Con due vittorie consecutive il Napoli ha spazzato via le nubi tossiche procurate dalla doppia sconfitta con la Lazio, in Coppa Italia e in campionato. Contro il Venezia, dunque, i partenopei intendono allungare la striscia positiva. E rimanere in scia all’Inter, che non ha lasciato punti nel viaggio a Cagliari. Nonché approfittare del mezzo passo falso dell’Atalanta, costretta al pareggio dalla Lazio all’Olimpico. L’idea rimane quella di rielaborare le proprie ambizioni, e trasformare un progetto a medio termine in una ghiotta opportunità, spendibile già quest’anno. Senza trascurare un piccolo particolare. I nerazzurri di Inzaghi devono recuperare il match di Firenze. Ergo, la rincorsa allo “titolo d’inverno” mantiene un grosso asterisco in classifica. Ecco comunque com’è andata…
Meret: 6,5
Il suo atteggiamento è simile a quello del pistolero obbligato a misurarsi con gente svelta a sparare: una fredda, metodica valutazione, dell’avversario. Non a caso, risponde perfettamente sulla conclusione ravvicinata di Yeboah e salva di piede. Reattivo pure sul tiro di Oristanio, cassato poi dalla bandierina dell’assistente. Scattante nella ripresa sul bolide di Nicolussi Caviglia.
Di Lorenzo: 6
Solita partita: fa paura quando mulina le gambe e innesca le accelerazioni nel corridoio intermedio. Ellertsson non gli concede grande spazio per galoppare. Lui non si lascia mortificare e si propone con continuità, aggredendo la fascia fino allo sfinimento. Maschera qualche amnesia grazie alla sostanza. Senza trascurare la diagonale salvifica con cui ripulisce l’area piccola, all’alba del secondo tempo.
Rrahmani: 6
Il suo maggior merito è senza dubbio quello di non essersi distratto: una attitudine a non perdere la bussola al cospetto di Oristanio, uno abile nei fondamentali, nonché assai dinamico, in grado dunque con il suo continuo svariare di sottrarsi da sotto le grinfie del kosovaro. Che non concede spazi né scende a compromessi in marcatura. Amir sa che non può farlo girare verso la porta, quindi lotta con tenacia e lucidità. Insomma, un difensore di razza, con gli optional del centrale dominante, in grado di dispensare recuperi e anticipi.
Juan Jesus: 6,5
Una porzione della stampa, nient’affatto compiacente con il brasiliano, lo etichetta alla stregua di una iattura. La gara di Coppa Italia contro la Lazio, completamente insufficiente, avvalora questa tesi. Curiosamente, quando lo vedi battagliare con Yeboah (e dopo Pohjanpalo), invece, intravedi una traccia inconfondibile delle sue origini. Quel modo di marcare con tempismo e intensità che l’aveva reso imprescindibile ai tempi della Roma e dell’Inter. Frequenza nell’anticipo e puntualità nei contrasti ne sottolineano lo spirito, molto vicino a quello dell’anno dello scudetto spallettiano.
Olivera: 6,5
Poco appariscente, è vero, ma gestisce il pallone con sagacia. Magari un tantino frettoloso nel primo tempo, salvo tornare ad essere geometrico e ragionatore nella ripresa. In ogni caso, senza strafare, sostiene la risalita dal basso, sfrutta il campo che gli concede Zampano ed ha pure il passo per coprire efficacemente la zona di competenza. Inoltre si conquista il rigore, poi parato da Stankovic.
(dal 87‘ Spinazzola: s.v.)
Contribuisce a blindare la retroguardia contro l’arrembaggio del Venezia nel convulso finale.
Anguissa: 6,5
Passo leggiadro e dinoccolato, sta attraversando un momento di forma smagliante. La sua sembra una corsa inarrestabile. I piedi non saranno aristocratici, ma la sua ossessione per la lotta ed il governo si rivela fondamentale nella mediana azzurra. Pulisce palloni, li smista e trova interessanti verticalizzazioni. Straordinario anche per tenuta, corre indemoniato per sé e pure per gli altri. In definitiva, incarna l’identità e le speranze di una squadra in rampa di lancio.
(dal 69’ Raspadori: 6,5)
Da subentrato, ha sempre colpito il suo rendimento a corrente alternata. Talvolta assai incisivo, altre solamente fumoso. Comunque, nessuno ne mette in dubbio il talento. Oggi più determinato, soprattutto negli ultimi sedici metri. Si fa trovare all’appuntamento con l’assist di Neres, per spaccare in due la resistenza di Stankovic, palesando ragguardevole consapevolezza e puntualità sotto porta.
