Donald Trump vuole la Nato dell’Artico per contrastare Russia e Cina

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Ultim’ora news 27 dicembre ore 17

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Niente è come appare: anche quello che può sembrare un ripiegamento o un ritorno all’isolazionismo della dottrina Monroe, in realtà è una nuova mossa americana giocata sullo scacchiere globale nel confronto con Russia e Cina. Trump ha giocato d’anticipo aprendo un nuovo fronte: il realismo ha fatto irruzione nella sua strategia geopolitica che, se pure ha abbandonato la retorica del globalismo economico e finanziario dominato dagli Usa, non per questo ha manifestato ambizioni meno grandiose, anche se altrettanto strumentali.

La fine di un’era

Il mondo si è dimostrato davvero troppo grande, e soprattutto complesso, anche per quella che è rimasta l’unica superpotenza globale dopo la dissoluzione dell’Urss: ormai ognuno deve fare la sua parte, perché lo Zio Sam non può pagare per la sicurezza di tutti. Finisce così, con gli auspici pronunciati da Donald Trump in occasione delle festività natalizie e in vista di assumere per la seconda volta il ruolo di presidente, l’era dell’eccezionalismo e dell’unilateralismo americano che aveva trovato l’apogeo con Bill Clinton, il presidente che aveva fatto a pezzi la Jugoslavia, ultimo residuo del comunismo in Europa, e aveva spalancato le porte del Wto alla Cina di Deng Xiaoping, coronando così nel 2001 il cinquantennio della Lunga Marcia che era stata intrapresa da Henry Kissinger per concedere a Mao Zedong l’abbandono del Vietnam in cambio dell’allontanamento dall’Urss.

Il ruolo cruciale del Canale di Panama

Il discorso di Trump sembra tornare indietro di un secolo, alla dottrina del suo predecessore James Monroe: gli Stati Uniti devono avere come obiettivo primario la supremazia territoriale sull’intero continente nordamericano. E non si tratta solo del «cortile di casa» da tenere sgombro da pericolose influenze esterne, come accadde ai tempi della crisi di Cuba che fu innescata dall’arrivo di missili sovietici che avrebbero minacciato da vicino la Florida: Trump concilia infatti una sorta di neo-isolazionismo statunitense con la realizzazione di una infrastruttura geopolitica completamente nuova, pur sempre coerente con l’ossessione mai sopita di circondare l’Heartland, il cuore del mondo rappresentato dalla Russia sterminata.

Gli Usa devono innanzitutto riprendere il controllo del transito navale tra il Pacifico e l’Atlantico che utilizza il Canale di Panama, un’infrastruttura di importanza strategica per i traffici commerciali che fu costruita con capitali e da lavoratori americani e che era stata sotto il pieno controllo statunitense dal 1903 al 2000, mentre ora viene addirittura controllata da soldati cinesi: questo è un rischio enorme, che va assolutamente eliminato. D’altra parte fu la necessità di garantire la libertà dei mari in tempi sia di pace che di guerra, e così i commerci che arricchivano gli Stati Uniti, che indusse T. W. Wilson a intervenire nel primo conflitto mondiale dichiarando guerra alla Germania che insidiava le rotte atlantiche. Questo ora vale anche per il Mar Glaciale Artico, che sarebbe altrimenti un monopolio della Russia a beneficio soprattutto della Cina, che sottrarrebbe così i suoi traffici commerciali allo storico controllo degli Stretti: da quello di Malacca a quello di Aden, dal Canale di Suez a Gibilterra, sarebbero completamente bypassati.

Dal Canada alla Groenlandia

C’è quindi da coinvolgere il Canada, un Paese già legatissimo dal punto di vista commerciale agli Stati Uniti e per questo assai prospero, che avrebbe tutto da guadagnare nel divenire il 51° Stato dell’Unione: non solo perché la taglia della sua economia raddoppierebbe in breve temo mentre le tasse si dimezzerebbero, ma soprattutto perché beneficerebbe gratuitamente di una difesa imbattibile rispetto alle aggressioni esterne. Impacchettato com’è tra l’Alaska e il resto degli Usa, finora il Canada ha beneficiato troppo comodamente e soprattutto gratuitamente della difesa strategica statunitense: come gli alleati europei della Nato, anche i canadesi non possono rimanere coperti, a scrocco, sotto l’ombrello di Washington.

E quindi c’è da considerare la sterminata e disabitata Groenlandia, il cui territorio è grande quattro volte quello della Francia e i cui cittadini, sempre secondo Trump, vorrebbero diventare americani se solo potessero. C’è di mezzo la sovranità sul Mar Glaciale Artico: una continuità geopolitica che consolidasse le proiezioni di Alaska, Canada e Groenlandia consentirebbe agli Usa di fronteggiare da pari a pari, e senza soluzione di continuità, la Russia, che invece oggi domina incontrastata sul versante opposto dell’emisfero questa promettente e strategica nuova rotta commerciale.

Il tempismo dell’annuncio di Trump

La strategia degli Usa nell’Artico andrebbe così a completare il circondamento dell’Heartland, che è proseguito anche di recente sul versante Atlantico con l’adesione della Svezia e della Finlandia alla Nato: ha determinato non solo la chiusura del Golfo di Finlandia ma soprattutto l’isolamento di San Pietroburgo, che finora aveva rappresentato l’unico sbocco libero e diretto della Russia in Europa.

Inutile dire che a fronte di questi auspici di Trump le reazioni politiche a Panama in Canada e in Groenlandia sono state quasi scandalizzate: è stata una vera e propria provocazione, che ha dimostrato come tutte le pretese di egemonia debbano tener conto del principio di autodeterminazione dei popoli. C’è dunque da chiedersi il perché, e proprio ora, dell’annuncio da parte di Trump di una strategia così palesemente aggressiva nei confronti di Mosca, quando sono in vista i colloqui per la sistemazione dell’Ucraina, a proposito della quale la Russia ha la pretesa di mantenere sotto controllo le aree già conquistate militarmente, oltre alla Crimea già annessa, e vuole che Kiev venga smilitarizzata e rimanga fuori dalla Nato.

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Se Mosca, a dispetto del diritto dei popoli all’autodeterminazione, continua a insistere per avere comunque una zona di sicurezza ai propri confini verso l’Europa, deve subire la prospettiva che gli Usa se ne costruiscano una sull’Artico che rappresenti una minaccia altrettanto simmetrica: equivalent retailation, tit for tat. (riproduzione riservata)



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