i sindacati concertativi fanno un regalo ai padroni.

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La negoziazione, la contrattazione, in quanto espressione della democrazia sindacale, è terreno nel quale si misurano i diversi e contrapposti interessi degli attori sociali: i lavoratori da una parte, gli imprenditori dall’altra.

Nei Contratti Nazionali viene pertanto certificata la dinamica democratica nella quale due parti in lotta tra loro stabiliscono per un lasso di tempo definito quali saranno le condizioni di lavoro in quel determinato segmento di mondo economico.

Il dibattito costituente che portò al riconoscimento del diritto ad associarsi nel sindacato, a fare contrattazione, ad esprimere la “potenza” proletaria (è definizione di Di Vittorio) nel diritto di sciopero fu molto chiaro nell’accogliere la visione per cui: “… il sindacato dei lavoratori tutela interessi di carattere collettivo, sociale, che sono gli interessi di una comunità (…); invece quello dei datori di lavoro difende più precisamente gli interessi della categoria, magari in contrasto con quelli della società”. (Di Vittorio intervento nella 3^ Sottocommissione – Assemblea Costituente del 22/10/1946).

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La nostra Costituzione non solo ha riconosciuto il diritto dei lavoratori a lottare per migliorare le loro condizioni, ma anche il valore sociale del lavoro rispetto quello dell’impresa.

Sono passati ¾ di secolo da quei tempi ed oggi, in questo mondo al contrario, nella contrattazione nazionale non si confrontano più due punti di vista opposti – dei quali uno al servizio degli interessi generali del paese – ma uno solo: quello dell’interesse del mercato e degli imprenditori.

La bozza di accordo per il rinnovo del CCNL Trasporto Merci e Spedizioni siglato dai sindacati concertativi e dalle associazioni datoriali rappresenta plasticamente questa situazione.

La logistica è un settore in forte espansione che pesa oltre il 9% del PIL (pandemia e guerre hanno funzionato da catalizzatore) nel quale un sindacato degno di questo nome ha come compito fondamentale quello di arginare l’intensificazione dello sfruttamento schiavistico e la redistribuzione dei colossali profitti che vengono fatti.

Tutto ciò è sintetizzabile nell’acronimo usato da USB del “S.O.S. Operaio”: SALARIO – ORARIO – SICUREZZA.

CGIL-CISL-UIL sono riuscite invece, senza fatica, ad accontentare i signori e le multinazionali della logistica concedendo loro POCHI SPICCIOLI DI AUMENTO, PIU’ ORARIO DI LAVORO, MENO TUTELE SOCIALI, PIU’ PRECARIETA’.

 

“260€ in più per i corrieri e 230€ in più per i magazzinieri, un aumento medio del 14,31%”. Questo è stato l’annuncio trionfalistico dei sindacati collaborazionisti, UNA BALLA COLOSSALE!

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Intanto occorre dire che le cifre sono riferite ai livelli apicali (rispettivamente B3 e 3S), quando invece la gran massa dei lavoratori è inquadrata ai livelli inferiori 4-4J-5-G1 quindi con un gap economico medio di 40/50€, secondariamente questi aumenti sono spalmati in 4 (quattro) rate fino al giugno 2027 ed infine riassorbono l’ICE (Indice di Copertura Economica) erogata a partire dall’aprile di quest’anno e quindi con una detrazione del valore di 60/65€ dall’aumento contrattuale.

In conclusione facchini e corrieri si troveranno nella busta paga di gennaio 2025 non 230/260€, ma 45/50€ reali, una cifra che non copre assolutamente la perdita del potere di acquisto dei salari di quest’anno, che è al di sotto del tasso di inflazione registrato dagli indici IPCA ed analogamente i futuri ratei di aumento non riusciranno a tenere il passo dei rincari previsti.

Altro raggiro per i driver è quello dell’incremento di valore da 10€ a 13€ dell’indennità per lavoro al di fuori del comune quando ormai in tutta Italia, in tutti i magazzini di tutti i grandi e piccoli player tale compenso varia dai 23€ ai 28€ in virtù di accordi aziendali o regionali di secondo livello.

Questa beffa economica contiene in se, però. un ulteriore inganno rappresentato dall’istituzione dell’EPA (Elemento Professionale di Area), una voce che concorre a determinare la cifra dei “230/260€”, ma che ha la finalità dichiarata di introdurre una differenziazione nel trattamento salariale tra magazzinieri e corrieri. Si tratta di due categorie di lavoratori che partecipano in egual misura alla realizzazione dei servizi e quindi meritano un eguale trattamento. L’obiettivo è però quello di introdurre elementi divisivi proprio per depotenziare la pratica di lotte comuni come ripetutamente avvenuto in questi mesi in alcune grandi filiere.

Questo rinnovato CCNL Logistica non riserva solo una inadeguata risposta economica alla ormai trentennale perdita di potere d’acquisto dei salari, ma pure la flessibilizzazione ulteriore e lo sconsiderato aumento dell’orario di lavoro da 39 ore settimanali a 42 ore per i corrieri.

Mentre prima la durata e l’articolazione delle prestazioni lavorative doveva essere comunicata con cadenza annuale, ora avrà una valenza trimestrale con possibilità di variazioni a fine periodo.

Con un giochetto degno dei più scaltri bottegai in tempo di “sconti” si rendono di fatto strutturali 44 ore settimanali (oggetto di una procedura di verifica dei requisiti per aumentarle che i sindacati collaborazionisti sono sempre più che ben disposti a concedere) per poi ridurle in due step a 43 (giugno 2025) e quindi 42 ore (gennaio 2026).

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Alla fine gli autisti si ritrovano a dover lavorare 3 ore in più alla settimana nemmeno riconosciute come straordinario.

