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«Abbiano un Welfare che è un elefante sostenuto da formiche che lo pagano» sostiene Alberto Brambilla, presidente di Itinerari previdenziali ed in passato sottosegretario al Welfare nel secondo e terzo governo Berlusconi. La sua ricetta? Da un lato stop agli sconti fiscali e dall’altro sostegni a previdenza e sanità integrative, «che non vuole dire privatizzare queste funzioni».
Pierluigi Bersani, nell’intervista pubblicata di ieri da la Stampa ha sostenuto che il governo sta disarticolando il sistema fiscale a colpi di forfait, flax tax e cedolari secche spianando così la strada alla privatizzazione del Welfare. Che ne pensa?
«Proviamo a mettere in ordine cose: da circa una quindicina d’anni a questa parte sono state introdotte tutta una serie di regole fiscali per cui se guardiamo le ultime dichiarazioni dei redditi, che abbiamo elaborato e presentato recentemente, vediamo che il 40% dei contribuenti versa ben il 92% dei 190 miliardi di Irpef che incassa lo Stato, mentre il restante 60% versa il restante 8% col risultato che per garantire a tutti il Welfare (con una spesa che tra assistenza, pensioni, assistenza degli enti locali e sanità arriva al 52% del Pil) ogni anno lo Stato deve andare a debito per 80-100 miliardi».
Ma la flat tax per lei è giusta?
«No, come del resto tutta quella serie di condoni o strumenti come il concordato preventivo biennale, che come abbiamo visto si è poi risolto in un flop, venuti avanti negli ultimi anni. Cercare di risolvere i problemi fiscali italiani in questo modo è un grave errore, anche perché in questo modo dal 2015 in poi, con tutti i governi che si son messi a fare sconti di questo tipo, il gettito Irpef è cresciuto di pochissimo».
Positivo pagare meno tasse.
«L’insieme di tutti gli sconti fiscali fatti, a partire dal bonus da 80 euro di Renzi sino agli ultimi, esageratissimi, di questo governo, come la decontribuzione totale o lo sconto sino a 32 mila euro, l’abolizione di tutte le deduzioni o le detrazioni oltre i 75 mila euro, ha prodotto una situazione grave. Solo per garantire la sanità al 60% di italiani che versa appena l’8% di Irpef bisogna trovare 60 miliardi! Insomma, non c’è solo la destrutturazioni fiscale a cui guardare ma anche a tutto quello che viene dopo. Poi però c’è un altro punto delicato…».
Quale?
«La maggior parte dei paesi industrializzati si è resa conto che da un lato la popolazione invecchia e dall’altro che inevitabilmente i costi salgono, perché se si vive di più aumenta il peso delle pensioni e costano di più tutte le cure».
E quindi privatizzare il welfare è una strada obbligata?
«Privatizzato no: la struttura di base, quindi la previdenza obbligatoria per le pensioni e l’assistenza sanitaria integrativa obbligatoria, vanno fatte, Ma lo Stato non riesce più a garantire da solo tutti questi servizi: ha bisogno di un contributo individuale».
Tanti si lamentano di pagare troppo tasse e ricevere in cambio pochi servizi.
«Questo succede perché abbiamo sviluppato un welfare che è un elefante che poi solo le formiche pagano. E quindi non sta in piedi. In questo campo l’Italia è in ritardo su tutto: la Germania più di 25 anni fa ha reso obbligatoria una imposta per la non autosufficienza, lo stesso hanno fatto Francia e Gran Bretagna. Idem i fondi pensione: nei 36 paesi dell’Ocse valgono il 90% del Pil mentre noi siamo al 12%. Dovremmo agevolare questi strumenti mentre in Italia tanti pensano che favorire i fondi pensione significhi privatizzare le pensioni. Nulla di più sbagliato».
Sulla sanità in queste settimane opposizione e governo si sono scannati.
«Metteranno soldi in più ma non saranno sufficienti, perché ci portiamo dietro 25 anni di errori, a partire dal numero chiuso per i medici nelle università, i corsi per infermieri che durano sette anni (per cui tanto vale fare il medico o dedicarsi ad altro) e livelli troppo bassi degli stipendi. Non sono problemi che hanno due anni di vita e una come Schlein, se fosse in intellettualmente onesta, dovrebbe dire che “tutti abbiamo sbagliato in questi anni”, visto poi che la stessa sinistra ha azzoppato la legge sui fondi pensione, si è rifiutata di fare una legge sui fondi sanitari e di fare una norma sulla non autosufficienza. Però poi succede che il mercato e l’economia viaggino più veloce della politica per cui oggi abbiamo ben 17 milioni di italiani iscritti ai fondi sanitari di matrice contrattuale, quindi fatti da sindacati, e appena 9 milioni iscritti ai fondi pensione».
Perché quello della sanità è un problema che si tocca con più immediatezza: se ho bisogno di una Tac la voglio fare subito, non tra sei mesi.
«Esatto. E uno stato intelligente dovrebbe fare una norma per regolare bene questo sistema e allo stesso modo dovrebbe agevolare lo sviluppo dei fondi pensione. E comunque, se si vuole che previdenza e sanità pubbliche funzionino, bisogna che qualcuno paghi, per cui basta bonus e sconti fiscali».
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