Negli ultimi 30 anni nelle grandi città spariti 1,5 milioni di giovani. Solo a Bologna resistono. In matematica e italiano studenti disastrosi

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La clamorosa indagine dell’Istat sulla popolazione 0-24 anni nelle 14 città metropolitane italiane. Colpa della denatalità non rimpiazzata dai migranti. Ma anche degli scarsi servizi per famiglie e bambini

Negli ultimi 30 anni nelle 14 città metropolitane italiane è sparita un’intera grande città di ragazzi. La popolazione di età compresa fra 0 e 24 anni è infatti di 4,8 milioni di individui, che sono 1,5 milioni meno di quelli che risultavano nella stessa fascia di età nel 1993 (-24,5%). La progressiva desertificazione della popolazione giovane in quelle aree è dovuta in parte alla ben nota denatalità italiana, non compensata a sufficienza dall’arrivo di giovani migranti. Ma anche delle condizioni di vita nelle grandi aree metropolitane meno sostenibili per le famiglie che si sono spostate in comuni più piccoli dove il costo della vita era più sostenibile e i servizi per l’infanzia più assicurati. Lo rivela l’Istat in un approfondimento sulla vita dei giovani nelle 10 città metropolitane delle Regioni ordinarie e nelle quattro città metropolitane delle regioni a Statuto speciale.

Si salva solo Bologna, mentre dal Mezzogiorno molti giovani sono scappati via

In questi 30 anni la sola città metropolitana nel cui territorio i giovani sono aumentati è quella di Bologna, in tutte le altre 13 aree invece la popolazione 0-24 anni si è ridotta anche sensibilmente. Nell’area della città metropolitana di Bologna complessivamente i giovani negli ultimi 30 anni sono aumentati del 13,2 per cento. Ma il dato è una media fra l’aumento contenuto nel comune di Bologna (+3,1%) e quello percentualmente assai più rilevante dei comuni di seconda cintura della città metropolitana: +51,4%. Nel resto di Italia la desertificazione della popolazione giovanile è stata soprattutto a Sud. Il record è di Cagliari (-45,3%), davanti a Reggio Calabria (-41,1%), Messina (-39,6%), Bari (-37,4%) e Napoli (-36%). La contrazione è stata decisa anche a Torino (-22,1%), e più contenuta a Roma (-14,4%) e Milano (-9,5%). Fra le ragioni di questa differenza c’è anche l’immigrazione giovanile, che ha interessato molto di più i comuni del Centro nord mentre è stata statisticamente poco rilevante in quelli del Sud.

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Per i servizi dell’infanzia a Nord 1.142 euro pro capite, a Sud appena 600 euro

A spiegare la dispersione territoriale giovanile anche i servizi per la prima infanzia, che nel Mezzogiorno sono molto ridotti. Il target previsto dalla legge italiana dovrebbe garantire un posto negli asili nido pubblici ad almeno un bimbo ogni tre fino a due anni. Nel Centro Nord questa percentuale del 33,3% è superata ovunque con la sola eccezione di Venezia. A Bologna e Firenze questa percentuale supera il 45%. Nel Mezzogiorno solo Cagliari (40,5%) è oltre la media prevista dalla legge, mentre in tutte le altre città metropolitane si è ampiamente al di sotto. A Napoli il posto è garantito solo per il 12,5% dei bambini, a Catania per l’11,3%. Il valore medio della spesa pro capite dei servizi educativi nel Centro Nord è di 1.142 per bambino residente fino a 2 anni. La media è superata da quasi tutte le città metropolitane, meno Torino e Venezia. Nel Mezzogiorno invece la spesa pro capite delle città metropolitane è in media di 600 euro, quasi la metà del Centro Nord. Solo Cagliari supera quella cifra, mentre il valore minimo è Catania con 253 euro spesi per bambino residente fino ai due anni.

Sistema scolastico debole, competenze basse sia in matematica che in italiano

Secondo la ricerca Istat quasi uno studente su due in tutta Italia ha scarsa preparazione sia in matematica che in italiano: «Nell’anno scolastico 2022/23 in Italia la percentuale di studenti con competenze insufficienti è infatti il 49,3% degli studenti per le competenze alfabetiche e il 50% per quelle numeriche Si collocano al di sopra della media italiana tutte le città metropolitane del Mezzogiorno e Roma, con svantaggi territoriali rilevanti per alcune città: Napoli con il 66,8%, seguita da Reggio Calabria (61,2%) e Palermo (61%) per le competenze alfabetiche; Napoli (70,2%), Palermo (68,1%) e Catania (65,4%) per le competenze numeriche. Nelle città metropolitane del Centro e del Nord, le migliori performance si confermano a Venezia (36,8%) per le competenze alfabetiche e Bologna per le competenze numeriche (36,1%)». L’asinaggine riguarda in modo differente ragazzi e ragazze. I primi se la cavano meglio con la matematica, mentre le seconde meglio in italiano. «L’asimmetria di genere», spiega l’Istat, «è più elevata nelle città metropolitane di Reggio Calabria e Firenze (oltre 10 punti percentuali) per le competenze alfabetiche e a Catania e Napoli per quelle numeriche (circa 8 punti percentuali)». Ancora molto scarso il livello di alfabetizzazione dei giovani immigrati: «La condizione di fragilità dei cittadini stranieri è rilevante e generalizzata in tutti i territori metropolitani: soltanto il 53,5% dei ragazzi stranieri ha conseguito almeno un titolo secondario superiore a fronte dell’88,6% degli italiani».

Non studiano e non cercano lavoro il 9% dei giovani di età compresa fra 15 e 24 anni

La dispersione scolastica e la disoccupazione vanno a braccetto. «Nelle città metropolitane», continua l’Istat, «nel 2022, i giovani di 15-24 anni che non studiano e non partecipano al mercato del lavoro sono 190mila e 900, il 9% della popolazione residente della stessa fascia d’età. Anche per questo fenomeno esiste una forte dicotomia territoriale. Nelle città metropolitane del Mezzogiorno il peso di questo segmento di giovani più vulnerabili raggiunge quote a due cifre nettamente superiori alla media, ad eccezione di Cagliari (8,8%) e Bari (9,2%). Dati più preoccupanti riguardano le città metropolitane di Palermo e Napoli dove circa 14 giovani su 100 sono fuori dal sistema di istruzione e formazione e dal mercato del lavoro. Il fenomeno invece è più contenuto nella città metropolitana di Firenze (5,5%)».



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