Si attende l’arrivo dei dazi da parte della nuova amministrazione americana e in Europa pesano le incertezze politiche di Francia e Germania. Ma secondo gli analisti il Vecchio continente potrebbe beneficiare di maggiore coesione politica e di stimoli fiscali. Debito europeo incluso
Per una volta l’Italia è fuori dal quadrante del rischio paese. Per una volta il focus dei mercati è concentrato su Francia e Germania. A leggere le analisi di fine anno delle principali case di investimento e banche d’affari mondiali, si capisce che si è consolidata una certa fiducia nei confronti del nostro paese, percepito politicamente stabile. Si vede anche dallo spread sovrano, cioè la differenza di rendimento tra i Btp e i Bund tedeschi, che ha chiuso il 2024 a quota 115 punti base dai 170 di un anno fa esatto (quando si è insediato il governo Meloni, nell’autunno 2022, il differenziale era ben al di sopra dei 200 punti). La buona notizia è che l’Italia sta beneficiando del calo dei tassi d’interesse e della politica fiscale europea. La cattiva è che nonostante il supporto di Next Generation Eu, le previsioni di crescita di buona parte delle istituzioni economiche per il 2025 e il 2026 sono piuttosto piatte: oscillano tra lo 0,5 e lo 0,8 per cento. Il che fa riflettere sul fatto che senza la spesa dei fondi europei lo sviluppo del pil italiano nei prossimi due anni sarebbe quasi nullo. E però, questo supporto tutto europeo esiste e l’Italia, con il governo Meloni, ne sta beneficiando come mai era capitato agli esecutivi precedenti.
Intanto, l’Eurozona, sebbene abbia scansato la temuta recessione, veste i panni della lumaca rispetto agli Stati Uniti che rappresentano la vera sorpresa del 2024, anno in cui il paese è cresciuto sopra il 3 per cento secondo le ultime stime. Gli Stati Uniti, sotto la guida dell’Amministrazione di Joe Biden, hanno superato le più rosee aspettative confermandosi la principale potenza economico-finanziaria del mondo rispetto anche alla Cina, che ha ripreso sì la sua corsa alla crescita produttiva e rinforzato la sua capacità di paese esportatore, soprattutto nell’auto, ma ha perso credibilità presso gli investitori internazionali come testimonia il debole andamento dei suoi mercati finanziari (Hong Kong e Shangai) e il deflusso di capitali verso Wall Street, Borsa che nel 2024 è cresciuta del 30 per cento. Secondo Goldman Sachs, la crescita più forte degli Stati Uniti rispetto alle altre principali economie è stata in gran parte trainata “da un aumento smisurato della produttività e da un tasso di risparmio inferiore”, in pratica i consumatori americani sono stati più disposti a spendere le finanze familiari accumulate. E i progressi dovrebbero continuare nel 2025, anno del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Per Goldman Sachs, infatti, la politica commerciale sarà probabilmente uno dei principali motori delle prospettive economiche globali del nuovo anno “poiché ci aspettiamo che l’Amministrazione Trump entrante annuncerà dazi sulle importazioni dalla Cina e dalle auto europee subito dopo l’insediamento”.
Ma le tariffe maggiorate e il relativo aumento dell’incertezza in materia di politica commerciale potrebbero pesare in misura moderata sulla crescita globale e avere un modesto impatto sull’inflazione. Il motivo di questo ottimismo, come spiega anche un’altra importante casa di investimenti globale, Pimco, è che Trump punterà certamente a proteggere l’industria nazionale rendendo più costose le merci provenienti dall’estero, ma sa anche che questo potrebbe avere un impatto negativo sugli investitori della borsa newyorchese, che si muovono con una logica globale, e inoltre conosce i rischi di un dollaro troppo forte. “Se la tolleranza di Trump per un eventuale calo delle azioni è bassa, le sue politiche tariffarie, commerciali e di deficit saranno probabilmente più limitate, simboliche ed economicamente gestibili”, osserva Pimco.
Insomma, se la nuova Amministrazione americana, in cui Elon Musk avrà un ruolo preminente, terrà realisticamente un occhio sulle multinazionali e sui grandi fondi di investimento mondiali, non dovrebbe fare grandi danni. Nel complesso, a livello globale le prospettive per il 2025 sono caratterizzate da un cauto ottimismo con una crescita che dovrebbe attestarsi al tre per cento, un’inflazione stabile e la normalizzazione della politica monetaria. Secondo uno studio di Kairos, in Europa pesano le difficoltà macroeconomiche e le incertezze politiche di Francia e Germania, “tuttavia il Vecchio continente potrebbe beneficiare di una maggiore coesione politica e di stimoli fiscali, inclusa la possibile creazione di un debito europeo per affrontare sfide militari e infrastrutturali”. Un ruolo cruciale spetta alla Bce, il cui approccio ai tassi sarà fondamentale, secondo l’opinione unanime degli analisti, per smussare l’impatto negativo di tensioni geopolitiche e protezionistiche.
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