Le tre ipotesi sull’incidente aereo in Corea del Sud (e il giallo del carrello di atterraggio non dispiegato)

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Impatto contro gli uccelli, errore dei piloti o grave problema tecnico: sono queste le piste sulle quali si indaga per spiegare la tragedia del volo Jeju Air. Il giallo del carrello di atterraggio non dispiegato

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Sono tre le ipotesi sulle quali si indaga per capire le cause del disastro aereo in Corea del Sud con un Boeing 737-800 del vettore locale Jeju Air finito fuori pista all’aeroporto di Muan nelle fasi finali di un volo decollato da Bangkok, Thailandia. Delle 181 persone a bordo sono morte 179, altre due si sarebbero salvate. Gli investigatori al momento si concentrano su tre possibili spiegazioni: un impatto con gli uccelli con conseguenze senza precedenti, un errore umano o un grave guasto tecnico all’ultimo. Con il passare delle ore — e in attesa dei dati delle «scatole nere» — tra gli addetti ai lavori prende piede l’ipotesi di azioni sbagliate da parte dell’equipaggio.

L’avviso di «bird strike»

Poco prima delle 9 del mattino (l’1 di notte in Italia) del 29 dicembre la torre di controllo dello scalo ha emesso un avviso di «bird strike», della possibilità di impatto con i volatili. Subito dopo — ha detto un funzionario del ministero dei Trasporti — i piloti del volo Jeju Air hanno dichiarato il «mayday» senza però specificare se l’allarme dal velivolo sia partito perché andato contro uno stormo. La tv News1 ha raccontato che un passeggero ha inviato un messaggio a un parente per dire che un uccello era rimasto incastrato nell’ala.




















































La fiammata al motore destro

Un video degli ultimi istanti dell’aereo prima di toccare la pista mostra una fiammata di meno di un secondo sul motore destro. Chi si trovava in quel momento a terra ha riferito di aver visto il Boeing volare in mezzo a uno stormo, di aver sentito «due o tre suoni di schiocco come se gli uccelli fossero stati ingeriti nei motori». Il «bird strike» — secondo gli esperti — potrebbe anche aver messo fuori uso il motore destro (e quello sinistro) ma difficilmente può aver distrutto i carrelli di atterraggio. 

Il volatile in cabina

Non si esclude che qualcuno dei volatili — soprattutto se di dimensioni significative — possa essere entrato in cabina, dopo aver distrutto il parabrezza, aver ferito uno dei piloti e reso la vita difficile all’altro soprattutto se si è ritrovato a gestire le ultime fasi di un volo in piena emergenza. Una cosa simile, ma senza conseguenze, è successa lo scorso 24 ottobre a un Boeing 737 Max della low cost canadese Flair Airlines. Ma al momento questa spiegazione non sembra prevalere.

L’errore umano

Prevale finora il timore dell’errore umano. Da capire se per il troppo carico di lavoro — in quelle fasi concitate —, decisioni sbagliate e allo stesso tempo il «bird strike» che può aver scombussolato le manovre. Gli esperti ragionano sull’ipotesi che lo stormo abbia messo fuori uso uno o entrambi i motori. Ma quasi tutti quelli consultati dal Corriere spiegano che non sono solo i motori (a potenza medio-alta) e il carrello non dispiegato, ma anche la posizione dei flap (le estensioni mobili delle ali che favoriscono l’aumento della portanza durante il decollo e l’atterraggio) ad essere «sospetta».  

I dubbi degli esperti

«Anche con entrambi i propulsori non funzionanti si possono gestire i flap per l’atterraggio», dicono tre comandanti di Boeing 737. Così come «si può ridurre la velocità». Siccome tutto questo non sembra essere successo o è accaduto qualcosa di «catastrofico» a livello strumentale o sono le decisioni dei piloti ad essere state «non idonee». Gli esperti consultati continuano a non spiegarsi il perché del carrello di atterraggio non dispiegato. «Con quella velocità in pista, senza ruote, il suono dei motori che sembrano avere troppa spinta e il muso che punta leggermente verso l’alto l’unica spiegazione è che i piloti abbiano tentato una “riattaccata” (cioè di riprendere quota, ndr) a quel punto disastrosa», dicono.

Lo scenario estremo

«È come se avessero dimenticato di dispiegare il carrello di atterraggio — si spinge a sostenere uno dei comandanti sentiti — e avessero cercato di decollare di nuovo dopo aver colpito la pista, quindi avrebbero provato a interrompere qualsiasi manovra». Anche in questo scenario, al momento ipotetico, «i piloti avranno sentito benissimo l’allarme del “Ground proximity warning system” (sistema che avverte i piloti del pericolo di collisione contro il terreno o un ostacolo, ndr).  Ma tutto questo lo si scoprirà dal “Flight data recorder” e “Cockpit voice recorder” (le due scatole nere, ndr)».

L’impatto a fine pista

Resta come terza pista investigativa il problema tecnico grave, slegato dal «bird strike» o causato dall’impatto con i volatili che potrebbe aver reso ingestibile il velivolo. In parallelo molti piloti contestano la presenza della collinetta di terra alla fine della pista nella quale si trovava il «localizzatore», l’impianto di antenne che fornisce la guida all’avvicinamento. Il Boeing si è scontrato ad altissima velocità proprio contro la collinetta per poi esplodere di fatto senza lasciare scampo a chi era a bordo. Non solo. I piloti si chiedono anche perché i vigili del fuoco non fossero già pronti a intervenire a bordo pista.

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29 dicembre 2024 ( modifica il 29 dicembre 2024 | 13:40)

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