L’Ipocrisia dei media italiani: Cecilia Sala e la libertà d’informazione a senso unico

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L’arresto della giornalista Cecilia Sala in Iran ha suscitato una reazione unanime nei media italiani, che hanno prontamente denunciato l’attacco alla libertà di stampa. Un episodio che Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, ha definito emblematico: “l’Iran con l’arresto di Cecilia Sala ha toccato quello che l’Occidente considera intoccabile, la nostra libertà”.

Una frase retorica che, però, svela un problema di fondo nella narrazione dominante: la libertà di informazione, per molti giornali e commentatori italiani, è un valore assoluto soltanto quando riguarda “noi”, l’Occidente, e si relativizza di fronte a violazioni commesse dai nostri alleati o dalle nostre stesse istituzioni.

Caso Cecilia Sala: la libertà di stampa come valore selettivo

L’indignazione espressa per Cecilia Sala è legittima, ma evidenzia una chiara discrepanza. Quando la libertà di informazione viene repressa da paesi nemici dell’Occidente – Iran, Russia, Cina – le reazioni sono rapide e indignate. Ma cosa accade quando la censura, la violenza o persino gli omicidi di giornalisti avvengono in contesti in cui l’Occidente ha responsabilità dirette o indirette?

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Lampante è il silenzio su Gaza e i giornalisti uccisi: non ci sono editoriali di Cerasa o di altri commentatori di rilievo che denuncino con la stessa enfasi i circa 200 giornalisti assassinati a Gaza. La narrazione ufficiale giustifica questi crimini attribuendoli a una presunta complicità dei reporter con Hamas, ignorando il contesto e le testimonianze che dimostrano il contrario.

E tornando indietro nel tempo, qualcuno ha memoria di campagne per Andrea Rocchelli? Il caso del fotoreporter italiano, ucciso nel 2014 durante il conflitto in Ucraina, è emblematico del doppio standard mediatico. Rocchelli documentava le sofferenze della popolazione civile nel Donbass, un racconto scomodo per Kiev e i suoi alleati occidentali. L’Italia ha accettato la versione ufficiale di un “errore isolato”, salvo poi ignorare le successive confessioni di militari ucraini che confermavano un ordine esplicito.

Libertà di informazione e propaganda

Il problema non è la difesa della libertà di stampa, che resta un principio sacro per qualsiasi democrazia. Il nodo cruciale è l’ipocrisia di un sistema mediatico che utilizza questo principio come strumento politico, denunciando solo le violazioni compiute dai nemici dell’Occidente e tacendo quando sono gli alleati a colpire.

Questa discrepanza mina la credibilità stessa di chi proclama di difendere la libertà di informazione. È difficile credere nell’imparzialità di un sistema che ignora crimini come quelli contro i giornalisti a Gaza o Rocchelli, mentre amplifica le violazioni commesse da paesi ostili all’Occidente.

Un’informazione a senso unico

Un’informazione selettiva non solo tradisce i suoi stessi principi, ma contribuisce a perpetuare un sistema di potere in cui i diritti fondamentali diventano merce di scambio geopolitico

Denunciare le repressioni in Iran quando avvengono è giusto e necessario, ma anche comodo per molta informazione mainstream, che spinge sul sensazionalismo sapendo che saranno spalancate enormi porte di visibilità e salotti di ‘legittimità democratica’ sulle tv nazionali. Non lo è altrettanto raccontare con onestà i crimini compiuti dai nostri alleati o dagli stessi governi occidentali.

Dunque, liberate Cecilia Sala subito, ma liberateci anche anche dall’ipocrisia dei soliti noti che pontificano sui grandi valori a senso unico. La libertà di informazione non può essere un privilegio occidentale, né un’arma contro i nemici di turno.

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