Il Cavaliere della Repubblica che lavora all’Università del Sannio sarà martedì l’unico italiano ospite di ReachSci. Parlerà di Saunderson e Metcalf, «esempi anche per l’Italia»
Dopodomani, martedì 10 dicembre, il Cavaliere della Repubblica Michele Mele essendo stato insignito di questa onorificenza dal presidente Mattarella lo scorso marzo, sarà l’unico italiano ospite della prestigiosa università di Cambridge in occasione del consesso internazionale ReachSci. A lui spetterà spiegare perché è importante includere tutti, compresi i cosiddetti “gruppi di minoranza”, nella ricerca scientifica. Nato a Salerno 33 anni fa, Mele è un matematico specializzato in algoritmi e didattica. Lavora all’Università del Sannio e dalla nascita è affetto da eredo degenerazione retinico-maculare, una malattia che lo rende cieco, ma non per questo limitato. Il contrario: Michele è una delle menti più brillanti del mondo accademico italiano. E, se lo è, lo deve al fatto, come va ripetendo, che è il contesto, non un pugno di cellule in meno, a determinare la disabilità.
Michele è convinto che questa regola, nel Settecento, è valsa anche per Nicholas Saunderson, il primo scienziato non vedente che riuscì ad insegnare proprio a Cambridge dalla cattedra che era stata di Isaac Newton e che sarà poi, in tempi a noi contemporanei, di Stephen Hawking. L’intervento che farà dopodomani sarà incentrato proprio su di lui: «Il fatto che abbiano chiamato me per parlare di Saunderson a casa sua mi riempie d’orgoglio – racconta il ricercatore salernitano – Del resto, la sua vita è davvero emblematica per far capire l’importanza di includere anche i disabili nella ricerca scientifica. Può essere un gioco di parole, ma non lo è: noi non vedenti vediamo il mondo da un altro punto di vista. Quindi abbiamo l’opportunità di far avanzare la ricerca scientifica in maniera più veloce e proficua».
Quella di Nicholas Saunderson, il matematico illuminista che gettò le basi scientifiche per capire le leggi del cosmo, non è l’unica figura di scienziato disabile che Michele ha a cuore. Il suo secondo libro, “Il richiamo della strada”, premiato lo scorso luglio nel corso di “Costa d’Amalfi libri”, racconta, infatti, la storia di John Metcalf, un pioniere dell’ingegneria stradale pur essendo anche lui cieco: «In Inghilterra ci sono ancora chilometri di strade dovute al suo lavoro e, in particolare, c’è ancora un ponte che gli fu commissionato nel 1751 nel piccolo borgo di Boroughbridge, a metà strada tra Londra e Edimburgo, che è un esempio di ingegneria delle costruzioni. Ma non solo: è anche un esempio altissimo di inclusione – rimarca Michele – All’epoca, quando decisero di costruirlo dopo una piena del fiume che aveva fatto danni ingenti, davanti alle altre proposte, ebbero l’intelligenza di valutare il talento di Metcalf anziché la sua disabilità. E questo ha fatto la differenza, tanto che è rimasto, quasi tre secoli dopo, un uomo simbolo dello Yorkshire del nord: il suo ponte compare addirittura nel logo della locale squadra di calcio e a lui hanno dedicato una birra e ogni tipo di merchandising».
Saunderson e Metcalf rappresentano una lezione soprattutto per l’Italia, sostiene Michele: «Da noi c’è ancora tanto da fare per giungere a una vera inclusività. Ma sono contento che il mio esempio possa essere d’aiuto a chi si trova nella mia stessa condizione. Tempo fa, mi ha scritto una ragazza lamentandosi del fatto che, dopo il liceo, tutti l’hanno spinta ad accettare un lavoro presso un call-center, sebbene non fosse il suo volere. Tutti consideravano quella l’unica strada che poteva percorrere se voleva giungere a un po’ di indipendenza. Ma non è così: ora, anche lei si è rimessa a studiare. Ed è diventata disabile solo agli occhi degli altri». A Cambridge, Michele salirà in cattedra forte anche del suo esempio.
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