La vendetta di Putin su Sumy. La gente paga la breccia di Kursk

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Un palazzo bombardato dai russi a Sumy nell’Ucraina orientale – Polizia ucraina

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Sulle assi di legno Oleksiy Skorkin ha scritto con una corda: “Museo della guerra 2024”. E ha inchiodato il cartello a un tronco. Sotto ha messo un’immaginetta della Madonna. È all’aperto la sua esposizione, intorno a un condominio devastato dai bombardamenti russi. Il condominio dove lui viveva al secondo piano finché un missile non è piombato fra gli appartamenti. Era lo scorso 5 ottobre. «Dalle macerie ho estratto vivi due vicini. È stato un miracolo che si siano salvati», racconta. Oleksiy sa che il suo museo è una provocazione: fra i detriti della palazzina ha sistemato rottami di razzi, bossoli, resti di veicoli da combattimento. «E anche alcuni reperti della seconda guerra mondiale», aggiunge. Poi ha piantato un piccolo albero che spicca per il suo verde in mezzo ai calcinacci anneriti dall’esplosione del missile. «Un segno di speranza», lo definisce. Quella che si fa fatica a scorgere nel villaggio di Velyka Pysarivka. È a cinque chilometri dal confine russo. E ogni giorno è sotto il fuoco di Mosca. Come l’intera regione in cui l’abitato si trova: quella di Sumy.

I bombardamenti russi nei villaggi della regione di Sumy lungo la frontiera fra Ucraina e Russia

I bombardamenti russi nei villaggi della regione di Sumy lungo la frontiera fra Ucraina e Russia – Ansa

Oblast dell’Ucraina orientale, limitrofa a quella di Kharkiv, ha una doppia colpa agli occhi del Cremlino: essere lungo la frontiera russa che ne fa un obiettivo facile; e soprattutto essere il territorio da cui è partita ad agosto l’incursione ucraina verso la vicina regione russa di Kursk. Un’operazione che, per Vladimir Putin, è stata un’umiliazione, visto che l’esercito di Kiev ha strappato a Mosca una parte dell’oblast. Ma un’azione che si sta rivelando sempre più complicata per l’Ucraina, decisa a ogni costo – anche con un bagno di sangue – a restare in possesso dei 500 chilometri quadrati conquistati alla Russia, fino all’apertura di un tavolo negoziale per poi scambiarli con qualche terra ucraina occupata da Mosca. Resistenza ormai estrema, per la determinazione di Putin a rimettere le mani sulla “patria sottratta” anche ricorrendo alle milizie nordcoreane.

Le guardie di frontiera a Sumy che controllano il confine con la Russia

Le guardie di frontiera a Sumy che controllano il confine con la Russia – Telegram

In contemporanea il Cremlino si accanisce su Sumy. Nelle ultime 24 ore si sono registrati 57 bombardamenti e 123 colpi di artiglieria, certificano i dispacci ufficiali. L’energia elettrica va e viene oppure è razionalizzata per i costanti attacchi alle infrastrutture energetiche. «Una vendetta», la chiama Oleksiy, che sperimentano in particolare gli agglomerati a ridosso del confine dove, secondo le autorità locali, 30mila abitanti sono stati evacuati nei quattro mesi di battaglie a Kursk. Come Nina Akymenko che viveva a Mezenivka. «Nessuno vorrebbe lasciare i propri luoghi. Ma siamo a tre chilometri dalla Russia e ormai ci sono soltanto attacchi dal cielo. Quando un missile è arrivato nel mio giardino, ho detto: basta, devo andarmene». Così ha fatto. Fino alla città di Sumy dove si è rivolta al centro di aiuti e transito “Pluriton” che fornisce cibo, abiti e anche un primo sussidio economico.

