Livelli essenziali e tariffe: dal Tar un nuovo rinvio

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È stata ulteriormente rimandata l’entrata in vigore dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), l’elenco aggiornato delle prestazioni gratuite che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire a tutti i cittadini. Lo ha deciso un decreto sospensivo del Tar del Lazio, che ha rimandato anche l’adozione dei nuovi tariffari con cui lo Stato rimborsa le aziende della sanità privata per le prestazioni offerte in convenzione agli utenti. Gli aggiornamenti dei Lea e delle tariffe sono collegati in quanto il tariffario fissa i rimborsi che il Servizio sanitario nazionale deve versare alle aziende per l’erogazione gratuita delle prestazioni essenziali. L’aggiornamento però potrebbe essere rimandato solo di un mese: il Tar ha fissato al 28 gennaio la camera di consiglio in cui si deciderà sul provvedimento in modo definitivo.

È una vittoria – forse temporanea – per la sanità privata e una brutta notizia per quella pubblica. Tra le nuove prestazioni gratuite ci sono la procreazione medicalmente assistita, terapie oncologiche innovative, screening neonatali, il riconoscimento dell’endometriosi come malattia invalidante, la diagnosi e il monitoraggio della celiachia e l’inserimento di oltre un centinaio di patologie nella lista delle malattie rare. L’accesso a queste prestazioni sarebbe dovuto diventare gratuito proprio da oggi. Era una data molto attesa, perché i nuovi Lea erano stati individuati dal governo Gentiloni già nel 2017, senza però finanziarne l’effettività. Tutto era pronto a fine 2023, ma il governo ne aveva rinviato l’entrata in vigore al 2025 a causa delle proteste delle aziende private spalleggiate dalle Regioni. Per le aziende private le tariffe, che aumentavano di 400 milioni di euro il budget a disposizione, non erano infatti abbastanza remunerative. L’anno trascorso e l’erogazione di nuovi fondi per la sanità privata (sommati a quelli collegati al recupero delle liste d’attesa) non sono bastati a trovare la quadra e a far rientrare la protesta.

Sono state le medesime aziende private a ricorrere al Tar per bloccare un’altra volta l’operazione: «le nuove tariffe – spiegano i loro legali – non tengono conto dell’incremento dei costi e delle difficoltà operative causate dalla pandemia e dalla crisi economica. L’istruttoria che ha condotto all’approvazione delle tariffe è risultata inoltre incompleta e lacunosa. Non è stata garantita una rappresentazione adeguata dei costi reali e delle esigenze delle strutture sanitarie accreditate». Le aziende lamentano una riduzione media del 22-27% per i rimborsi, che ne comprometterebbe «la sostenibilità operativa». «Questo impatto – dicono ancora i legali – è particolarmente grave per le strutture private che potrebbero essere costrette a cessare l’erogazione dei servizi e per i cittadini che dovranno ricorrere a determinate prestazioni a proprie spese, creando evidenti disparità di trattamento». Il Tar però non è entrato nel merito: il decreto tariffe è stato sospeso a causa dell’«insussistenza dell’urgenza», una delle condizioni – spessissimo violate – che autorizzano il governo a legiferare invece di aspettare l’iter di parlamentare di un disegno di legge.

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In ogni caso, senza un accordo sulle tariffe la sanità privata accreditata potrebbe non collaborare a garantire i servizi considerati essenziali e di fatto bloccarne l’efficacia. Così ora le aziende sperano di ottenere una revisione al rialzo dei rimborsi. Tariffe troppo basse tra l’altro colpiscono anche le strutture pubbliche perché Asl e ospedali, soprattutto nelle regioni in piano di rientro, devono avere bilanci in equilibrio e allo stesso tempo garantire il rispetto di tempi appropriati nelle liste d’attesa. Ma il governo ha già stabilito un budget di 550 milioni per finanziare l’aggiornamento di Lea e tariffe (150 in più rispetto alla proposta respinta dalle aziende nel 2023) che a manovra appena approvata sarà difficile allargare.

È una nuova dimostrazione che i fondi per la sanità pubblica stanziati nella legge di bilancio, nonostante l’aumento nominale, non bastano a rispondere all’attuale domanda di salute. Commentando la decisione, l’opposizione sottolinea la difficoltà del problema che deve affrontare il ministro della salute: «Ora Orazio Schillaci si assuma le sue responsabilità e spieghi come vuole affrontare questo grave pasticcio, un ‘regalo’ di fine anno che dà la misura dello stato di crisi conclamata in cui versa il nostro Servizio sanitario pubblico» ha detto la capogruppo alla Camera dell’Alleanza Verdi Sinistra Luana Zanella.



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