Il vescovo Tremolada alla messa di Natale: “La grazia di Dio porta gli uomini alla salvezza”

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Trovare nelle persone e nelle testimonianze quotidiane l‘amore di Dio, il messaggio di Maria e la nascita di Cristo. Trovarli nei cuori, nelle menti e nelle mani degli operatori di pace, dei miti, dei misericordiosi, dei puri di cuore, di quanti hanno fame e sete della giustizia, di quanti sono felici di aiutare chi è povero, di dar da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, di assistere chi è malato, di visitare chi è in carcere, di consolare chi piange, di accogliere chi è disperso, di dare casa a chi non l’ha, di rialzare chi è caduto, di perdonare chi offende, di servire con umiltà.

E’ questo il messaggio ai fedeli del vescovo Pierantonio Tremolada nell’omelia della messa di mezzanotte nella Cattedrale di Brescia. 

L’omelia del vescovo 

‘È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini’: così scrive san Paolo a Tito, suo amato discepolo. È la frase con la quale l’apostolo esprime quello che considera il cuore stesso della sua fede ma anche la ragione della sua gioia e della sua speranza. È quanto la liturgia ci invita a riconoscere e a proclamare in questa notte santa e in questa celebrazione solenne. Davvero la grazia di Dio è apparsa e lo ha fatto nella notte in cui il Cristo Signore è nato per noi. La memoria di chi ha vissuto la nascita del Salvatore si è fissata nel racconto del Vangelo di Luca, e in particolare nel brano del Vangelo che la liturgia ci fa ascoltare sempre la notte del Natale.

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È bello pensare che in questo racconto si possa ritrovare la testimonianza stessa della madre del Signore. Vorremmo provare, in questa breve riflessione natalizia, a fare nostri i sentimenti della Beata Vergine Maria, rivivendo per un momento con lei l’esperienza dell’apparizione nel mondo della grazia di Dio. Gli avvenimenti che accadono, presi in se stessi sono estremamente semplici. L‘evangelista Luca racconta che “mentre Maria e Giuseppe si trovavano nei pressi di Betlemme, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”. Per chi ne fa esperienza, tuttavia, questa nascita è del tutto molto singolare. Maria stessa si sarà domandata – e Giuseppe con lei – quale senso poteva avere una nascita avvenuta in questo modo.

Entrambi sapevano – i Vangeli ce lo confermano – che il bambino portato in grembo da Maria era stato annunciato dall’angelo di Dio come il Messia atteso da Israele e che – sempre secondo le parole dell’angelo – era stato concepito per la potenza dello Spirito santo. Parole queste assolutamente misteriose. Maria e Giuseppe avevano intuito, non senza sgomento, di essere entrati in un disegno grandioso, di cui avevano colto al momento soltanto il rapporto con le promesse dei profeti. Ma vedere ora che questo bambino nasceva così, nel buio della notte, lontano da casa, senza un alloggio degno di questo nome, nel freddo di una grotta, deposto in una mangiatoia per animali, non poteva non suscitare stupore e forse anche qualche timido dubbio. Veniva spontaneo paragonare questa nascita con quella di Giovanni, il figlio di Zaccaria e di Elisabetta, avvenuta nella casa dei suoi genitori tra la gioia di molti parenti e vicini. Il Vangelo di Luca ci fa ben capire che saranno i pastori ad offrire a Maria e Giuseppe una prima risposta alle loro legittime domande. Dei pastori, che in quella notte vegliavano le loro greggi nel territorio di Betlemme, l’evangelista Luca riferisce che “giunsero da Maria e Giuseppe, videro il bambino adagiato nella mangiatoia, e dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”.

Che cosa dunque riferirono i pastori? Che cosa era stato detto loro a riguardo del bambino? L’evangelista lo ha raccontato in precedenza. Un angelo era apparso a loro in un bagliore di luce e aveva annunciato un evento di gioia per loro e per tutto il popolo, che aveva indicato così: “Oggi nella città di Davide vi è nato un Salvatore, che è il Cristo Signore”. Tutto il popolo di Israele da tempo attendeva questo annuncio. I pastori stessi, pur nella loro umiltà, lo sapevano. Dunque il Messia annunciato dai profeti, il Cristo di Dio, era nato. E veniva presentato come il Salvatore e come il Signore, cioè colui che ha il potere stesso di Dio. I pastori avevano poi udito un canto, che proveniva dall’alto: un coro di angeli proclamava la gloria di Dio nei cieli e sulla terra la pace per gli uomini amati da Dio.

L’annuncio era dunque grandioso. Se i pastori non erano in grado di coglierne tutto il significato, ne percepivano tuttavia l’importanza. Come allora non rimanere sorpresi quando l’angelo fece seguire al suo annuncio queste parole: “Ecco per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce che è deposto in una mangiatoia”. Il contrasto tra che ciò che veniva annunciato e ciò che avrebbero visto era stridente. E di fatto videro un bambino nato in una grotta e posto in una mangiatoia. Si saranno chiesti: come può il Messia di Dio entrare così nella storia dell’umanità? L’angelo tuttavia aveva spiegato loro che questa nascita andava interpretata. Essa era un segno. Nascondeva un segreto che andava scoperto. Lo stesso era chiamata a fare Maria, la madre di Gesù.

L’evangelista Luca è molto attento a riferire che ella ne era pienamente consapevole. “Da parte sua – dice – custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Che cosa ha dunque ha capito meglio la vergine Madre da questa nascita singolare del Cristo Salvatore? Che cosa ha meglio compreso del disegno di grazia che a Betlemme ha avuto inizio in modo così evidente? Ha meglio compreso che Dio da sempre si rivolge all’umanità con affetto; che Dio fa grazia e che ha piacere di salvare; che Dio manifesta la sua forza non con la violenza, ma con l’umile mansuetudine; che Dio ama perdonare, accetta di essere respinto, non smette di amare chi gli è ingrato e lo respinge; che Dio non teme la povertà, ma anzi la preferisce alla ricchezza.

Capirà meglio in seguito che il freddo della grotta di Betlemme anticipava l’ostilità del calvario e il legno inospitale della mangiatoia preparava il legno doloroso della croce, ma che comunque l’ultima parola è l’amore di Dio per l’umanità e che questo amore è fedele. Dove dunque vederne i segni? Dove cercare le risonanze della grazia che nel Natale di Cristo ha visitato il mondo e che la Vergine Madre ha contemplato?

Nei cuori, nelle menti e nelle mani degli operatori di pace, dei miti, dei misericordiosi, dei puri di cuore, di quanti hanno fame e sete della giustizia, di quanti sono felici di aiutare chi è povero, di dar da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, di assistere chi è malato, di visitare chi è in carcere, di consolare chi piange, di accogliere chi è disperso, di dare casa a chi non l’ha, di rialzare chi è caduto, di perdonare chi offende, di servire con umiltà.

La salvezza di Dio si è compiuta nel Cristo che è nato a Betlemme ma attende la conferma di ciascuno di noi, lì dove la provvidenza di Dio ci ha posti. Sia dunque Natale anzitutto dentro di noi, nel segreto del nostro cuore. Interceda per noi la Madre del Signore, colei che ha fatto della grazia di Dio la sorgente della sua gioia. 

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