la sfida dei manager in Lombardia

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Nella premessa dell’indagine sull’economia lombarda vista dai manager, pubblicata da ManagerItalia nel novembre 2024 a supporto della partecipazione a Motore Italia Lombardia di Class Editori, c’è un dato interessante relativo alla crescita dei dirigenti privati in Lombardia. Ebbene nel 2022 la crescita è stata del 5% contro il 3,8 di quella italiana. Se si allarga l’arco temporale di riferimento quella crescita, dal 2008 al 2022, è salita al 14,5% (+6,7% Italia).  La Lombardia con un tasso di managerialità (1,7) è ben al di sopra della media nazionale che è di 0,9 dirigenti ogni 100 lavoratori dipendenti, ma se si esclude Milano (2,5%), ben lontano dai principali competitor europei. (nella foto sopra, da sinistra: Ignazio De Lucia, Giuseppe Carcano e Roberto Trentini)

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Secondo gli autori dell’indagine, ciò che differenzia il capitalismo familiare italiano da quello europeo è proprio la minor presenza di manager esterni alla famiglia dell’imprenditore in azienda. Un gap che è stato calcolato da un’analisi di Mediobanca, citata nell’indagine di ManagerItalia: solo il 28% delle imprese familiari vede operativi manager esterni al nucleo familiare, contro il 60% nei più avanzati e competitivi paesi europei.
«Questi dati confermano una realtà tutta italiana. È una semplice verità che ormai è entrata nello storytelling delle pmi: i nostri imprenditori hanno delle iperverticalità a dir poco geniali, ma ciò che gli manca è l’orizzontalità che puoi avere portando manager in azienda» dice Ignazio De Lucia, consulente aziendale, consigliere e membro di giunta di ManagerItalia Lombardia e referente territoriale per la provincia di Varese.

De Lucia, il gap di cui lei parla è culturale e riguarda l’imprenditore. Che cosa sta facendo ManagerItalia in provincia di Varese per invertire questa situazione?
«Come tutti i cambiamenti culturali, anche questo richiederà tempo e un’azione dal basso ben calibrata. Il primo passo è stato creare un team di manager volontari che ha un grande valore sia per le competenze che per l’esperienza messe in campo. Ma a differenza di altri progetti, quello che noi non volevamo fare era mettere in scena l’autocelebrazione della figura del manager. Abbiamo puntato invece a qualcosa di più strutturato che desse continuità e valore al progetto. Quindi ci siamo rivolti a Giuseppe Carcano, dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale di Varese, che ha dato la sua disponibilità e nel 2022 siamo partiti con un test, portando i nostri manager in cinque classi delle scuole superiori con un riscontro molto positivo. L’anno dopo siamo passati a 37 manager in altrettante classi. Quest’anno siamo a 57 manager per 57 classi. Un manager per ogni classe. Un patrimonio di conoscenza notevole, tenuto conto che parliamo di professionisti in attività, con un’età media di 50 anni, che sanno pesare l’importanza delle soft skill, cioè quelle attitudini personali e caratteriali che possono fare la differenza nel percorso professionale dei ragazzi».

Quanti sono stati gli studenti coinvolti in questo progetto? È un modello che replicherete anche in altri territori?
«Parliamo di oltre milleduecento studenti di scuole tecnico-commerciali. Dedicare un manager a ogni classe è un impegno di tempo notevole, ma noi crediamo che questa continuità mirata sia virtuosa e valorizzi la risorsa, rispetto invece a un incontro dove ci sono più classi contemporaneamente. Bisogna imparare a concentrarsi sulle persone e un po’ meno sul prodotto. La risposta degli studenti è stata notevole anche grazie al fatto che vengono preparati all’incontro. Come dicevo prima, non si tratta di fare l’autocelebrazione del singolo manager, bensì di ascoltare e dare informazioni e scenari di lavoro reali e utili per il futuro dei giovani. Pensate a quanta contaminazione cuturale all’interno delle loro famiglie possono portare questi ragazzi, indipendentemente dal fatto che siano o non siano titolari di un’azienda. È un modello replicabile e stiamo partendo con un test anche in altre province lombarde».

ManagerItalia è un sindacato, quali sono i vostri numeri in provincia di Varese?
«In provincia di Varese cresciamo in modo superiore rispetto al livello nazionale, nonostante da un po’ di anni questo territorio, insieme a Trento, perda dirigenza. È un risultato che ha premiato il lavoro fatto sul territorio dal nostro team di volontari che ha invertito la rotta. E poi, come ha sottolineato, noi siamo un sindacato e il nostro contratto è probabilmente risultato più appetibile di altri».

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