Le emissioni di CO2 dai trasporti sono le uniche ad essere sostanzialmente aumentate in Europa nel periodo 1990-2022 (+26%). Il contributo del trasporto su strada è oggi pari al 70% delle emissioni da trasporto, e all’interno di quest’ultimo il peso delle automobili è pari al 60% (dettagli e infografiche disponibili qua). In Italia un quarto delle emissioni è dovuto ai trasporti, e le automobili italiane emettono circa 60 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, una cifra pari alle emissioni dell’intera Romania.
Vi è un accordo pressoché unanime da parte di chi studia le strategie di mitigazione (IPCC, IEA, EEA, tanto per citare alcuni tra i soggetti internazionali più autorevoli) circa il ruolo centrale dell’elettrificazione della mobilità, in parallelo alla decarbonizzazione della produzione di energia elettrica. Nel Sommario per i decisori politici del sesto Rapporto sul clima – WG3 (punto c.8), l’IPCC attribuisce una elevata confidenza al fatto che “I veicoli elettrici alimentati da elettricità a basse emissioni offrono il più grande potenziale di decarbonizzazione del trasporto terrestre, considerando l’intero ciclo di vita”.
Il passaggio alle auto elettriche è quindi un tassello fondamentale del percorso verso la decarbonizzazione dell’intero sistema energetico prevista dalla Legge europea sul clima, che ha definito a livello legislativo l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 introdotto dallo European Green Deal. Il divieto di vendita di nuove auto endotermiche dal 2035, e la simultanea decarbonizzazione del settore elettrico, sono quindi inevitabili conseguenze degli obiettivi climatici europei, sottoscritti e comunicati in ambito UNFCCC con l’ultimo NDC europeo.
È quindi dal 2017 che è stata definita la road-map per la riduzione delle emissioni dei trasporti, che ha fissato una progressiva riduzione delle emissioni medie del parco circolante delle diverse case automobilistiche, e in cui l’obiettivo fissato al 2035 è solo il punto di arrivo. Un obiettivo che per essere raggiunto richiede la pianificazione di politiche industriali e sociali in grado di ottimizzare la sostituzione efficace degli attuali veicoli endotermici circolanti con quelli elettrici.
Diverse sono tuttavia le posizioni inattiviste contrarie a questa strategia, ampiamente diffuse dai mezzi informazione e dai social (si veda ad esempio qua e qua).
L’auto elettrica si affianca alla mobilità sostenibile
La prima opposizione, partendo dalla sacrosanta necessità di un ridimensionamento della mobilità automobilistica privata, arriva a sostenere che sia inutile, o addirittura dannosa, la promozione della diffusione dei veicoli elettrici. È senz’altro vero che è necessario potenziare la mobilità pubblica e ridurre quella privata, nonché promuovere tutte le forme di mobilità attiva e leggera alternative all’auto, come già espresso in post precedenti (qua e qua), e che il sostegno alla mobilità sostenibile dovrebbe essere lo sforzo prioritario di tutte le politiche sulla mobilità. Tuttavia, è velleitario pensare che si possa mai arrivare alla totale sparizione delle automobili, o anche solo ad una diminuzione davvero sostanziale dei parchi circolanti mondiali che renda quindi poco importante la sostituzione dei motori endotermici. Persino nella virtuosa Olanda, dove milioni di cittadini usano la bicicletta per spostarsi ogni giorno, il parco automobilistico non è affatto scomparso e sta velocemente migrando verso l’elettrico.
A causa di diversi decenni di politiche urbanistiche che hanno reso molti territori poco adatti a sistemi di traporto pubblico efficienti, l’automobile, che sia privata o condivisa, è realisticamente destinata a rimanere un elemento importante della mobilità. Certo in molte aree metropolitane il suo uso può e deve essere notevolmente limitato; ma è indubbio che ci sono molti territori nei quali l’utilizzo dei piedi, della bicicletta o dei mezzi pubblici non è di fatto praticabile da quote rilevanti della popolazione per gli spostamenti. In ogni caso, anche nell’auspicata ipotesi di una riduzione del parco circolante, quello residuale dovrebbe essere elettrificato, se si vuole davvero puntare a obiettivi ambiziosi di decarbonizzazione.