Nel paese che detiene il triste primato europeo di incidenti e assassinii sul lavoro la preoccupazione principale di CGIL-CISL-UIL e associazioni datoriali è quella di abbattere l’assenteismo per malattia e quindi si estendono le limitazioni retributive agli eventi precedenti i giorni non lavorativi (per quelli seguenti erano già in atto) e si continua a concedere alle “coop” la non integrazione al 100% della quota parte non coperta dall’INPS.

Quest’ultimo omaggio ai padroni entra però in aperta contraddizione con le numerose sentenze, conseguenti alle cause intentate e vinte da USB in giro per l’Italia, che condannano invece le coop a trattare i soci dipendenti come tutti gli altri lavoratori, obbligandole a pagare in pieno e tutti gli eventi di malattia e infortunio.

Questa ossessione di considerare tutti i lavoratori come “furbetti” che usano la malattia per scansare fatiche produce, in vero, il fenomeno del lavoro forzato (per non vedersi decurtato il già magro salario) in non perfette condizioni psicofisiche con le conseguenze in termini di sicurezza non garantita che sono sotto gli occhi di tutti.

Anche in questo caso il punto di vista di padroni e sindacati concertativi è assolutamente comune.

Uno dei pilastri della legislazione in tema di appalti è che  il fornitore si assuma con il rischio di impresa e l’autonomia organizzativa anche “l’organizzazione dei mezzi e materiali necessari”; cioè che abbia la responsabilità dei macchinari, degli strumenti di lavoro.

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Ebbene il CCNL, sempre con giri di parole da venditori di pentole, stabilisce invece che i conducenti di automezzi che subiscano un sinistro del quale non abbiano comunque responsabilità debbano invece pagare il danno. I driver continueranno a pagare le riparazioni dei furgoni in affitto o proprietà dei loro datori di lavoro.

Cambiamenti considerevoli anche per ciò che riguarda la classificazione del personale con l’eliminazione di profili ormai divenuti obsoleti (i dattilografi ad es.) e l’introduzione di nuovi legati all’innovazione tecnologica con particolare attenzione alla digitalizzazione dei flussi di merci, degli stock, della sicurezza informatica, della gestione di big data. Tutte mansioni inquadrate nei livelli impiegatizi apicali.

Per la qualifica operaia vi è invece l’introduzione della categoria del “facchino qualificato”, con declaratoria che prevede l’uso di strumenti tecnologici avanzati quali le radiofrequenze, i tablet, mezzi di movimentazione elettrici, però… lasciandoli inquadrati sempre ai vecchi livelli (5-4J-4).

Infine, ma non per importanza, la modifica della parte contrattuale riguardante il mercato del lavoro con l’aumento della percentuale di lavoratori interinali e a tempo indeterminato rispetto quelli indeterminati dal 35% attuale al 41% a livello aziendale (che per unità produttiva può giungere al 47% e in caso di start up può ulteriormente aumentare) e dei lavoratori part time che dal 44% passano al 48%.

E’ l’apoteosi della precarietà in un settore, la logistica, che non vive di picchi lavorativi per particolari emergenze, ma che è strutturalmente cresciuto ed in crescita, che assurge al rango di “asset strategico” secondo le analisi di confindustria e che quindi può egregiamente sopportare occupazione stabile e sicura.

E’ ovvio che si tratta di un favore fatto a parti datoriali che intendono governare un segmento di classe operaia che non è passivo, è conflittuale e che va in qualche modo ingabbiato nella sua disarticolazione, col ricatto del non rinnovo o della non estensione del contratto.

Non a caso si è provveduto pure a limare la parte riguardante i provvedimenti disciplinari con un’accentuazione degli aspetti repressivi (introduzione di nuove fattispecie di negligenza e aggravamento delle sospensioni).

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Insomma un contratto nuovo che è peggiore di quello vecchio, che risponde in pieno alle esigenze di un’imprenditoria che fa i conti con la guerra, che deve muovere le merci più in fretta attraverso corridoi più problematici, con quantità di scorte che rivoluzionano l’organizzazione produttiva passando dal “just in time” (stock più leggeri, tempi di rotazione più veloci) al “just in case” (scorte per ogni evenienza, magazzini più “lunghi”).

Trasformazioni che presuppongono costi maggiori per i padroni e che quindi devono rientrare nell’unico modo che costoro sono capaci di mettere in campo: aumentare lo sfruttamento del lavoro vivo.

E’ per questo che il nemico che dobbiamo combattere si chiama aumento della produttività, aumento del tempo di lavoro, flessibilità, compressione al minimo della sicurezza sul lavoro, bassi salari il tutto perseguito con aumento della precarietà e dell’autoritarismo aziendale per dominare gli operai e annichilire il conflitto.

Questi nemici, i nemici dei lavoratori, non sono però gli stessi nemici di CGIL-CISL-UIL che subalternamente invece li accettano, anzi li internalizzano nella loro visione di politiche sindacali.

Il CCNL logistica che verrà sottoposto ad approvazione (se veramente hanno intenzione di farlo) entro il 25 gennaio prossimo deve vedere la bocciatura piena dei facchini e dei corrieri.

Affermare che cambiarlo si può non è un esercizio retorico, da comizio, è il dare continuità a quel ciclo di lotte che già esiste nel paese, nei magazzini e che ha già ottenuto importanti conquiste nei mesi scorsi in termini di aumento dei salari, riduzione della fatica, passaggi automatici di livello, posti di lavoro salvati, dignità affermata, potere operaio.

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Massimo Pedretti  –  Roberto Montanari

USB Categoria Operaia – Settore Logistica





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