Il futuro del solare termico in Europa si basa sulla possibilità di sfruttare una tecnologia matura che è progettata e prodotta interamente sul territorio. Già oggi fornisce già quasi 41 GWth di energia pulita, grazie agli impianti installati su 11 milioni di tetti (Fonte: Solar Thermal Market Outlook 2023-2024). Una possibilità che va consolidata dalle decisioni politiche, normative e industriali.
«È un dato di fatto che ci sia bisogno di una tecnologia come il solare termico, e anche in maniera massiccia, per affrontare con successo la transizione energetica», afferma Guglielmo Cioni, presidente di Solar Heat Europe, l’associazione di settore che rappresenta il riscaldamento e il raffrescamento solare a livello europeo.
Oggi lo scenario internazionale richiede di contare in maniera particolare su una posizione forte dell’UE anche in materia energetica, puntando sugli obiettivi che l’hanno resa prima realtà mondiale a puntare su rinnovabili e decarbonizzazione, con obiettivi sfidanti.
In questi giorni in cui la nuova Commissione Europea sta assumendo il comando, è chiamata a ridefinire l’indipendenza energetica dell’UE in un contesto globale volatile e con la presidenza di Trump all’orizzonte e con un contesto geopolitico di forte incertezza.
Il solare termico è una delle soluzioni e fonti rinnovabili su cui puntare. «A differenza del fotovoltaico, il solare termico conta su un’industria totalmente made in Europe, dando lavoro ai nostri cittadini e sicurezza energetica alle nostre comunità. È un fattore considerevole, tanto più adesso che, con la transizione energetica, si corre il rischio di instaurare una nuova dipendenza da Paesi terzi, di materie prime e componenti», rileva il vertice italiano di Solar Heat Europe.
Presidente Cioni, che momento vive oggi il solare termico in Europa?
«È un momento particolare. Da un lato vengono lanciate norme importantissime a livello europeo e nazionale, che stimolano investimenti in tecnologie pulite, dall’altro però l’attenzione è quasi esclusivamente rivolta alle rinnovabili elettriche, insieme a una forte spinta verso l’elettrificazione di tutti i consumi possibili, inclusi la mobilità e gli impieghi del calore, con costi che rischiano essere molto elevati, per i consumatori, imprese e cittadini. Elettrificare l’intero sistema, e al tempo stesso decarbonizzare, significa aumentare massicciamente la necessità di produrre e distribuire energia elettrica rinnovabile. Questo si traduce in enormi investimenti in nuova capacità di generazione, principalmente fotovoltaica ed eolica, con un impatto significativo sull’economia europea, ma non necessariamente in modo così efficiente come si vuol credere a tutti i costi. Oltre agli investimenti in produzione, sono da prevedere nuove infrastrutture per aumentare la capacità di distribuzione. Se pensiamo ai consumi termici, un’eccessiva semplificazione in termini, elettrificare tutto, rischia di comportare dei costi elevatissimi, che alla fine graveranno sulla comunità, sia come costi di investimento, fondi pubblici per l’infrastruttura, che come costi quotidiani: le bollette»
In questo contesto, il solare termico, si colloca nel paniere dei consumi di calore, che rappresentano il 50% di tutti consumi energetici a livello globale. Per decarbonizzare questa enorme e finora trascurata componente dei nostri consumi, è assolutamente necessario ricorrere anche a tutte le fonti rinnovabili termiche, come il solare termico, ma anche, per citarne un’altra ad esempio, il geotermico.
Il solare termico può contare su una tecnologia matura e su una filiera ben consolidata, tradizionalmente per gli usi residenziali, ma oggi sempre più anche per applicazioni di larga scala, come il calore industriale e il teleriscaldamento.
Su 41 GWt di capacità totale installata in Europa, il 96% costituito da impianti di piccola scala, per lo più per acqua calda sanitaria. Il restante 4% è costituito dai grandi impianti, la nuova frontiera del solare termico, suscettibile anche quella di grande espansione, che oggi contano per circa 1,6 GWt. Rispetto al fotovoltaico, sono micro numeri. Ma come il solare elettrico, anche il termico ha tutta la capacità di crescere in scala e impatto finale, e senza delocalizzare massicciamente come è avvenuto per il fotovoltaico, che ormai ha praticamente un’unica piattaforma produttiva, la Cina».
Che sfida rappresenta il solare termico per usi industriali?
«È una sfida ardua, più di quella nel residenziale, ma è anche molto importante. Basti ricordare che se il calore in generale rappresenta la metà dei consumi globali, come ricorda IEA, i soli processi industriali sono responsabili a loro volta del 51% di tutto il calore consumato, mentre un altro 46% è costituito dal calore per il riscaldamento e l’acqua calda degli edifici.
Le rinnovabili termiche già oggi soddisfano il 25% dei consumi termici. Occorre dunque scalare rapidamente per incrementare questa percentuale. Per esempio nei consumi industriali, laddove metà del fabbisogno termico potrebbe essere soddisfatto da applicazioni solari termiche, in particolare i consumi a bassa e media temperatura.
