Ventincinquemila posti da autista vacanti solo in Italia, a fronte di un settore che – secondo le stime della Commissione europea – crescerà del 25% entro il 2030 e del 50% entro il 2050 in termini di volumi di merci trasportate. Eppure quello della logistica e del magazzinaggio è, numeri alla mano, uno dei pochi a vedere crescere anno dopo anno il fabbisogno di manodopera: tra quest’anno e il 2028 le imprese avranno bisogno di un numero compreso fra i 113.800 e i 135.700 nuovi addetti. Che non sempre riusciranno ad assumere.
La logistica è il motore dell’economia nazionale, eppure le aziende faticano a trovare autisti. Qual è il principale ostacolo?
«La zavorra principale – dice al Secolo XIX Riccardo Morelli, presidente di Anita Confindustria (più di 1.700 imprese associate in rappresentanza di 100.000 addetti) – è la scarsa conoscenza dell’autotrasporto merci e della logistica, associati impropriamente a un immaginario grottesco e arretrato che rischia di oscurare i processi ad alto coefficiente innovativo introdotti dalle aziende e le opportunità di crescita professionale offerte dal settore. È un fattore che limita l’attrattiva nei confronti delle giovani generazioni, con ripercussioni sulla competitività e lo sviluppo futuro del sistema economico nazionale. Più in generale, la carenza di autisti riflette la difficoltà di reclutare competenze che affligge trasversalmente le imprese italiane di ogni segmento: la mancanza di personale qualificato oltrepassa la soglia della mobilità delle merci e abbraccia l’industria nel suo insieme, complice l’inverno demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione che amplia il gap di conoscenze utili ad affrontare la digitalizzazione e la decarbonizzazione, rendendo strutturale il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Lo testimonia Confindustria che nella prima metà del 2024 rileva come oltre due terzi delle aziende italiane abbia aperto job vacancy, sottolineando “significative difficoltà di reperimento” nel 69,8% dei casi».
Come state affrontando questa emergenza?
«La lotta al fenomeno rientra da tempo nella nostra agenda. Nel 2024 abbiamo realizzato una serie di iniziative che vanno nella direzione delle giovani generazioni, insieme alle quali siamo chiamati a costruire il futuro del settore. Oggi in Italia mancano all’appello circa 25mila autisti e le proiezioni ci dicono che il fabbisogno occupazionale crescerà ancora, raggiungendo le 158mila unità nel quinquennio 2024-2028 per il trasporto e la logistica. Un paradosso, se si considera il numero di giovani italiani tra i 15 e i 29 anni che non studia e non lavora, i cosiddetti Neet, che valgono il 18% del totale pari a 1,5 milioni di ragazze e ragazzi da Nord a Sud Italia».
Per questo avete lanciato l’Osservatorio “Giovani Autotrasporto e Logistica”?
«L’Osservatorio rappresenta l’impegno di rendere al settore la sua attrattiva, trasferendo ai nuovi talenti una percezione rinnovata della professione, strategica, innovativa e a impatto ambientale ridotto. Ci siamo posti tre obiettivi: analizzare il sentiment degli studenti nei confronti dell’autotrasporto merci, informarli rispetto alle potenzialità del comparto, che, oltre ogni stereotipo, vuole porsi in uno spazio aperto e inclusivo per offrire possibilità di occupazione senza ostacoli di genere, e innescare politiche virtuose con il sostegno delle istituzioni. Con questo spirito abbiamo portato le nostre aziende a incontrare i ragazzi a Job&Orienta, la fiera nazionale dell’orientamento, e stiamo lavorando affinché i momenti di confronto si moltiplichino nel 2025».
L’obiezione più ricorrente è: gli autisti sono pagati poco e la qualità della vita è peggiorata. È vero?
