“Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita dei salari come strumento per aumentare la competitività esterna, aggravando la debolezza del ciclo reddito-consumo. Tutti i governi disponevano di uno spazio fiscale per contrastare la debolezza della domanda interna, ma almeno fino alla pandemia hanno scelto deliberatamente di non utilizzare questo spazio. Complessivamente, la politica ha rivelato una preferenza per una particolare costellazione economica, basata sull’utilizzo della domanda estera e sull’esportazione di capitali con livelli salariali bassi. Una costellazione che non sembra più sostenibile“. A dirlo è l’ex premier ed ex governatore della Bce Mario Draghi, intervenendo a Parigi al Simposio annuale del Centre for economic policy research (Cepr). “Se l’Ue emettesse debito congiuntamente”, ha poi spiegato, “potrebbe creare uno spazio fiscale aggiuntivo da utilizzare per limitare i periodi di crescita inferiore al potenziale. Ma non possiamo iniziare a percorrere questa strada se non sono già in atto i cambiamenti nella struttura dei mercati che potrebbero aumentare i tassi di crescita potenziale nel medio termine”, ha avvertito.
Draghi ha poi lanciato un appello all’Unione europa affinchè “lotti per conservare i propri valori” e non si adagi su una fase apparentemente confortevole di “declino”, ma vari invece quelle riforme, in primis “del mercato unico europeo e dei capitali” che possano sbloccare, assieme al periodo di aggiustamento del patto di stabilità, gli investimenti su transizione, difesa e digitale. Solo successivamente si potrà andare avanti con il debito comune. “Tutti desideriamo la società che l’Europa ci ha promesso, una società in cui possiamo mantenere i nostri valori indipendentemente da come cambia il mondo intorno a noi. Ma non abbiamo alcun diritto immutabile affinché la nostra società rimanga sempre come vorremmo. Dovremo lottare per conservarla. Se l’Ue continua con il suo tasso medio di crescita della produttività del lavoro dal 2015, date le nostre società in invecchiamento, l’economia tra 25 anni sarà delle stesse dimensioni di oggi. Ciò significa un futuro di entrate fiscali stagnanti e surplus fiscali per mantenere i rapporti debito/Pil sotto controllo”.
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