“Perché uno psicanalista si occupa di Bibbia?” chiede don Giuliano Zanchi, direttore della Rivista del Clero Italiano, a Massimo Recalcati, psicanalista molto noto al grande pubblico e autore di numerose pubblicazioni, tra le quali “La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi” (Einaiudi, 2024).
“Ho iniziato quando sono diventato inspiegabilmente padre” risponde Recalcati.
L’incontro è avvenuto nella suggestiva cornice dell’aula-magna dell’Università di Bergamo, presso l’ex-chiesa di Sant’Agostino. A dialogare con il celebre psicanalista – docente universitario – scrittore, oltre a don Zanchi c’è la sociologa Chiara Giaccardi. I tre hanno raccolto l’invito fatto dagli organizzatori della Fiera dei Librai di Bergamo che ha avviato una rassegna di incontri con gli autori dal titolo “Librai per un anno 2024|25”.
C’è stato un incontro
All’origine della ricerca di Recalcati sulla Bibbia c’è quindi un fattore personale che si intreccia con alcuni ricordi di infanzia. L’autore confessa di aver avuto una formazione di stampo cattolico in una forma che definisce di “catechistica oppressiva”: il Dio giudice severo, il senso del peccato di cui avere orrore, il bisogno di ricorrere ai sacramenti per essere “in grazia”. Questo immaginario ha generato un senso di rifiuto per una religiosità pedante e lo spostamento su posizioni laiche. Ma l’avvento della paternità ha offerto l’occasione di indagare nuovamente il messaggio biblico. “C’è stato un incontro” con il Libro coerente con quanto suggerisce la Scrittura: “La Bibbia parla di Dio così: l’incontro è spiazzante, disarciona – come accaduto a san Paolo – è come la nostra vita, fatta di incontri”.
Psicanalisi e religione
Tutta la storia della psicanalisi ha a che fare con il fenomeno religioso pesantemente criticato da Freud e da tutti coloro che hanno continuato la sua opera. Per il fondatore della psicanalisi la figura di Dio non è altro che la proiezione nell’immaginario interiore della figura paterna che spesso è oppressiva e impositiva. Per chi assume il ruolo di terapeuta, l’immaginario religioso è comprensibile come una rinuncia alla libertà personale, genera una condizione di riduzione dell’umano.
Massimo Recalcati fa notare come sia la Bibbia stessa a muovere una critica verso la religione, molto prima di Freud. La condanna dell’idolatria e di tutte le sue forme è una costante nell’Antico Testamento. E anche Gesù si scontra con gli uomini religiosi del suo tempo: critica loro di aver fatto degenerare la fede in “commercio cultuale”. La scena evangelica della cacciata dai mercanti dal tempio è una sintesi plastica del
rifiuto operato da Gesù verso una forma religiosa orientata alla chiusura anziché all’apertura. Gesù contesta un’obbedienza alla Legge che mortifica alla vita.
Gesù e la critica alla religione
I libri di Massimo Recalcati nei quali si approfondiscono le grandi figure bibliche o le pagine più note della Scrittura sono molti. Nell’ultima pubblicazione l’autore si concentra sulle pagine del Nuovo Testamento e sulla figura di Gesù. Lo definisce in questi termini: un testimone, uno che “non dice la verità, la fa”. Il Maestro di Nazareth non pone pesi sulla vita delle persone ma offre un modo buono di vivere. Lui stesso è un amante della vita e lo dimostra anche nella sua preghiera al Getsemani. L’ipocrita è l’antitesi a Gesù: un uomo falso che “dice ma non fa”.
Purtroppo, osserva lo psicanalista, il cattolicesimo per molto tempo è stato “un peso messo sulle sulla vita di molti e solo una minoranza ha avuto una sensibilità anti-sacrificale”. La religiosità tradizionale ha richiesto obbedienza cieca e spesso ha ottenuto trasgressione: due facce della stessa medaglia, una strada a fondo chiuso. Il tema del dovere, il senso della legge, sono stati i concetti chiave dell’esperienza religiosa eppure il vangelo sembra spostare l’attenzione in un’altra direzione e Gesù è un contestatore del modo di intendere l’obbedienza e del conformismo.
La Legge del desiderio
Nella lettura del Nuovo Testamento, la via d’uscita individuata da Recalcati per liberarsi di una comprensione soffocante di Dio incoerente con il messaggio di Gesù è il recupero della forza del desiderio.
Si tratta di un tema centrale nella psicanalisi: la spinta vitale che si oppone alla morte e che ambisce alla totalità. Se bene inteso il desiderio non è contrario all’insegnamento evangelico.
“La legge dell’amore chiede totalità, come il desiderio”. Quindi c’è un desiderio che è profondamente evangelico. Il desiderio non è l’antitesi del dovere ma un modo autentico di intenderlo: la salvezza potrebbe essere raccontata come “fare del desiderio il proprio dovere”. Gesù cancella il modo di osservare la Legge ma ne salva il nucleo fondamentale: la vocazione a essere a servizio della vita, non della morte. E porta questa considerazione all’estremo.
Sacrificio o donazione?
“Gesù ha sacrificato il sacrificio” sostengono alcuni teologi. Ha raccontato di Dio come di un padre che dà fiducia ed è pronto alla misericordia. Incarna il senso della Legge ma non la sua applicazione morale in modo oppressivo. Vede nel perdono una via di resurrezione. Il Dio di Gesù non è come la divinità che incute timore della tradizione religiosa e nemmeno come il padre raccontato dalla psicanalisi che vive la paura di venire ucciso dal figlio che andrà oltre a lui e che deve difendersi in una competizione per l’affermazione di sé. Il Dio evangelico non chiede sacrificio ma donazione di sé: “Donare non è sacrificarsi. Il dono non è fatto per avere indietro un premio. Si realizza nell’atto stesso di amare”.
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