Il ministro Giorgetti si ritrova ricoperto dalle nuove richieste dei partiti di maggioranza dopo la chiusa della Legge di Bilancio all’insegna del rigore
Giancarlo Giorgetti sa bene che adesso arriva il momento difficile. Chiusa da neanche quarantotto ore una faticosa Legge di Bilancio all’insegna del rigore, dopo aver orgogliosamente rivendicato che «l’atteggiamento di prudenza del governo è un valore», si ritrova subissato dalle nuove richieste dei partiti della maggioranza, compresa la sua Lega, che già si lanciano verso la nuova tornata elettorale. Chi chiede gli sgravi Irpef per il ceto medio, chi vuole ampliare l’Ires premiale per le imprese, chi tagliare l’Irap, chi riproporre la pace fiscale con una nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.
La riduzione del debito
«Il vero valore che possiamo e dobbiamo difendere è la riduzione del debito pubblico» ha detto Giorgetti ai suoi collaboratori in queste ore. La prudenza, per ora, sta pagando. «Lo spread a 110-115 punti base — spiega — già significa, e lo certifica l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, un risparmio di 17 miliardi in tre anni, risorse che si liberano e che potranno essere destinate alla crescita dell’economia».
La spesa
Anche i suoi tecnici al ministero dell’Economia dicono senza mezzi termini che «non ci sarà nessuna fuga in avanti». Innanzitutto per ragioni squisitamente tecniche, legate anche ai nuovi parametri europei sui conti pubblici, che fanno riferimento ad un nuovo obiettivo, la spesa primaria netta: per non farla salire oltre l’1,5% annuo, ogni nuova misura di spesa dovrà essere pienamente compensata. Il concordato fiscale per gli autonomi, nei piani avrebbe dovuto finanziare il taglio dell’Irpef per il ceto medio. Una misura, tra le altre cose, che Giorgetti non ha mai difeso, promosso o contestato, ma che sicuramente il ministro non sente sua. Tra fine ottobre e il 12 dicembre, ultimo termine per aderire, i circa 600 mila autonomi che hanno accettato il patto col fisco hanno versato 1,6 miliardi di euro. Quanta parte dei questa somma sia effettivamente utilizzabile per finanziare una riduzione strutturale, cioè permanente, dell’Irpef, come chiedono Forza Italia e Fratelli d’Italia, si saprà con esattezza solo a ottobre 2025. Quando arriveranno i dati sulle dichiarazioni dei redditi di chi ha aderito relative al 2024.
Di quel miliardo e sei, alla fine, sarà utilizzabile una cifra certamente più bassa (gli autonomi avrebbero comunque pagato le tasse anche senza concordato, e di questo va tenuto conto). Comunque saremo lontani dai 2 miliardi che servirebbero per ridurre l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35 al 33%, alzando lo scaglione da 50 a 55/60 mila euro. In ogni caso, fanno capire al ministero dell’Economia, se ne riparlerà al momento di mettere mano alla prossima Legge di Bilancio, nel prossimo autunno. Ovvero, ripete Giorgetti, «una volta che si saranno stabilizzati i conti pubblici». Non domani, insomma, come vorrebbe parte della maggioranza, utilizzando subito i soldi del concordato preventivo. E anche la rottamazione quinquies delle cartelle esattoriali, chiesta a gran voce dal partito del ministro, la Lega, rischia di essere poco utile alla causa. Anche in questo caso il gettito della rottamazione non sarebbe immediatamente utilizzabile. Finora la maggior parte di chi ha versato le prime rate delle vecchie sanatorie, a un certo punto, ha smesso di pagare. E ogni rottamazione, fin qui, ha avuto esiti molto lontani dalle attese. Dalla prima di Renzi, 8,5 miliardi incassati su 17, alla seconda, 2,6 miliardi a fronte di 8,5 attesi, alla terza di Conte, 6,3 miliardi invece di 16, all’ultima, ancora in corso.
Gli strumenti
Ieri sulla questione è intervenuto anche Marco Osnato, responsabile economico di Fratelli d’Italia, per spegnere facili illusioni. «Siamo sicuramente a favore del taglio dell’Irpef per il ceto medio e anche all’aumento della platea dei beneficiari della flat tax. Gli strumenti per raggiungere questi obiettivi, però, non sono così semplici come fanno apparire Forza Italia e la Lega» ha detto Osnato.
«Un governo che non ha solo il fardello del Superbonus, ma deve pagare anche 90 miliardi di interessi l’anno sul debito non può permettersi di essere avventato o temerario» aveva detto Giorgetti all’approvazione finale della Legge di Bilancio. I prossimi mesi, in ogni caso, si annunciano difficili per il ministro dell’Economia, con la maggioranza che prova a strattonarlo. Lui proverà a garantire il dividendo della prudenza, la minore spesa per gli interessi dovuta ai buoni voti delle agenzie di rating e al calo dello spread.
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