AGI – A solo un mese dal ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, il presidente uscente Joe Biden cerca di lasciare il segno in materia di lotta ai cambiamenti climatici con una nuova roadmap per gli Stati Uniti.
Il piano d’azione presentato alle Nazioni Unite, prevede che il Paese – secondo più grande inquinatore al mondo dopo la Cina – riduca le sue emissioni del 61-66% circa entro il 2035 rispetto al 2005. Finora, gli Stati Uniti si erano impegnati a ridurre della metà le proprie emissioni entro il 2030.
Questa nuova tabella di marcia costituisce “il programma climatico più audace nella storia degli Stati Uniti”, ha detto il presidente democratico uscente. “Trasformeremo questa minaccia esistenziale (del riscaldamento globale) in un’opportunità unica per trasformare il nostro Paese per le generazioni a venire”, ha sottolineato.
Per raggiungere questo obiettivo, l’amministrazione Biden conta in particolare sui frutti dei suoi massicci investimenti nel settore delle energie rinnovabili ma anche sul contributo del settore privato.
Washington aveva tempo fino a febbraio per presentare all’Onu questa revisione dei suoi obiettivi climatici chiamati “contributi determinati a livello nazionale” (Ndc), in conformità con l’accordo di Parigi del 2015, con i quali ogni Stato fissa i propri obiettivi non vincolanti. Obiettivi che il suo successore Trump potrebbe rapidamente spazzare via, tra sostegno dichiarato ai combustibili fossili e possibilità di disimpegno dall’Accordo di Parigi, di cui gli Stati Uniti erano già fuori durante il suo primo mandato.
La sua portavoce, Karoline Leavitt, ha reagito lodando le passate politiche repubblicane che, secondo lei, hanno permesso di “far avanzare la conservazione e la gestione ambientale promuovendo al tempo stesso la crescita economica”. “Il suo secondo mandato consentirà di ripulire l’aria e l’acqua”, ha assicurato Leavitt, senza menzionare il desiderio del presidente eletto di abbandonare questi impegni.
Di fronte al rischio che Trump ignori questa nuova road map, l’inviato di Biden per il clima, John Podesta, ha assicurato in uno scambio con i giornalisti di avere fiducia nella capacità del settore privato e delle autorità locali di “portare avanti le cose”.
“Non si tratta di un pio desiderio, è già successo prima”, ha insistito, ricordando le misure messe in atto dagli stati e dalle città democratiche durante il primo mandato di Trump. Tuttavia, secondo Podesta, le politiche federali decise dal repubblicano potrebbero “mettere in secondo piano l’azione per il clima”.
I gruppi ambientalisti hanno accolto con favore i nuovi obiettivi annunciati, che prevedono in particolare una riduzione di almeno il 35% delle emissioni di metano, un potente gas serra. Durante il suo mandato, Biden ha portato avanti progetti molto ambiziosi nella lotta al riscaldamento globale, tra cui massicci investimenti nelle energie rinnovabili.
Ma gli Stati Uniti, che rimangono il più grande produttore mondiale di petrolio e gas e il più grande inquinatore storico, sono in ritardo quando si tratta di azione globale per il clima. Secondo il centro ricerche Rhodium Group, i gas serra emessi dal Paese sono diminuiti del 18% nel 2023 rispetto al 2005.
E nell’estate del 2024, il centro ha stimato che entro il 2035 queste emissioni dovrebbero diminuire dal 38 al 56% rispetto a questo parametro. L’accordo di Parigi, di cui fanno parte 195 paesi, mira a mantenere l’aumento della temperatura media globale “ben al di sotto dei 2 C” rispetto ai livelli preindustriali e a proseguire gli sforzi per limitarlo a 1,5 C. Il mondo si è già riscaldato di 1,2 C o 1,3 C in media, a seconda del periodo considerato.
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