Si chiude l’anno del caldo record, il 2025 affida la speranza alle rinnovabili

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Si chiude un 2024 che in campo ambientale ha battuto tutti i record, sia quelli negativi che quelli positivi. È stato il primo anno in cui l’asticella del grado e mezzo di aumento della temperatura rispetto all’era pre industriale è stata superata; l’anno che ha visto il record di emissioni serra; l’anno in cui le conferenze mondiali sui tre temi chiave (clima, biodiversità, desertificazione) hanno mancato gli obiettivi. Eppure è stato anche l’anno della maggiore crescita delle fonti rinnovabili e della consapevolezza che mettendo assieme tre debolezze (le trattative su clima, biodiversità e desertificazione) si può costruire una forza perché i vantaggi ottenuti in un campo producono benefici anche negli altri: la difesa del clima aiuta la biodiversità e rallenta la desertificazione. E viceversa.

Il motore della green economy accelera ma i danni prodotti dalla vecchia economia continuano a crescere e il bilancio dei disastri ambientali è impressionante. Il rapporto di Christian Aid, Counting the cost 2024: a year of climate breakdown ricorda che i 10 disastri climatici più costosi dell’anno hanno avuto un impatto di oltre 4 miliardi di dollari ciascuno. E si calcolano quasi sempre solo le perdite assicurate, quindi i costi reali sono ancora più alti e quelli umani spesso non vengono contabilizzati.

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Gli Stati Uniti hanno subito i danni maggiori con l’uragano Milton che a ottobre ha causato 60 miliardi di dollari di danni e 25 morti. L’uragano Helene, che ha colpito Stati Uniti, Cuba e Messico a settembre, è stato il secondo più costoso con 55 miliardi di dollari e 232 morti. L’insieme delle altre tempeste che hanno colpito gli Stati Uniti è costato più di 60 miliardi di dollari.

Le inondazioni in Cina hanno causato danni per 15,6 miliardi di dollari e 315 morti, e il tifone Yagi che ha colpito il sud-est asiatico, uccidendo più di 800 persone. L’Europa ha subito tre dei 10 disastri più costosi, con la tempesta Boris in Europa centrale e le inondazioni in Spagna e Germania che hanno causato complessivamente 13,9 miliardi di dollari di danni e 258 morti, di cui 226 nelle inondazioni di Valencia a ottobre. In Italia la Sicilia è stata colpita da una siccità così lunga da aver sconvolto il sistema agricolo e l’allevamento. Nel Regno Unito a dicembre l’Agenzia per l’Ambiente ha avvertito che un quarto delle proprietà in Inghilterra potrebbero essere a rischio di inondazioni entro il 2050 a causa della crisi climatica.

L’elenco dei disastri più costosi non include quelli che hanno colpito Paesi poveri e poco assicurati, aree in cui il numero delle vittime è più alto perché ci sono meno fondi per l’adattamento e per gli interventi di soccorso. Ad esempio l’Africa occidentale è stata segnata da inondazioni che hanno colpito più di 6,6 milioni di persone in Nigeria, Ciad e Niger. Mentre in Africa meridionale la peggiore siccità mai registrata ha colpito più di 14 milioni di persone in Zambia, Malawi, Namibia e Zimbabwe.

Inoltre, secondo l’analisi del World Weather Attribution and Climate Central, nel 2024 la crisi climatica ha aggiunto alla media 6 settimane di temperature così calde da rappresentare un immediato pericolo per la salute. 

Un lungo elenco di cattive notizie riassunto in un dato: nel 2024 il pianeta è stato di 1,5 gradi più caldo rispetto al periodo preindustriale. Era la soglia che i climatologi avevano chiesto di non superare e nel 2015 a Parigi tutti gli Stati avevano sottoscritto questo obiettivo. Ma molti governi non sono riusciti a fissare obiettivi coerenti con il traguardo fissato e spesso non hanno rispettato neppure gli impegni presi.

Non è detto comunque che occorra rassegnarsi. Con un taglio adeguato delle emissioni serra si potrebbe ancora contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi e poi cominciare una lenta discesa. Senza questo taglio invece la temperatura salirebbe rapidamente verso un aumento di 3 gradi proiettandoci in una situazione ad altissimo rischio.

In quale di questi due scenari ci porterà il 2025? La differenza la faranno le nostre scelte quotidiane ma anche lo sviluppo delle imprese green e la definizione di misure capaci di spostare gli incentivi dalle attività inquinanti a quelle che proteggono la nostra vita. Il 2025 affiderà le speranze alle rinnovabili, all’efficienza, all’economia circolare. 

Qualche segnale positivo in questa direzione è già visibile. In Italia, nonostante il peso della burocrazia che rallenta la crescita delle fonti rinnovabili, nel primo semestre del 2024 l’energia pulita ha dato al Paese più elettricità dei combustibili fossili. E, secondo il World Energy Outlook 2023 dell’Agenzia internazionale dell’energia, entro il 2030 quello che è successo in Italia nel primo semestre del 2024 accadrà su scala planetaria: le rinnovabili garantiranno il 50% del mix elettrico. Una tendenza determinata da una precisa scelta degli investitori privati: da anni la larghissima maggioranza dell’elettricità prodotta dai nuovi impianti viene dalle rinnovabili.

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