Calore industriale e teleriscaldamento sono due applicazioni su cui molte aziende del settore solare termico stanno intensamente lavorando e investendo. È una nuova frontiera per noi e per i nostri utilizzatori, che necessitano di calore a temperature molto diverse fra loro, e tuttavia tranquillamente alla portata della nostra tecnologia. Si va dagli 80-90 °C del teleriscaldamento ai 150-180 °C dei tantissimi utenti industriali, fino ai 400 °C di specifici processi, anche molto diffusi ed energivori, per esempio nel petrolchimico. Anche temperature così elevate sono alla portata del solare termico, in questo caso con l’uso di concentratori.
Il teleriscaldamento solare, già oggi, è un settore in grande espansione in Francia, Germania, Austria. In Italia ci sono 3-4 impianti installati, l’ultimo dei quali nella cittadina cuneese di Racconigi, con l’installazione di oltre 500 pannelli solari termici, con una superficie di 1000 mq e una potenza di picco superiore a 700 KWt, in grado di produrre acqua calda a 90 °C sia d’estate che d’inverno».
Il solare termico, quindi, si sta espandendo in tutte le direzioni…
«Proprio così, ma sconta difficoltà notevoli, innanzitutto la competizione con il gas e i fossili a basso costo. L’investimento in un impianto solare di grande scala, necessita di una pianificazione accurata, sia tecnica che finanziaria, allo scopo di dimostrare la redditività dell’investimento a fronte del risparmio di combustibile. Considerando costi del gas storicamente bassi, oggi un investimento in qualunque tecnologia rinnovabile è sempre complesso, perché dipende moltissimo dalle condizioni al contorno: prezzo del gas, tassi di interesse, tempi di approvazione.
I gas e gli altri combustibili fossili sono ancora oggi estremamente sussidiati dai governi e quindi dai cittadini, che prendono in carico costi vivi e anche costi occulti della filiera, le cosiddette esternalità, per poi dover subire anche i costi, ben visibili ormai, dei cambiamenti climatici che le emissioni di CO2 hanno provocato.
Insomma, sono tutte complessità che chi vuole continuare a usare il gas naturale, con bruciatori o con cogeneratori, non ha e che devono per forza essere controbilanciati da incentivi per le rinnovabili termiche, che ancora oggi sono limitati, instabili e sempre in discussione.
In ogni caso, il solare termico ha un grandissimo potenziale e già oggi presenta costi confrontabili con quelli del gas. Non ha controindicazioni di alcun tipo, salvo la comprensibile resistenza di chi deve fare la scelta di cambiare. Nel prossimo futuro, però, le necessità stringenti derivanti dalla conformità con le norme europee e dall’urgenza di decarbonizzare, porteranno tutti i soggetti industriali a porsi il problema di far fronte a vincoli sfidanti e sempre più stringenti».
Come Solar Heat Europe su cosa state lavorando per affrontare questa situazione?
«In questi anni ci siamo concentrati su tutte le misure e le direttive, raccolte nel pacchetto Fit for 55%: la Energy Efficiency Directive, la Renewable Energy Directive e la EPBD (per l’efficienza degli edifici). Abbiamo lavorato per far sì che si attuassero i vincoli stringenti previsti. Inoltre abbiamo insistito perché non si puntasse su una soluzione precostituita, per esempio l’elettrificazione massiccia, o solo su tecnologie ancora non testate, come l’idrogeno o la cattura di CO2.
Per chiarezza, non siamo contrari all’elettrificazione, ma siamo convinti che vada aiutata e messa in sicurezza: il solare termico può concorrere efficacemente a questo scopo. Come Solar Heat Europe ci siamo impegnati a evitare che il termine “energia solare” venisse identificato esclusivamente col fotovoltaico, ma che fosse esplicitamente menzionato anche il solare termico. Sembra ovvio, ma non è così».
Che prospettiva di mercato possono avere il solare termico e la filiera produttiva?
«Sia nella strategia di sviluppo delle rinnovabili UE, ma anche nelle previsioni del PNIEC italiano, il solare termico dovrebbe triplicare la propria capacità attuale entro il 2030. In pratica, si dovrebbe realizzare in 5 anni il doppio di tutto quello che abbiamo installato nel corso degli ultimi vent’anni. È una formidabile sfida industriale, e per poterla affrontare occorre, innanzitutto, un quadro stabile delle facilitazioni e incentivi per il solare termico, che però, a differenza di altre tecnologie, fortemente localizzate in paesi terzi, avrebbero il vantaggio di ricadute economiche e occupazionali in Italia e in Europa. L’industria del solare termico è pronta a fare il salto di qualità e quantità necessario a realizzare questi obiettivi così ambiziosi, ma necessita di un mercato chiaro e stabile che giustifichi i massicci investimenti necessari in capacità produttiva, catene di distribuzione, capacità tecnica di installazione ed esercizio degli impianti.
