Un trattamento innovativo che apre nuove prospettive di cura per la gestione dei pazienti affetti da tumori cutanei. È il risultato della ricerca, coordinata dal prof. Francesco Borgia, del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Messina, che ha messo in luce il potenziale rivoluzionario della Tirbanibulina 1% in unguento.
Si tratta di un farmaco correntemente utilizzato per il trattamento delle cheratosi attiniche, cioè quella condizione precancerosa della pelle che coinvolge circa il 30% della popolazione oltre i 50 anni di età. I Ricercatori hanno dimostrato, per la prima volta, la concomitante capacità di schiarire le lentigo solari, patologia anch’essa intimamente legata all’invecchiamento cutaneo e all’esposizione cronica ai raggi UV, riscontrata frequentemente in associazione alle cheratosi attiniche.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale “Dermatology and Therapy” e ha coinvolto 42 pazienti trattati con tirbanibulina per soli 5 giorni. I risultati sono incoraggianti: il 35% dei pazienti ha ottenuto una completa eliminazione delle lentigo solari, mentre il 50% ha riportato un miglioramento parziale. Contemporaneamente, il 52% delle cheratosi attiniche trattate è completamente guarito, con un ulteriore 40% di miglioramento parziale.
“I risultati – sottolinea il Prof. Borgia – dimostrano la duplice efficacia del trattamento, in grado di coniugare benefici terapeutici ed estetici. Rispetto alle terapie tradizionali per le lentigo solari, come trattamenti laser o depigmentanti topici, la Tirbanibulina si distingue per la sua semplicità, accessibilità e rapidità, con un regime di applicazione di soli 5 giorni che garantisce risultati eccellenti senza la necessità di costose tecnologie avanzate. Questo studio sottolinea come la Tirbanibulina rappresenti una soluzione efficace e versatile, particolarmente adatta a migliorare la qualità della vita dei pazienti affetti da tumori cutanei grazie alla sua capacità di trattare simultaneamente problematiche mediche ed estetiche”.
È una scoperta che potrà significativamente migliorare la gestione delle lesioni causate dal fotodanneggiamento, offrendo un’opzione terapeutica che combina efficacia, sicurezza e accessibilità per un ampio numero di pazienti. Di seguito il link in cui è visualizzabile la pubblicazione: https://link.springer.com/article/10.1007/s13555-024-01310-0
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