«Destra illiberale ma non mi faranno tacere. Sinistra divisa, Meloni può tirare a campare».

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Intervista a Matteo Renzi per «La Stampa» del 30-12-2024 

di Alessandro De Angelis

Parlando con Matteo Renzi, si capisce quel “camerata” rivolto al presidente del Senato Ignazio La Russa, non è un normale screzio d’Aula. Vuole farne una questione politica: «Cercano di far tacere chi non la pensa come loro. Non parlo di minaccia democratica ma certo c’è un uso proprietario delle istituzioni. Stai con me? Bravo. Sei contro? Ti faccio una legge ad personam e ti stacco il microfono in diretta Tv».

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Scusi, Renzi, al di là del battibecco di ieri, lei accusa il presidente del Senato di gestire l’Aula in modo non corretto?

«Quello che lei chiama battibecco è gravissimo. L’obbligo del presidente del Senato è quello di consentire il dibattito, tutelando i diritti soprattutto delle opposizioni. E invece: non si può discutere la manovra perché è stato introdotto dal governo un monocameralismo di fatto e poi in Aula, invece di garantire l’ordine quando il suo partito rumoreggia, La Russa attacca un senatore dell’opposizione. Follia!».

Però lei ha delle responsabilità nell’elezione di quello che chiama “camerata”, è storia.

«Bastano i numeri a smentire questa ricostruzione. La Russa è passato con trenta voti delle opposizioni. Noi ne avevamo cinque. Ammesso e non concesso che Italia Viva abbia votato per lui, i nostri consensi sarebbero stati ininfluenti: dove sono i 25 voti decisivi?».

Andiamo oltre. Sta dicendo che c’è un tema di agibilità democratica di un’Aula del Parlamento?

«Dico che l’arbitro non può fermare un giocatore perché gli sta antipatico. E dico che c’è un uso illiberale delle istituzioni: Lollobrigida ferma un treno perché è in ritardo; un parlamentare spara, perché è Capodanno; la premier fa meno conferenze stampa di Putin; sua sorella esige una norma ad hoc contro un senatore, reo di averla criticata».

È illiberale il principio che un senatore della Repubblica non può prendere soldi da Stati stranieri? «

A me va bene votare una norma che dica questo. Come votare una norma che dica che un parlamentare non può fare altri lavori. Ma qui è diverso: di notte si è presentato un subemendamento che ha come obiettivo colpire personalmente me perché ho osato criticare le sorelle della Garbatella».

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È una questione di metodo?

«Le norme ad personam, scritte alle quattro del mattino a Chigi e presentate dai relatori nottetempo non sono degne di un Paese civile. Io posso fare anche gratis le mie conferenze. Ma non accetto che una maggioranza aggredisce uno dell’opposizione. In settanta anni non era mai successo. Ma la ragione è semplice».

Quale sarebbe?

«Una ritorsione nei miei confronti da parte delle Meloni, dopo che ho sollevato il tema delle nomine all’Ales. Hanno messo un loro amico che fa NCC a Frosinone a guidare i servizi culturali di questo Paese. Perché lui? E aggiungo: invece di avere paura di chi, come me, paga le tasse in modo trasparente, dovrebbero preoccuparsi chi non fa fattura e alimenta il nero, attività caratteristica di diversi ambienti della destra romana».

Frase allusiva. Sta dicendo “io so, ma non ho le prove”?

«Non alludo. Combatto a viso aperto. E il 2025 sarà un anno interessante. Chi vivrà vedrà».

Però l’opposizione è inchiodata allo stesso punto.

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«Questa è la forza di Giorgia Meloni. Lei tira a campare, non governa. Ma è lì grazie alle divisioni della sinistra».

Vede in atto una radicalizzazione per stabilire un rapporto con Trump?

«No, vedo un day by day, tipico di un’influencer. Va di moda Biden, e si segue Biden, va di moda Trump, e si segue Trump. Ursula no, Ursula sì. Non c’è un’idea di Paese, di Europa, di mondo ma il tentativo di prendere il consenso della gente usando in modo spregiudicato famiglia, persone, rapporti. Ma anche per le influencer arriva il Pandoro prima o poi. Non necessariamente a Natale».

Appena lei si è riavvicinato al centrosinistra, Conte ha sfasciato il campo largo.

«Dentro il M5s c’è un’anima che desidera costruire seriamente il centrosinistra, ma anche un’anima che non vuole. È iniziato il secondo tempo della partita e ora Conte dovrà scegliere».

Quindi: “scurdammoce o passato” e mettiamoci insieme “contro”, nelle migliori tradizioni.

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«Bisogna essere realisti. Si tratta di capire non da dove si viene, ma dove vogliamo andare. E il primo punto da cui partire è l’alternativa a quella visione illiberale delle istituzioni e la costruzione di battaglie comuni. Come l’Autonomia, su cui sono con noi anche pezzi della Cei e di Confindustria. Non solo i grillini e la Cgil».

Peccato che nello stesso giorno andrete in ordine sparso sul Jobs Act.

«Anche qui: realismo. Il quesito aiuta a raggiungere il quorum. E aiuta noi del centro a costruire una identità riformista. Viva il Referendum, anche sul Jobs Act».

È d’accordo con Bersani sull’inutilità di un partito di centro?

«No. Bersani e gli altri teorici della ditta hanno attaccato chi come me, e prima ancora Veltroni, sognava la vocazione maggioritaria. Hanno preferito perdere il Paese pur di riprendersi la ditta. Non polemizzo con Bersani che pure è stato il primo testimone dell’accusa su Open, processo finito nel nulla. Ma sul centro non la penso come lui».

Vuole polemizzare sulla Margherita?

«Questo sì. Un partito di centro serve. E sarà decisivo. Senza un centro cattolico, liberale, riformista accanto al Pd di Schlein, le elezioni non si vincono. Ho l’ambizione di costruirlo, non di guidarlo. E non voglio regalare il voto dei garantisti, degli imprenditori, dei cattolici a questa destra illiberale».

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Sì, ma sembra un dibattito astratto, sulle formule.

«Lo spazio c’è e va coperto. La destra della Meloni è molto diversa dalla destra di Berlusconi: è una coalizione giustizialista che rifiuta la cultura liberale. Non dimentichiamo adesso che sono stato assolto su Open che il partito che insieme ai Cinque Stelle ha massacrato la mia famiglia è stato proprio Fratelli d’Italia».

Chi guida il centrosinistra?

«Chi ha più voti. Vedo in atto i soliti i giochini delle correnti Pd per fare le scarpe alla Schlein: la storia del federatore, il Papa straniero. Per me la coalizione la guida chi ha più voti. E il centro lo guida chi ha più idee».



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