Un secondo aspetto altrettanto importante, riguarda il contesto normativo, che vada nella giusta direzione di indirizzare gli investimenti degli utenti finali verso le rinnovabili termiche e il solare in particolare. Un esempio valido, è il Solar Mandate, previsto dalla direttiva europea per gli edifici (EPBD) che una volta tradotto in legge nazionale dei paesi membri, impone che i tetti di tutte le superfici costruite, inclusi i parcheggi, vengano utilizzati per l’energia solare. Abbiamo lavorato come Solar Heat Europe perché venisse esplicitamente menzionato sia il solare fotovoltaico che quello termico, e siamo certi che questo rappresenti una grande opportunità sia per le industrie del settore che per gli utilizzatori finali, che potranno beneficiare della produzione elettrica e di calore, anche in combinazione, come per esempio proposto dalla tecnologia ibrida del PVT.
Altri temi legati agli obblighi progressivi di decarbonizzazione riguardano l’industria. Nell’ambito della direttiva RED III, all’articolo 23 stabilisce che gli Stati membri devono aumentare la quota di energia rinnovabile nel settore del riscaldamento e del raffreddamento di almeno 1,1 punti percentuali come media annua per il periodo fino al 2030.
Noi di Solar Heat Europe abbiamo lottato a lungo affinché questi non rimanessero target indicativi, che spesso restano inattuati. In ogni caso, è un processo avviato e che deve proseguire. Contare su target vincolanti può stimolare un nuovo mercato, capace di attrarre l’interesse di grandi imprese. Ripeto però: gli investimenti si fanno se sono generano valore e ritorni.
Prendiamo l’esempio dell’impianto di Racconigi: Engie, che ha sviluppato il progetto di teleriscaldamento solare, lo ha fatto sulla base di un business plan dettagliato, che ha dimostrato come l’investimento sul solare termico fosse profittevole. Come è stato possibile essere più competitivi rispetto al gas e a produrre anche reddito? Tra l’altro anche grazie all’incentivo del Conto Termico, che vale circa il 45% dei costi dell’impianto. Anche senza l’incentivo, il costo del calore sarebbe stato pari a quello del gas, ma questo non offre motivi di investimento di per sé, poiché non consente di creare quei margini di profitto necessari. È un esempio molto concreto che mette in rilievo l’importanza del contesto normativo e di una direzione chiara delle risorse dedicate alla transizione energetica. E poi servirebbe anche altro…»
Cosa, in particolare?
«Servirebbe integrare le tecnologie. Penso alla combinazione tra pompa di calore e solare termico, oppure col fotovoltaico. Combinando queste soluzioni è possibile operare una sinergia virtuosa, da stimolare e rendere così una opportunità concreta. Sarebbe auspicabile che tra i vari settori e soluzioni si creassero le condizioni per una proficua collaborazione. Noi vogliamo integrare il solare termico con le altre tecnologie, per proporre delle soluzioni adatte al consumatore finale, ma dobbiamo incontrarci e lavorare insieme con gli altri fornitori di soluzioni green. Ci stiamo provando, è un processo molto lento, c’è una grande inerzia nel sistema.
Pensiamo all’industria: impiega il calore in molti modi e per numerose applicazioni. Il vapore è il vettore energetico per eccellenza di pressoché tutti i sistemi energetici industriali. Produrre vapore con rinnovabili termiche o elettriche è ancora una sfida difficile, che richiede una integrazione tecnologica a monte fra le varie soluzioni. Occorre creare le condizioni per rendere competitive le FER con i combustibili fossili, che possono contare su fattori di scala notevoli, reti di distribuzione consolidate e ammortizzate, infrastrutture che sono spesso state pagate dai cittadini nei decenni. Come pensate altrimenti che si possa disporre di gas e combustibili e prodotti petroliferi che vengono dai quattro capi del mondo al costo si e no di 50 centesimi al litro, o 20 cent al metro cubo, praticamente ovunque senza limitazioni? Per poter competere con un sistema così efficiente, ma anche inquinante, sono necessari potenti strumenti finanziari e di policy».
Quale futuro si prospetta per il solare termico? Quali le sfide e le opportunità che si delineano anche dal contesto normativo, politico, industriale?
«Il futuro può sicuramente essere di crescita e sviluppo, sempre che venga dato seguito concreto ai piani a lungo termine che l’Unione Europea e i paesi membri hanno impostato. La sfida più importante riguarda tutti noi, si tratta di abbracciare i cambiamenti della transizione energetica, l’esecuzione dei piani di decarbonizzazione, abbandonando le esitazioni e gli stop and go che hanno caratterizzato gli ultimi decenni. Mi riferisco, in particolare, al supporto da dare all’industria europea nell’adozione di tecnologie pulite per i consumi termici, senza dilazioni e compromessi sugli impegni presi in sede regolatoria. Tutto ciò si deve tradurre concretamente in uno spostamento significativo di risorse e investimenti dai combustibili fossili alle rinnovabili termiche, con l’obiettivo di scalare verso l’alto la nostra capacità produttiva, installativa e operativa su tutti gli impianti. Non bisogna più distogliere risorse dalle tecnologie certe e disponibili, come il solare termico, a vantaggio di soluzioni e fonti energetiche, la cui fattibilità tecnico-economica è ancora tutta da dimostrare e che vedranno la luce in un futuro imprecisato, ma piuttosto investire su nuova capacità produttiva e sistemi collaudati».
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