Oggi, che è il giorno della decisione della BCE, è il momento di discutere nuovamente delle Banche centrali. La mia opinione sulle riduzioni dei tassi di interesse finora effettuate è chiara: le ritengo completamente inefficaci per il meccanismo di trasmissione del credito e mirate esclusivamente a supportare i bilanci delle banche. Inoltre, queste azioni sono pericolose in un contesto di tendenze inflazionistiche recenti. O forse, parlando continuamente di data-dependency e del rischio di una spirale prezzi/salari, la BCE stava seguendo una logica e un’agenda diversa?
Riprendiamo il discorso e immaginiamo di prendere un aereo per Londra, che settimana dopo settimana sembra sempre più il corrispettivo europeo di quel laboratorio di degenerazione monetaria rappresentato dal Giappone. Durante un evento organizzato dal think tank economico OMFIF, il vice-governatore della Bank of England, Dave Ramsden, ha recentemente rivelato importanti novità.
Le novità sono tre. La prima è l’ufficializzazione del nuovo strumento di intervento, il Contingent NBFI Repo Facility (CNRF), che sarà operativo dall’inizio del 2025. La seconda è la rivelazione degli attori che potranno depositare i titoli di stato britannici per ottenere liquidità in caso di necessità immediata: tutti. Questo include fondi pensione, LDI funds, compagnie di assicurazione e perfino hedge funds. Terzo, e cruciale: l’anonimato è garantito per legge. Per evitare lo stigma che potrebbe aggravare la crisi invece di risolverla, ha confermato il secondo di Threadneedle Street.
L’unica penalità prevista? Un haircut sul collaterale offerto. In pratica, se presento Gilts per un valore X, riceverò liquidità pari a X-Y di commissione, per proteggere i contribuenti da eventuali perdite subite dalla Old Lady. E queste perdite, riferite all’ultimo programma di Qe durante la pandemia, ammontano – secondo le ultime stime ufficiali della BoE – a circa 95 miliardi di sterline entro il 2034. Solo ad aprile, la stima era di 85 miliardi. Se il nuovo strumento fosse stato operativo durante la crisi post-budget del 2022, chi ha investito in fondi pensione avrebbe vissuto l’angoscia di non sapere se il proprio gestore fosse in difficoltà. Un passatempo decisamente interessante.
Ma ascoltate bene le parole chiave pronunciate da Dave Ramsden: Stiamo esaminando le compagnie di assicurazione, gli assicuratori sulla vita, i fondi LDI. Da qui siamo partiti. Ma certamente non è qui che ci fermeremo… Il CNRF sarà attivato dalla banca quando giudicheremo che la disfunzione del mercato dei gilt è talmente grave da minacciare la stabilità finanziaria senza un intervento. E i nostri prestiti alle banche da soli non elimineranno quella minaccia. Perché la Bank of England, in un momento di calma e mercato euforico, pensa che il programma dash-for-cash del Qe pandemico non fosse sufficiente e necessitasse di un’implementazione rapida di una struttura simile? È solo una questione di haircut sul collaterale? O serve una nuova struttura e un nuovo acronimo per coprire praticamente tutti i soggetti coinvolti nell’indebitamento basato sul mercato del casinò britannico?
Questo tipo di prestito ora rappresenta il 56% del debito aziendale britannico, che ammonta a 1,4 trilioni di sterline. E proprio gli hedge funds sono diventati attori principali attraverso la loro intermediazione: dal 2018 ad oggi, il volume di trading su titoli di stato britannici realizzato da fondi speculativi è aumentato dal 16% al 28% del totale. Dunque, siate avvisati. Oltremanica si aspettano un altro 2022. Al cubo. È gentile da parte loro anticiparlo, vero?
Ma attenzione. Perché non più tardi del giorno successivo, la BRI, la Banca delle Banche centrali, nel suo report trimestrale ha lanciato un allarme ancora più chiaro e netto. A Basilea hanno esaminato attentamente i numeri delle emissioni obbligazionarie sovrane dell’anno in corso e, dopo alcuni rapidi calcoli, hanno sentito la necessità di evidenziare come un tale volume di debito in circolazione rischia di far esplodere il mercato nel 2025.
La ragione? Semplice, i cosiddetti bond vigilantes entreranno in azione. E spingeranno al rialzo i premi richiesti su quel debito, cercando di riequilibrare un’offerta eccessiva che sta annullando completamente il concetto di mark-to-market. I responsabili? Le Banche centrali che fanno capo alla BRI. Il motivo? Le loro manovre manipolative alla maniera della Bank of England. Un enorme cane che si morde la coda. E che poi abbaia alla Luna, sperando che qualcuno accetti ancora una volta per buona la scusa dell’imprevisto che è arrivato a bussare alla porta. Tutti sanno che il sistema è ormai al limite. Ma tutti hanno la necessità di emettere e rifinanziare debito.
La differenza? La Germania lo fa mantenendo un rapporto dei conti pubblici ancora a due cifre e con un po’ di spazio fiscale disponibile. La Francia non più. L’Italia, poi, è totalmente dipendente dal reinvestimento dei titoli BCE. Quello che, ufficialmente, dovrebbe terminare tra una quindicina di giorni e potrebbe segnare l’accelerazione del ritorno sul mercato secondario dei bond acquistati durante la pandemia. Chissà se oggi a Francoforte hanno capito che l’unica vera priorità è quella di rinviare a tempo indeterminato quel deleveraging di bilancio, il mitico Qt?
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