Guerini: “Sì alle armi all’Ucraina per tutto il 2025. Gaza? Crimini, ma non è un genocidio”

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Il presidente del Copasir (Pd): “Giusto e necessario sostenere Kiev, sulla Striscia commesse violazioni dei diritti umani ma la penso come la senatrice Segre. Ruffini e il nuovo centro? Non servono formule in laboratorio”


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Prima di iniziare questa intervista Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa e attuale presidente del Copasir premette: “Siamo tutti, chiaramente, molto preoccupati per Cecilia Sala e seguiamo il caso da vicino con grande attenzione e apprensione”.

Guerini, l’Ucraina: il governo Meloni fa bene a sostenere militarmente Kyiv per tutto il 2025 in attesa di novità sostanziali?

“E’ un sostegno giusto e necessario. Giusto, perché si tratta del sostegno alla resistenza di un popolo contro chi ne vuole limitare la libertà con la forza e contro chi vuole vuole imporre, oggi, il ritorno al proprio passato imperialista travolgendo i principi e i valori che sono alla base della nostra convivenza”.

Necessario?

“Per consentire all’Ucraina, quando arriverà, spero presto, il negoziato, di giungerci in una posizione che le consenta di aspirare ad una pace giusta e vera”.

Pensa che il conflitto possa arrivare a una svolta con la presidenza Trump?

“Vedremo, al di là delle parole in campagna elettorale, quali iniziative svolgerà la nuova Amministrazione Usa. Penso e spero, e dobbiamo ricercarlo con il massimo impegno, che il 2025 possa essere l’anno della pace per il popolo ucraino. Di una pace che riconosca la verità, che costruisca le condizioni perché possa durare, che affronti, anche con il coraggio che l’Europa deve mettere in campo, le garanzie di sicurezza futura dell’Ucraina. Che non sia una finzione insomma, un conflitto congelato che consenta alla Russia di scongelarlo quando ci saranno condizioni più favorevoli”. 

 
Guerini la posizione del Pd, il suo partito, è nota su Trump, così come le possibili ripercussioni economiche per l’Italia e l’Europa. Ma provando a rovesciare il punto di vista: in che modo Trump potrebbe essere un’opportunità per l’Italia?

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“Non darei nulla per scontato. Gli Stati Uniti non possono permettersi di indebolire la relazione con l’Europa, e quindi anche con il nostro Paese. I rapporti tra le due sponde dell’Atlantico hanno sì carattere economico, commerciale, tecnologico, militare, anche con gli aspetti critici che conosciamo e che Trump vuole affrontare seppur da un suo parziale punto di vista. Ma la relazione transatlantica è molto di più: è condivisione di valori e principi, è la difesa dell’idea stessa delle democrazie liberali, messa in discussione dalla drammatica fase internazionale che stiamo vivendo e anche nelle nostre stesse società. Le sfide chiedono di rafforzare questa relazione, non di indebolirla”.

Cosa pensa, anche da presidente del Copasir, quando legge i tweet di Elon Musk sull’Italia, visto che il futuro Doge ha anche interessi economici  con i suoi satelliti?  

“La democrazia non può difendersi rinunciando a sé stessa. Il tema del rapporto tra i nostri sistemi e le grandi concentrazioni tecnologiche e finanziarie è un elemento decisivo nello sviluppo futuro delle nostre democrazie. In una democrazia ogni potere deve avere un proprio limite. I tweet di Musk mi interessano relativamente, mi sembra che sia invece ciò che ho appena accennato il tema che ci dovrebbe interrogare”.

Se il presidente Netanyahu domani atterrasse a Roma il governo italiano dovrebbe arrestarlo?

“L’Italia ha sottoscritto lo statuto della Corte penale internazionale, a Roma, ed è tenuta ad applicarne le decisioni. L’intimazione di arresto, d’altro canto, non può considerarsi definitiva perché, ricordo, Netanyahu ha presentato ricorso e la stessa Cpi ha dichiarato che potrebbe sospendere la sua decisione qualora la magistratura israeliana aprisse una propria inchiesta. Ma al di là degli aspetti giuridici la questione di fondo è che la situazione a Gaza è drammaticamente insostenibile e nessuno penso possa negarlo”.

La sinistra si divide sul termine genocidio ai danni del popolo palestinese. La senatrice a vita Liliana Segre non lo ha definito tecnicamente così: concorda anche lei?

“Sì, lo condivido. Ciò che è innegabile è che a Gaza siano stati commessi crimini e violazioni del diritto internazionale e umanitario, sia da Hamas che dall’esercito israeliano. E che la popolazione palestinese sia sottoposta a immani sofferenze. Alla sinistra rivolgo un invito”.

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Quale?

“Più che dividerci sulle definizioni dobbiamo essere ancora più uniti nel chiedere il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, la consegna degli aiuti umanitari. E non dimenticarci che all’origine di tutto c’è stato il 7 ottobre”.

Voi riformisti del Pd siete ormai una specie di Panda, razza protetta e in via di estinzione ai tempi della sinistra di Schlein. In questa provocazione scova amare verità?

“No. Siamo un partito che discute, anche che si “divide” nel confronto su queste grandi questioni. Ma come potremmo non esserlo? I drammi di cui stiamo parlando, l’idea della pace e della guerra così drammaticamente e concretamente irrompenti nelle nostre coscienze individuali in questi mesi, come non possono generare una discussione difficile anche tra noi?”.

Sembrate sempre divisi.

“Se così non fosse saremmo colpevolmente superficiali, ipocritamente uniti. Certo con la chiarezza delle decisioni, dove e quando è necessario come sul sostegno militare all’Ucraina”.

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Settimane a parlare del centro e del ruolo di Ernesto Maria Ruffini. La convince questo nome come possibile federatore centrista? E nel merito: come si riunisce tutto ciò che è alla vostra destra?

“Non mi unisco al totonomi, non mi affascina particolarmente. Tutti coloro i quali intendono contribuire alla costruzione di un nuovo centrosinistra che sia una forte e credibile alternativa alla destra è benvenuto. Guai se il Pd rinunciasse ad avere robuste dosi di riformismo e non avesse l’ambizione di parlare a tutta la società italiana e guai se coltivassimo l’autosufficienza. Per questo servono alleati forti che mi auguro possano consolidarsi. Non a tavolino o in laboratorio ma nella lotta politica”.

Voi riformisti del Pd non siete messi meglio: divisi per la felicità di Schlein.

“Non mi pare. Abbiamo deciso di accettare l’invito della segretaria a lavorare insieme garantendo unità interna nel rispetto del pluralismo che un grande partito come il nostro deve avere. Lo abbiamo fatto e mi pare, guardando i sondaggi e le ultime elezioni regionali, che le cose non stiano andando male e che il nostro contributo sia rilevante. E la rincuoro: con la segreteria ci sentiamo spesso”.

Bonaccini e Zingaretti a Bruxelles, Letta si è dimesso, Gentiloni ha terminato il mandato da commissario, Orlando andrà in Liguria: Schlein sembra allontanare da Roma la vecchia guardia del Pd. Ne è consapevole? Fossimo in lei inizieremmo a preoccuparci…

“Divertente, ma non mi pare sia così. Andrea Orlando ha fatto una scelta non scontata di cui va ringraziato ma continuerà a dare il proprio contributo a livello nazionale. E tutti gli  altri da lei citati sono figure rilevantissime per ruolo, storia e futuro del nostro partito. Siamo tutti a spingere il carro, ciascuno nel proprio ruolo e con le proprie capacità, sapendo che se si spingesse il carro solo da un lato si rischierebbe di prendere una direzione sbagliata”.
 





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