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L'evacuazione dai villaggi sotto il fuoco russo nella regione di Sumy

L’evacuazione dai villaggi sotto il fuoco russo nella regione di Sumy – Polizia ucraina

Ai tavoli dell’hub siede Nadiya Voloshchenko. «La mia casa nel distretto di Konotop è stata completamente distrutta. Ho preso un appartamento in affitto qui nel capoluogo, ma è davvero dura quando si è perso tutto». «Da noi – racconta la responsabile del centro, Kateryna Arisoi – sono già passati 8mila sfollati. A loro si aggiungono 24mila connazionali che hanno lasciato i territori occupati». Perché, fino all’offensiva di Kursk, c’era nell’oblast di Sumy l’unico varco ancora aperto fra Russia e Ucraina che consentiva a chi voleva fuggire dal giogo nemico nelle quattro regioni ucraine controllate dal Cremlino (Lugansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson) di poter rimpatriare passando attraverso la Russia. Corridoio che lo sconfinamento della guerra ha bloccato.

I bombardamenti russi nei villaggi della regione di Sumy lungo la frontiera fra Ucraina e Russia

I bombardamenti russi nei villaggi della regione di Sumy lungo la frontiera fra Ucraina e Russia – Ansa

A Velyka Pysarivka, paesino spettrale dove gli edifici sfregiati superano quelli rimasti intatti, vivevano in 5mila prima dell’aggressione su vasta scala. Adesso gli irriducibili sono 1.300. «Tra loro nessun bambino perché sono stati tutti portati via – chiarisce Volodymyr Leonov, segretario del Consiglio comunale -. Ormai molto del nostro lavoro consiste nel fornire gli aiuti umanitari. E abbiamo anche gravi problemi di comunicazione con i telefoni e internet». Valentina Kondratova, che non se ne vuole andare nonostante gli appelli a evacuare, ha perso l’udito per le esplosioni. «Lo hanno stabilito i medici. Non sento neppure più il rumore asfissiante dei droni», ripete.

I volontari della Caritas intervengono per aiutare la gente dopo un bombardamento a Sumy

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I volontari della Caritas intervengono per aiutare la gente dopo un bombardamento a Sumy – Caritas Sumy

Anche il centro di Sumy è nel mirino. Lo sa bene la Caritas greco-cattolica che interviene nei luoghi degli attacchi. «Per supportare i feriti, dare subito una consulenza legale, offrire sostegno psicologico a famiglie e bambini scossi dai raid», dice la referente dell’unità di crisi, Yelyzaveta Kozlova. Il vescovo di Kharkiv, Vasyl Tuchapets, nel cui esarcato rientra la regione di Sumy, ha visitato nei giorni di Natale la sede della Caritas che ospita anche lo Spazio di aggregazione, punto d’incontro per chi sceglie di restare in una zona “calda”. L’impegno accanto ai più piccoli sotto le bombe è una delle priorità della Caritas che ha creato anche una équipe mobile, con uno psicologo infantile e un educatore sociale, per raggiungere i ragazzi dei distretti più bersagliati. Compito sempre più a rischio per volontari e soccorritori. Perché vengono attaccati da Mosca. Com’è accaduto alla vigilia di Natale ai sanitari giunti in una fattoria di Krolevets avvolta dalle fiamme per un bombardamento. Sono stati avvistati da un drone russo che ha tentato di colpirli. «Si sono salvati perché hanno capito che si dirigeva verso di loro – riferiscono in Caritas – ma il velivolo kamikaze è piombato vicino al luogo del precedente raid dove stavano operando».

Maxim Halyskyi, soldato del 35° Reggimento di Sumy della Guardia nazionale che ha dato il benvenuto a Kharkiv al cardinale Konrad Krajewski

Maxim Halyskyi, soldato del 35° Reggimento di Sumy della Guardia nazionale che ha dato il benvenuto a Kharkiv al cardinale Konrad Krajewski – Gambassi

Parla di «situazione disumana» nei campi di combattimento Maxim Halyskyi. Fa parte del 35° Reggimento di Sumy della Guardia nazionale ed è il soldato che ha dato il benvenuto all’elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, durante la notte della Natività nella Cattedrale latina a Kharkiv, sua città d’origine. «La fede – confida con la tuta mimetica addosso – è un sostegno in trincea». E si dice convinto che «papa Francesco sta abbracciando l’Ucraina: sia con la sua incessante preghiera, sia con tutti gli sforzi possibili per far cessare le ostilità». Ma subito tiene a precisare: «La nostra nazione ha avuto fin troppi morti. Fermare tutto non basta. C’è bisogno di una pace giusta».





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