«Superiamo questa credenza una volta per tutte: rispetto ad altri profili professionali la dimensione retributiva dell’autista è di assoluto rilievo. Ne è ulteriore prova l’accordo raggiunto il 6 dicembre da Anita, che insieme alle altre organizzazioni datoriali e ai sindacati ha siglato il rinnovo del contratto nazionale Logistica, Trasporto Merci e Spedizione, riconoscendo e valorizzando, tra le altre cose, il ruolo fondamentale del conducente con aumenti salariali ad hoc. Quanto alla qualità della vita ritengo che negli ultimi anni ci sia stato un miglioramento tangibile, anche se rimangono alcune criticità da risolvere».
Quali?
«Per prima cosa, le responsabilità dovrebbero essere individuate nel perimetro d’azione di tutti gli stakeholder della catena: la committenza, la grande distribuzione, i gestori dei nodi logistici, le istituzioni e le stesse aziende di autotrasporto merci, nessuno escluso. Sono certo che l’efficientamento delle operazioni di carico e scarico delle merci, ad esempio, possa rappresentare un elemento di interesse per tutti i player della filiera logistica. In questo senso la standardizzazione di un nuovo modello operativo condiviso permetterebbe di contenere i ritardi e le soste improduttive degli autisti. Una visione rispetto alla quale le nostre sezioni tecniche hanno già lavorato, presentando un manifesto fatto di proposte concrete nel corso di un evento tenutosi a Milano lo scorso settembre. L’approccio condiviso, tuttavia, non può prescindere dall’aggiornamento delle dotazioni infrastrutturali presenti sulla rete viaria. Faccio un esempio pratico: stiamo lavorando al fianco delle istituzioni per incoraggiare la realizzazione di nuove aree di sosta, più confortevoli e organizzate, proprio per migliorare l’impatto del lavoro sulla vita dei conducenti e porre rimedio alla carenza di autisti per la movimentazione stradale delle merci».
La concorrenza straniera è ancora un problema?
«Le nostre associate sono impegnate a salvaguardare la continuità delle filiere made in Italy e a muovere l’economia nazionale, mostrando ad ogni chilometro competenza, sicurezza, flessibilità e affidabilità. Finché, come stabilito in sede europea, l’equo trattamento degli operatori economici continuerà ad essere garantito e il lavoro delle nostre imprese seguirà ad essere misurato sulla base della qualità e non del costo, la concorrenza straniera non ci impensierirà. Nell’ambito del ragionamento, ci tengo a ricordare come il principio di equità debba includere anche le condizioni di lavoro e il trattamento economico e della manodopera».
Ma quali sono le reali prospettive di crescita in grado di attirare un giovane che si avvicina al mondo della logistica?
«In un momento come questo, in cui il settore deve descrivere la propria traiettoria futura conciliando la rapidità delle trasformazioni in atto con la necessità da parte delle aziende di non abbassare mai la qualità dei servizi, le prospettive di crescita sono innumerevoli. Le nostre imprese sono sempre alla ricerca di personale operativo: dagli autisti ai meccanici e magazzinieri, ma anche di personale amministrativo: dagli operatori di logistica ai ragionieri, agli addetti alle risorse umane. Ancora di più, per innovare i propri processi e realizzare la digitalizzazione e la decarbonizzazione, gli attori del comparto cercano ingegneri, informatici e più in generale giovani talenti che possano accelerare questa trasformazione».
Crede che tecnologia e intelligenza artificiale, nel prossimo futuro, possano contribuire a restituire ‘appeal’ al lavoro dell’autista?
“Già oggi i nostri mezzi e dispositivi sono futuristici e l’intelligenza artificiale come ogni altra innovazione offre un ampio margine di miglioramento per le attività lavorative: un alleato per le aziende, alle quali offre la possibilità di governare i processi con maggiore accuratezza, e uno strumento utile per il capitale umano, che attraverso la tecnologia può esprimersi nelle sue mansioni con una maggiore efficacia. Tuttavia, anche se le nuove tecnologie possono rappresentare un sostengo importante per evadere i carichi di lavoro lì dove scarseggiano le professionalità adeguate, aumentando al contempo l’appeal del settore, nel nostro schema la persona resta al centro”.
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