Monica Chizzolini, l’esperta dei sogni per bambini

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Dormi ora che poi non dormi più”. Una frase che un neo genitore ha sentito più e più volte nei primi mesi (e forse anni) di vita del bambino.

Tanto che la Società italiana di pediatria calcola che nel mondo industrializzato il 25% dei bambini al di sotto dei 5 anni soffra di disturbi del sonno, mentre dopo i 6 anni e fino all’adolescenza la percentuale si attesta intorno al 10-12%.

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Monica Chizzolini

Oggi però esiste il consulente pediatrico del sonno. Un professionista che insegna alle famiglie le strategie migliori per addormentare i piccoli. La padovana Monica Chizzolini fa questo mestiere da ormai quattro anni.

Monica, come è nato il suo lavoro?

«Mi è capitato un bambino che non dormiva. Il mio secondogenito non ne voleva sapere di non dormire. Così mi sono rivolta a una consulente del sonno certificata della scuola americana Sleep sense. Il suo aiuto fu fondamentale: il mio bambino si svegliava tante volte, ci impiegava tanto ad addormentarsi, stando solo in braccio, con il latte, insomma sempre con un supporto esterno».

E così ne ha fatto una professione?

«Con i bambini ci so fare, mi sono sempre piaciuti e questo è un mestiere in cui l’empatia con il bambino è indispensabile. Nella mia famiglia si è sempre parlato di neonati: mio padre è un ginecologo e fa nascere nuove vite».

Da quattro anni è una consulente pediatrica del sonno e si dedica – con grandi risultati – ad aiutare le famiglie a ritrovare la pace notturna.

«Ad oggi ho aiutato moltissime famiglie sia in Italia che in giro per il mondo: Bruxelles, Spagna, Londra, Svizzera, perfino Abu Dhabi e collaboro con i pediatri osteopati. Da gennaio a oggi ho seguito 140 famiglie e l’anno non è ancora finito».

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Ma viaggia in tutto il mondo?

«No, il mio lavoro può svolgersi tranquillamente da remoto: con la telecamera posizionata sul lettino o sulla culletta osservo a distanza, poi assisto i genitori con videochiamate e messaggi, la mia presenza fisica non è necessaria».

Dalle recensioni entusiastiche che riceve su Google e Facebook, si direbbe che il metodo della scuola Sleep sense funzioni.

«Sono molto orgogliosa di sapere che numerose famiglie hanno trovato nella mia consulenza la soluzione al problema di sonno del loro bambino. Intorno a noi ci sono purtroppo un sacco di “sopravvissuti”: bambini oggi adulti che non hanno mai imparato a dormire da soli e continuano a fare fatica. Io sono stata una di loro».

Nel suo sito – anannaconmonica.com – spiega l’azione sul campo. Ma cosa accomuna tutte le famiglie che si rivolgono a lei?

«Hanno bambini che si addormentano solo allattati o con i biberon, in braccio, che si svegliano durante la notte e hanno sempre bisogno dell’intervento del genitore per riaddormentarsi, confondono il giorno con la notte e, alla fine, a me si rivolgono genitori stanchi e molto provati».

Dopo la prima consulenza si aprono percorsi che durano mediamente due-tre settimane?

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«Esatto. Mi occupo dei bambini dai 4 mesi ai 4 anni di età, bisogna ricordare che dormire è un’attività primaria, ma 1 bambino su 4 soffre di disturbi del sonno. Io osservo la routine del sonno, faccio attenzione ai passaggi e poi intervengo. Amo i bambini, sono felice di vederli star bene, ma quello che mi colpisce sempre, ogni volta che finisco il mio lavoro con una famiglia, è che rinascono».

Ogni bambino ha una sua storia, ma ci sono alcuni consigli che possono valere per tutti?

«Certo, si tratta di raccomandazioni generali, frutto del buon senso: il buio aiuta i piccoli ad addormentarsi, bisogna evitare gli schermi artificiali e gli zuccheri poco prima di andare a nanna, è utile ripetere sempre le stesse fasi di addormentamento sapendo che la fascia oraria più corretta è dalle 18 alle 20.30, quando la melatonina ha il suo picco. Un mito che va assolutamente sfatato è che più i bambini sono stanchi, prima si addormentano: quando sono stanchi e nervosi, si salvi chi può».

Monica, ma in questi quattro anni di lavoro sul campo, di metodi fai-da-te rocamboleschi ne ha visti tanti?

(Ride) «Purtroppo sì, ne ho viste di tutti i colori, anche se all’origine c’era sempre l’amore per i bambini, l’autentico desiderio di aiutarli, molti genitori finivano per fare più danno che bene. Dai chilometri in auto ad ogni musichetta o rumore possibile, come la cappa della cucina o l’aspirapolvere, tutti rumori bianchi che ricordano i suoi all’interno della pancia. Possono far sorridere, ma la verità è che un bambino che non dorme stravolge la famiglia».

E i genitori, sono collaborativi?

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«Decisamente sì. Fino ad oggi non mi è mai capitato di incontrare genitori che non si mettessero profondamente in gioco. E dico un’altra cosa che credo sia interessante perché parla dell’evoluzione delle famiglie: non parlo “solo” con le mamme, anche i padri sono attenti e partecipi alla vita del figlio, in tutte le sue fasi. Questo dà senza dubbio forza alla coppia e alla famiglia».



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