L’auto elettrica conviene anche se si considera il ciclo di vita
Un secondo tipo di argomenti punta a mettere sullo stesso piano l’auto endotermica e l’auto elettrica, sostenendo che ci sarebbero elevate emissioni climalteranti indirette associate alla produzione e al successivo smaltimento delle batterie, in grado di annullare i vantaggi dell’auto elettrica. In realtà, i dati disponibili smentiscono questa tesi. Un dato incontrovertibile è il grande aumento dell’efficienza energetica che si ha nel passaggio dal motore endotermico a quello elettrico: l’efficienza media di un motore endotermico di un’autovettura a benzina è pari al 12-30%, mentre per un motore elettrico con frenata rigenerativa si arriva al 77-94%. Anche se la costruzione delle batterie richiede energia e materiali, gli studi condotti con la tecnica dell’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA), come ad esempio questo e questo, mostrano un chiarissimo vantaggio per l’auto elettrica, che riduce le emissioni di CO2eq rispetto all’auto a benzina o diesel, in quasi tutti i sistemi elettrici europei, anche in quelli con energia elettrica prodotta da quote rilevanti di fossili. La progressiva penetrazione di energia rinnovabile prevista nei prossimi anni non potrà che migliorare il quadro complessivo.
Emissioni nel ciclo di vita dell’auto elettrica (BEV) nei vari Stati europei, a confronto con l’auto a benzina (ICEV-G) e diesel (ICEV-D). Fonte: Ricardo per la Commissione Europea, 2020.
È singolare come le preoccupazioni sull’impatto ambientale delle auto elettriche ben raramente vengano sollevate quando si parla della filiera del petrolio e dei combustibili fossili in generale. Filiera responsabile non solo del riscaldamento globale di origine antropica, ma anche dell’inquinamento atmosferico locale e di numerose altre forme di impatto ambientale quali le devastazioni condotte nei principali contesti estrattivi (si veda il Delta del Niger, in primis) e quelle conseguenti agli incidenti nell’estrazione e il trasporto del petrolio (naufragi di petroliere, disastro Deepwater Horizon).
È possibile riutilizzare e riciclare le batterie
Un terzo argomento riguarda la presunta impossibilità di gestire le batterie al litio a fine vita. Anche questo argomento non ha fondamento. Le batterie delle auto elettriche, con capacità inferiori al 70-80%, dunque non più in grado di garantire un’autonomia sufficiente a soddisfare le esigenze di guida, ma con moduli e celle ancora in buono stato, consentono l’attivazione di una filiera per una seconda vita delle batterie come accumulatori di rete o domestici. Oltre a ciò, il riciclo dei materiali contenuti nelle batterie non più riutilizzabili rappresenta una grande potenzialità di economia circolare e, nello specifico per la UE, una grande opportunità per svincolarsi dalla dipendenza della fornitura esterna di questi materiali, tramite il cosiddetto “mining” interno. Sarebbe quindi opportuno investire le energie, piuttosto che nel denigrare l’auto elettrica, nel sostenere proposte di politiche industriali finalizzate alla concreta e urgente creazione e ottimizzazione di queste filiere, a partire ad esempio dall’imposizione di un Design for Dismantling e un Design for Recycling ad integrazione del recente Batteries regulation (EU 2023/1542), Critical Raw materials Regulation (EU 2024/1252), Circularity and End of Life Vehicle Regulation (proposal).
La gestione delle batterie usate (Fonte: Batteries on wheels: the role of battery electric cars in the EU power system and beyond (T&E, 2019)
È senz’altro possibile gestire la rete elettrica
Un quarto argomento è la presunta impossibilità di garantire un adeguato rifornimento elettrico al paese una volta che il parco auto sia sostanzialmente diventato elettrico. Si tratta di un argomento palesemente infondato, come spiegano bene i numeri coinvolti, che prevedono un incremento forse di 10 terawattora (TWh) della domanda elettrica al 2030, su una produzione attuale di 320 TWh e che non preoccupano affatto i gestori della rete elettrica italiana, che di queste cose si occupano da anni. Meno promettente di quanto spesso si racconti risulterebbe invece secondo Arera il sistema V2G, con cui le auto collegate alle prese possono fornire una riserva di energia nei momenti in cui la rete lo richieda. In generale comunque le rete elettrica nazionale gestita da Terna è in continua ristrutturazione e potenziamento, e i finanziamenti connessi giungono anche dalla Banca europea degli investimenti che ha recentemente garantito 400 M€ a questo scopo.
Chi ha paura dell’auto elettrica
Gli ulteriori argomenti dei detrattori della transizione al trasporto elettrico, quali la paura degli incendi oppure il timore di restare a piedi, rientrano invece per lo più nel campo della disinformazione, sia spontanea (il passaparola della rete e dei social), sia influenzata dai grandi interessi che stanno dietro al mondo dei combustibili fossili. Un recente libro del giornalista Rai Alessandro Macina, intitolato significativamente “Chi ha paura dell’auto elettrica”, ha riassunto ed efficacemente “smontato” tutte queste argomentazioni.
Testo di Mario Grosso e Vittorio Marletto, con contributi di Stefano Caserini e Simone Casadei
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