ROMA A una persona ragionevole la domanda potrebbe apparire oziosa. Può un aumento di soli cinquanta centesimi su un volo intercontinentale proveniente da Paesi extra europei, e che generalmente costa centinaia di euro, mettere a rischio il Giubileo della Chiesa Cattolica? Verrebbe quasi da sorridere. Eppure la norma inserita nella manovra del governo e che riguarda pochissimi aeroporti, solo quelli che fanno registrate un traffico annuale superiore a 10 milioni di passeggeri, ha mandato in tilt il management di Ryanair, la principale compagnia low cost che vola in Italia. Il vettore ha definito la decisione «miope e regressiva». Minacciando che «questo aumento della tassazione costringerà le compagnie aeree, come Ryanair, a rivedere i propri piani per l’Italia nel 2025, con gravi conseguenze per la connettività, il turismo e i posti di lavoro, in particolare a Roma dove è necessaria una maggiore connettività aerea per sostenere il turismo in entrata nell’Anno Giubilare».
GLI ESEMPI
Per Ryanair, invece, bisognerebbe seguire l’esempio della Svezia, dell’Ungheria, della Polonia, o per non andare troppo lontano della Calabria e del Friuli-Venezia Giulia che hanno preso la decisione «lungimirante» di abolire la tassa sugli imbarchi ottenendo in cambio più aerei e rotte. I due esempi italiani citati da Ryanair sono interessanti, quasi illuminanti. La Calabria, oltre ad abolire la tassa s’imbarco, ha varato un piano di incentivi di 120 milioni in tre anni per attrarre le compagnie low cost. L’aeroporto di Trieste, dove la Regione grazie alla sua autonomia ha potuto cancellare il balzello, si sta sviluppando a scapito di quello di Venezia. I passeggeri insomma, sono dirottati dove è più conveniente (si può immaginare che ci siano in giro più turisti interessati a visitare la città della laguna che Trieste). Man mano che le compagnie a basso prezzo hanno preso il sopravvento su quelle tradizionali, hanno capito di avere il coltello dalla parte del manico, soprattutto in un Paese come l’Italia dove i voli sono contesi da 38 aeroporti di interesse nazionale spesso uno vicino all’altro. Le compagnie low cost, Ryanair in testa, sono attratte a colpi di sovvenzioni. L’Autorità dei trasporti le aveva quantificate in oltre 300 milioni l’anno. Il biglietto, insomma, costerà poco (e non sempre, visto che poi durante i periodi di punta i prezzi schizzano guidati dagli algoritmi), ma a pagare lo sconto sono spesso i cittadini italiani. Pure quelli che un aereo non l’hanno mai preso. Il ruolo di difensore del contribuente italiano a Ryanair, si addice veramente poco.
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