Lobotka: 6,5
Prototipo dell’attore non protagonista, invisibile per antonomasia, eppure riconoscibilissimo per la maniera con cui interpreta la parte assegnatagli: quella del metronomo, che riempie la partita di cose utile alla squadra, governandone con consapevolezza tempi e modalità dalla manovra. A proposito, nel farlo, non perde mai lucidità, sottraendosi dal tentativo di metterlo in ombra nella prima costruzione, abbassandosi molto, fino ad allinearsi ai due difensori centrali.
McTominay: 6,5
Permane la sensazione che il Napoli abbia acquistato un tuttocampista di rara intelligenza calcistica. Perché non è un istintivo. Bensì, legge la disposizione altrui e si adatta, libero di stazionare qualche metro più avanti o più indietro. Per lo scozzese non fa differenza, l’importante e andare alle spalle di Busio sulla trequarti oppure aprirsi lateralmente. Così da destrutturare i sincronismi del Venezia sottopalla. Come un tamburo battente che scandisce il ritmo senza sosta, i suoi inserimenti rappresentano una chiara dichiarazione di intenti.
Neres: 6,5
Rotte le catene della provvisorietà, una tale repentina parabola non era poi così difficile da prevedere. Potrebbe essere un pomeriggio proibitivo, con Carboni che si dimena con le buone e le cattive per evitare di farsi beffare. L’ex Benfica però non dà l’impressione di poter cedere alle insistite cure del difensore. A quel punto, gli resta l’unica risorsa per provare a toglierselo dal groppone: accendersi e partire in quarta. Imprendibile, sguscia via, sprintando sull’out. Piccola nota a margine: sicuramente meglio quando passa a sinistra.
Lukaku: 6
Ormai ha fatto del gioco in post un tratto stilistico. Come accade ai centravanti che devono sbrigare una funzione specifica, ovvero ricevere spalle alla porta e favorire poi la progressione in avanti dell’azione, Big Rom riesce a essere sempre sé stesso. A prescindere dalla cura di Idzes, un mastino in marcatura, vista la frequenza con cui ricorre al contatto fisico, il belga regge agli urti. Lotta impavido. E attacca la profondità. Peccato che sprechi il rigore. Ma è giusto rimarcare lo scatto felino di Stankovic, oggi davvero tra i migliori in campo. Però resta lucido ed in partita, prova a piegare la resistenza dell’estremo difensore ospite, che vola e gli allunga la traiettoria sul palo, con una tipica azione di sfondamento coast to coast. In definitiva, l’uomo più atteso si è fatto trovare pronto, pur se ha concluso la partita senza gol. Magari con qualche errore di precisione. Nondimeno, tatticamente utilissimo.
Kvaratskhelia: 6
La versione più scorbutica di Zampano se la sente addosso come una cappa, che potrebbe facilmente finire con l’oscurarlo, se il georgiano non avesse nel suo repertorio certe giocate fantasiose: dribbling, sterzate e tante cosucce da lieto fine nell’uno contro uno. Colpi di classe cristallina, che bisogna innanzitutto saper immaginare, prima ancora di metterli in pratica. A furia di intestardirsi troppo nel cercare la soluzione individuale non riesce a concretizzare, tantomeno rievocare prodezze e mirabilie.
(dal 74’ Politano: s.v.)
Si inarca fino al limite della propria piccola, poi si eclissa, andando a prendersi lo spazio in ampiezza, dietro Candela. Quando lavora palla sull’esterno, dimostra lampi che provano a squarciare la compatta disposizione difensiva predisposta da Di Francesco.
Allenatore Conte: 6
L’approccio martellante e mai dogmatico che pretende dai suoi riesce a infondere negli azzurri la convinzione che il calcio fluido garantisce risultati entusiasmanti. Una filosofia capace di ridare dignità a molti di quelli che solo due stagioni orsono vincevano lo scudetto, permettendo loro di tornare alla ribalta. Temprati e ancor più motivati, con la medesima forza dell’onda che si infrange dirompente sulla battigia. Ma con una diversa stabilità emotiva, specialmente dal punto di vista della concentrazione. Innegabili, quindi, i meriti nel mantenere costantemente sul pezzo i suoi. Una caratteristica che consente al Napoli, pur non essendo sempre brillante, di resistere a lunghe fasi in cui il Venezia si trincera là dietro, facendo efficacemente difesa posizionale e ripartenza in transizione veloce.
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