Adista News – Sacerdote economista del Burkina Faso: Il debito dei Paesi poveri fa appello al nostro senso etico

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Il debito estero è «un fardello enorme» per i Paesi poveri, «il che significa che praticamente tutta la vita del Paese sarà spesa per ripagare i debiti». Professore di economia e presidente dell’Università delle scienze di Kosyam nel Burkina Faso, François Kaboré, sacerdote gesuita, risponde alle domande di Vatican News, alla vigilia della 58° Giornata mondiale della Pace che si celebra oggi. L’intervista si concentra soprattutto su quella parte del messaggio di papa Francesco per il 1° gennaio in cui sostiene la necessità di ridurre, se non cancellare il debito dei Paesi poveri.

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Il Burkina Faso è il Paese africano fra i più indebitati. «Ogni anno – dice Kaboré – un Paese come il Burkina Faso purtroppo registra uno squilibrio di bilancio. La stragrande maggioranza dei Paesi con questa esperienza cronica di deficit di bilancio e debito, che si accumula nel tempo, si trova in Africa. E purtroppo un Paese come il Burkina Faso è uno di questi. Il suo prodotto interno lordo sarà di circa 21,4 miliardi di dollari nel 2024. Secondo la Banca Mondiale, il debito pubblico totale del Burkina Faso per il 2024 è stimato al 57,4% del suo PIL. Si tratta di un fardello enorme, il che significa che praticamente tutta la vita del Paese sarà spesa per ripagare i debiti». «Un povero – spiega –è  una persona che dipende essenzialmente dalla spesa sociale dello Stato per cose come la protezione sociale, l’assistenza sanitaria gratuita e l’istruzione gratuita. In Burkina Faso, si stima che il 40-45% della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà, nel primo trimestre del 2024 le autorità burkinabé hanno sborsato 42,6 milioni di dollari per rimborsare il debito estero. Questi milioni di dollari avrebbero potuto essere utilizzati per la protezione sociale, la sanità e l’istruzione, da cui dipende la vita dei più poveri. C’è un secondo elemento che colpisce i poveri e anche i meno poveri. Il debito impedisce di investire nello sviluppo di infrastrutture come strade e ponti. Quando queste infrastrutture esistono, vanno a beneficio di tutti».

Non è da trascurare, aggiunge, che l’indebitamento ha un pesante impatto sull’ambiente: «Più le persone sono povere, meno risorse e opportunità hanno per proteggere l’ambiente. Di conseguenza, i Paesi poveri operano all’interno di un modello che distrugge ancora di più l’ambiente, in particolare attraverso l’inquinamento o l’esaurimento delle risorse naturali perché sfruttate in modo incontrollato. Tutto ciò contribuisce al rapido deterioramento della nostra casa comune. Detto questo, si potrebbe avere l’impressione che sia solo attraverso la povertà che il debito ha un impatto sull’ambiente. Se prendiamo il caso del cambiamento climatico, che colpisce i poveri, la responsabilità è principalmente dei Paesi ricchi. I Paesi poveri non hanno i mezzi per far fronte a quello che è stato definito il debito ecologico dei Paesi ricchi».

«Non è del tutto utopico», secondo il professor Kaboré «pensare che i creditori possano cancellare i debiti. Ci sono diverse ragioni per questo. La prima è che questo è già accaduto in qualche misura in passato. Dal punto di vista economico non era nell’interesse dei creditori lasciare alcuni Paesi in default. Ci sono anche ragioni etiche e umane. Se riprendo il caso del Burkina Faso, che deve sottrarre più della metà della sua ricchezza per pagare il debito, da un punto di vista etico non fa onore all’umanità che la gente lavori quasi esclusivamente per pagare un debito estero. In secondo luogo, ci rendiamo conto che il debito non è solo colpa dei Paesi poveri. Spesso i Paesi creditori hanno una responsabilità nel contrarre un debito che può portare i Paesi a un processo di rimborso perpetuo. Credo che stia diventando un imperativo e un dovere morale sia per i Paesi poveri che per quelli creditori lavorare fianco a fianco per cancellare il debito, a patto che non sia una ripartenza perpetua».

Un processo, questo, il cui aspetto finanziario, sottolinea il ricercatore gesuita, «non va trascurato. Un Paese che cancella un debito – osserva – rinuncia a delle entrate, anche se per un Paese ricco i pochi miliardi dovuti hanno un impatto minimo sul bilancio. Il creditore dovrebbe rinunciare al potere di imporsi o al potere di dominare il Paese debitore. E credo che forse sia proprio questo il punto fondamentale. I Paesi creditori sono disposti a rinunciare al potere che hanno di controllare alcuni Paesi attraverso il servizio del debito? Questa domanda fa appello al nostro senso etico, a questioni di disuguaglianza e a questioni internazionali».

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L’intervista è leggibile nella sua forma integrale qui https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2024-12/debito-paesi-poveri-papa-francesco-giornata-mondiale-pace-africa.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=NewsletterVN-IT

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