un altro punto fondamentale: il rispetto della legge e dei regolamenti esistenti. Dal 2000, anno di promulgazione del regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario, molte delle previsioni normative sono rimaste lettera morta. “È tempo di agire,” afferma, “e non di continuare a rimandare interventi essenziali per il benessere di tutti, detenuti e personale.”

Un esempio emblematico è rappresentato dalla casa di reclusione di Sulmona, dove i tre vecchi padiglioni attendono da anni un ammodernamento, mentre la costruzione di un nuovo reparto sembra procedere senza un piano organico di riqualificazione. “È fondamentale evitare che i lavori vengano accantonati. Rinnovare le strutture esistenti è una priorità per garantire condizioni di vita dignitose.”

La lettera aperta si conclude con un appello accorato al Garante, invitandolo a fare della sua missione un vero e proprio mantra. L’obiettivo non è solo risolvere le criticità esistenti, ma promuovere un cambiamento culturale che metta al centro la dignità e i diritti delle persone, indipendentemente dal loro status giuridico.

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