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C’è urgenza e urgenza. E quando si rischia di veder sfumare i fondi del Next Generation Ue, dato che il 56% delle scadenze del Pnrr sono ancora da completare e molte sono state posticipate al 2025 e al 2026, capite che davvero non si può rischiare di arenarsi su fughe dalla firma, tempi biblici e paletti su paletti. Che sono l’incubo delle imprese, ma non solo. Ecco perché il Decreto Ambiente, al secolo Decreto-Legge n. 153/2024 “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico”, entrato in vigore da poche settimane, promette di cambiare le carte in tavola. «Questo decreto è molto importante, poiché rappresenta il risultato di mesi di ascolto delle esigenze del territorio», conferma il Viceministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Vannia Gava. «Tra le novità inserite, ci sono semplificazioni e accelerazioni per ottenere l’autorizzazione ai progetti legati alle rinnovabili. Credo che il mondo imprenditoriale attendesse da tempo questo tipo di velocizzazione negli investimenti, che considero un obiettivo prioritario. Inoltre, il decreto contiene varie norme in tema di economia circolare. Ad esempio, per i Comuni c’era il problema della gestione del verde pubblico, considerato tra i rifiuti speciali non pericolosi, che dovevano essere conferiti in impianti di trattamento specifici. Ora, cittadini e aziende del settore possono smaltire questi materiali direttamente nelle eco-piazzole. Abbiamo anche chiarito la norma relativa al Piano per l’estrazione del gas. Siamo consapevoli che, mentre puntiamo al net zero, dobbiamo garantire la sicurezza energetica a cittadini e imprese».

La nuova normativa dovrà essere convertita in legge entro il 17 dicembre e interviene (in via urgente, appunto) sulle valutazioni e autorizzazioni ambientali, in pratica sul Codice dell’ambiente, in vista dell’approssimarsi delle scadenze previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec). Se manterrà le premesse (e le promesse), il Decreto Ambiente velocizzerà i procedimenti di valutazione ambientale, regolamentando meglio anche la promozione dell’economia circolare. «Il Decreto Ambiente crea finalmente una corsia preferenziale per le valutazioni di impatto ambientale dei progetti di interesse strategico per il Paese, così permettendo la tempestiva realizzazione degli obiettivi del Pnrr e del Pniec», spiega a Economy l’avvocato Arnaldo Bernardi, partner del dipartimento di Litigation and Dispute Resolution, nonché Esg Ambassador dello studio legale Dentons. «Dovrà essere data la precedenza, tra gli altri, a progetti relativi a programmi dichiarati di preminente interesse strategico nazionale o aventi ad oggetto programmi di investimenti per il sistema produttivo nazionale di valore superiore a 25 milioni di euro. Anche i progetti relativi a impianti di idrogeno verde o rinnovabile, o alimentati da fonti eoliche o solari potranno beneficiare della nuova corsia preferenziale: Si tratta in sostanza di assicurare che anche i progetti relativi agli impianti per la produzione di energie rinnovabili possano essere trattati in via prioritaria con l’intento di favorirne la crescita e lo sviluppo». 

Non solo: sempre nell’ottica della semplificazione (per quanto possibile nel Belpaese), il Decreto interviene anche nella fase di verifica di assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale (Via), piuttosto che alla più complessa valutazione ambientale strategica (Vas). 

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Il che significa che il provvedimento non potrà avere una durata inferiore a cinque anni, tenuto conto dei tempi previsti per la realizzazione del progetto, dei procedimenti autorizzatori necessari, nonché dell’eventuale proposta formulata. «Questa nuova disposizione permette di adeguare la validità del provvedimento alle tempistiche specifiche previste in relazione a ciascun progetto, rendendo il procedimento di verifica sempre più coerente con la realizzazione pratica e le fasi autorizzative richieste», chiarisce l’avvocato Giuseppe Gagliardo, senior associate all’interno del dipartimento di Public Law and Regulatory di Dentons.

Poi ci sono i cosiddetti “siti orfani”, quelli potenzialmente contaminati per i quali non è stato concluso (o addirittura non è mai iniziato) alcun processo di bonifica. 

Ecco: il Decreto Ambiente stabilisce che, in caso di mancata pronuncia dell’Arpa entro 30 giorni, quello che tecnicamente di chiama “piano di caratterizzazione”, ossia la tappa preliminare del procedimento di bonifica, sarà concordato tra l’impresa e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che dovrà pronunciarsi entro e non oltre i 15 giorni, fermo restando il principio che “chi inquina paga”. Sempre per accelerare i tempi, l’Arpa potrà avvalersi (nella valutazione del piano di caratterizzazione) anche di enti di ricerca o di laboratori privati accreditati. «Tutto questo». spiega l’avv. Gagliardo, «si dovrebbe tradurre in una maggiore concentrazione dei tempi, consentendo così il raggiungimento entro le scadenze previste degli obiettivi di riqualificazione fissati dal Pnrr». 

Il condizionale è d’obbligo, ma in mancanza di un regime transitorio, la nuova disciplina troverà applicazione non soltanto in relazione alle procedure non ancora avviate, ma anche alle procedure attualmente in corso, fatta eccezione per quelle già concluse. C’è di più: il Decreto Ambiente ha introdotto un’ulteriore novità in merito alla figura del Responsabile Tecnico della gestione dei rifiuti, semplificando i requisiti per le imprese. La nuova norma consente infatti al legale rappresentante della società di ricoprire direttamente tale ruolo, a patto di avere già rivestito il ruolo di Responsabile Tecnico per almeno cinque anni consecutivi. Ciò per consentire alle aziende di ridurre la burocrazia e valorizzare l’esperienza interna.



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