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di Raffaele Gaggioli
Putin parla e l’Europa non sa se ascoltare o meno. Sin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Unione europea ha infatti tentato di presentare un fronte unito contro le ambizioni e minacce del Cremlino, ma le divisioni interne alla comunità europea diventano ogni giorno più evidenti.
Fino a pochi giorni fa, la più grande crepa in questo fronte unito era rappresentata dall’Ungheria. La repubblica illiberale di Viktor Orban è una delle poche nazioni europee, assieme alla Bielorussia, ad aver mantenuto pieni rapporti diplomatici con il Cremlino. Lo scorso luglio, durante la sua presidenza di turno dell’Unione Europea, il leader ungherese si era addirittura recato a Mosca per presentare la sua proposta diplomatica per la conclusione del conflitto in Ucraina.
Ora oltre Orban, si è aggiunto anche il primo ministro slovacco Robert Fico. Senza alcun avvertimento, Fico ha imitato la sua controparte ungherese e si è recato da Putin per proporre il suo piano di pace.
Fico si è spinto ancora più in là rispetto al governo ungherese, suggerendo di usare Bratislava (capitale della Slovacchia) come luogo di incontro e discussione tra i rappresentanti di Kiev e quelli di Mosca. In maniera simile ad Orban, la proposta di pace slovacca è stata comunque criticata dagli Stati Uniti e dall’Ucraina come eccessivamente favorevole agli interessi di Mosca. Oltre alla cessione dei territori attualmente occupati dalle truppe russe, il governo ucraino dovrebbe anche rinunciare ad entrare a far parte della NATO.
L’iniziativa di Fico non ha comunque sorpreso né i suoi oppositori politici in Slovacchia, né gli altri capi di stato europei. Sin dal suo ingresso nella politica slovacca nel 1992, Fico si è infatti distinto per le sue posizioni filo-russe. Nel corso degli ultimi anni, il suo governo ha inoltre incrementato i rapporti commerciali con Mosca, specialmente per quanto riguarda il rifornimento di gas.
L’iniziativa diplomatica di Fico è stata dunque motivata da considerazioni sia economiche, sia politiche. Da un lato, le sanzioni occidentali contro Mosca impediscono l’arrivo dei rifornimenti energetici in Slovacchia. Dall’altro lato, Fico spera di usare le critiche ucraine alla sua proposta per rafforzare la sua posizione in vista delle elezioni anticipate nel suo Paese.
Nonostante Fico sia riuscito a vincere le elezioni slovacche del 2023, il suo partito è stato infatti costretto a formare una coalizione con i socialdemocratici e i nazionalisti slovacchi per ottenere il numero di seggi parlamentari necessari a governare. Molti analisti hanno però sottolineato che quest’alleanza politica è estremamente instabile e sembra ormai sul punto di cadere.
Fico avrebbe quindi deciso di ribattere ancora una volta le sue posizioni filo-russe ed anti-guerra, che gli avevano permesso di vincere le ultime elezioni slovacche nonostante i suoi numerosi scandali. Durante la sua visita diplomatica a Mosca, Fico infatti ha più volte accusato Zelensky, la sua controparte ucraina, di essere responsabile del protrarsi del conflitto e della crisi energetica che attualmente attanaglia la Slovacchia.
In ogni caso, la sua iniziativa sembra essersi rivelata un fallimento dato che Putin ha ancora una volta rifiutato la possibilità di avviare una trattativa per porre fine al conflitto.
Anche se l’iniziativa di Fico è meno notevole di quella di Orban, visto che non ha agito a nome dell’Unione Europea ma solo come leader della Slovacchia, la sua decisione indica un’ulteriore incrinatura nel già fragile fronte unito europeo.
Sin dall’inizio del conflitto in Ucraina, si sono moltiplicate in Europa le forze politiche filo-russe contrarie ad assistere lo sforzo bellico di Kiev. Anche se Orban e Fico sono i due leader più influenti di questo schieramento, questi gruppi stanno acquistando potere in tutta Europa.
L’ultimo caso in ordine di tempo è la Romania. I risultati del primo turno delle elezioni presidenziali, vinte dal filo-russo Calin Georgescu, sono stati annullati dalla corte suprema del Paese a causa delle interferenze russe e delle irregolarità elettorali. Tuttavia l’estrema destra filo-russa è riuscita comunque ad ottenere circa il 30% dei voti durante le successive elezioni parlamentari, ottenendo così la possibilità di poter influenzare la politica estera di Bucarest.
Anche Berlino e Parigi, i due principali sostenitori europei dello sforzo bellico ucraino, si trovano in difficoltà. In Germania, la fragile coalizione del cancelliere Olaf Scholtz è stata ufficialmente sciolta e le prossime elezioni federali dovrebbero tenersi nel febbraio del 2025. Secondo i sondaggi, l’AfD (gruppo di estrema destra, legato agli ambienti neo-nazisti) potrebbe diventare il secondo partito più grande in Germania.
In maniera simile alla Romania, i partiti tradizionali tedeschi potrebbero essere costretti a cambiare alcune delle loro politiche (specialmente il supporto militare per l’Ucraina) per recuperare nei sondaggi ed arginare la crescita dell’estrema destra.
In Francia, l’instabilità politica sta nel frattempo rallentando l’invio di aiuti militari. Sin dalle ultime elezioni amministrative, la destra e la sinistra francesi hanno infatti sabotato i tentativi di Macron di nominare un nuovo primo ministro in quanto il presidente francese rifiuta di dare l’incarico ad uno dei loro membri.
Questa paralisi generale sta quindi impedendo a Bruxelles di reagire di fronte all’avanzata russa in Ucraina e al recente dispiegamento dei nuovi missili Oreshnik da parte del Cremlino. Inoltre, il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca rappresenta una nuova minaccia per gli interessi politici ed economici dell’Europa, a causa della sua politica isolazionista relativamente alla guerra in Ucraina e della sua intenzione di imporre nuovi dazi commerciali.
Raffaele Gaggioli
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